L’Elezione
Sermone su Efesini 1:3-4
Giovanni Calvino (1509-1564)
Benedetto sia Dio, il Padre del Signore nostro Gesù Cristo, il quale ci ha benedetti d'ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo. In lui ci ha Dio eletti prima della fondazione del mondo, affinchè fossimo santi, ed irreprensibili davanti a lui nell’amore (Efesini 1:3-4).
Abbiamo già visto come S. Paolo ci esorti a lodare e benedire Dio perché egli ha benedetto noi, e non in modo terreno, ma in modo spirituale, così che dovremmo essere appagati che Dio mostri la Sua benevolenza paterna e l’amore verso di noi nell’aprirci il cancello del regno del cielo con la speranza. Sebbene siamo soggetti a molta miseria in questo mondo, tuttavia vi è una buona ragione per noi per essere appagati che Dio ci abbia scelto in quella maniera e con la sua chiamata a sé, perché ci è testimoniato dal vangelo che egli è nostro Padre (Matteo 6:9; Luca 11:2) nella misura in cui egli ci ha uniti a nostro Signore Gesù Cristo come membri al loro Capo.
E ora S. Paolo ci conduce all'origine e sorgente, o piuttosto alla causa principale che ha mosso Dio a portarci nel Suo favore. Perché non è abbastanza che Dio ci abbia rivelato i tesori della Sua benevolenza e misericordia per attrarci alla speranza della vita celeste mediante il vangelo, e questo è già molto. Infatti, se S. Paolo non avesse aggiunto ciò che vediamo ora, si sarebbe potuto supporre che la grazia di Dio sia comune a tutti gli uomini e che egli la offra e la presenti a tutti senza eccezione, e, conseguentemente, che in ognuno ci sia la capacità di accoglierla secondo il proprio libero arbitrio, e in tal modo esisterebbe in noi un qualche merito. Perché se non vi fosse alcuna distinzione tra gli uomini eccetto che alcuni accolgono la grazia di Dio e altri la rifiutano, che cosa si potrebbe dire se non che Dio Si è mostrato liberale a tutta l’umanità? Ma coloro che sono partecipi della grazia di nostro Signore Gesù Cristo vi giungono per fede. E in tal modo voi vedete che giudizio se ne possa dare. Ma S. Paolo, per escludere ogni merito da parte dell’uomo e per mostrare che tutto proviene dalla pura bontà e grazia di Dio, dice che egli ci ha benedetti secondo la Sua elezione fatta in precedenza. Come se dicesse che, per esaltare la grazia di Dio come si conviene a noi, dobbiamo osservare la diversità che si trova negli uomini. Perché il vangelo è predicato ad alcuni, e altri non sanno cosa sia, ma ne sono completamente esclusi, come se Dio facesse piovere in un quartiere permettendo che un altro quartiere rimanga arido.
Ora, se si chiedesse perché Dio ha pietà di una parte e trascura, tralascia, e abbandona l’altra, non vi è risposta se non che così Gli piace. In seguito alla predicazione del vangelo in un luogo, alcuni ne saranno toccati con una fede viva nel loro cuore, e altri se ne andranno come erano venuti senza beneficiarne in alcun modo, oppure induriranno sé stessi contro Dio tradendo così la caparbietà che fino ad allora era stata nascosta in loro. Qual è la ragione di questo? Proprio questo, che Dio istruisce una sorta di persone mediante il Suo Spirito Santo e lascia gli altri nella loro corruzione naturale.
Vedete dunque che ciò in cui maggiormente splende la bontà di Dio per noi, è che con la predicazione del vangelo noi abbiamo, per così dire, un segno che egli ha avuto pietà di noi, ci ama, ci chiama e ci attrae a sé. Ma quando la dottrina predicataci viene ricevuta da noi con cuore e sentimento, quello è un ulteriore e più speciale segno con il quale noi percepiamo che Dio intende essere nostro Padre e ci ha adottati per essere Suoi figli. Non senza ragione, dunque, S. Paolo dice in questo passo che noi siamo benedetti da Dio proprio secondo la Sua elezione di noi fatta in precedenza. Perché non è che noi siamo andati da Lui; non è che noi L’abbiamo cercato. Ma le parole del profeta Isaia (65:1) devono essere adempiute sotto ogni aspetto, ovvero, che Dio Si mostra a coloro che non L’hanno cercato, e quanti erano lontani Lo vedono da vicino, ed Egli dice loro, "Eccomi, eccomi. Sebbene mi abbiate disprezzato, tuttavia io concedo di venire da voi perché ho cura della vostra salvezza." Così vediamo a cosa mirava S. Paolo in questo passo.
In breve, dobbiamo notare qui che noi non sapremo mai da dove proviene la nostra salvezza finché non innalziamo la nostra mente all’eterno consiglio di Dio con il quale Egli ha scelto chi ha voluto e ha lasciato il rimanente nella loro confusione e rovina. Ora, dunque, non sorprende che alcuni uomini pensino che questa dottrina sia strana e difficile, perché non si concilia affatto con la comprensione naturale dell’uomo. Se qualcuno chiedesse ai filosofi, essi diranno sempre che Dio ama coloro che ne sono degni, e che, poiché egli Si compiace della virtù, Egli separa coloro che sono consegnati in quel modo per rivendicarli come Suo popolo. Vedete dunque, che secondo la nostra immaginazione, noi concluderemo che Dio non pone alcun’altra differenza tra gli uomini, nell’amare alcuni e odiarne altri, se non il valore e il merito propri di ogni uomo. Ma, allo stesso tempo, ricordiamoci anche che nella nostra comprensione non vi è che vanità e che non dobbiamo misurare Dio con il nostro metro, e che è una presunzione troppo eccessiva imporre una legge a Dio tale che non Gli sarebbe lecito fare nulla se non ciò che noi concepiamo e che sembra giusto ai nostri occhi. La questione qui, dunque, riguarda la riverenza dei segreti di Dio che sono incomprensibili per noi, e finché non ci comportiamo così, noi non assaporeremo mai i principi della fede. Infatti, sappiamo che la nostra conoscenza dovrebbe sempre iniziare con l’umiltà, e questa umiltà comporta che noi non dobbiamo arrivare a soppesare i giudizi di Dio sulle nostre bilance o prenderli su di noi per esserne giudici ed arbitri. Dobbiamo essere sobri a motivo della limitatezza della nostra mente, e poiché siamo grossolani e ottusi, dobbiamo magnificare Dio e dire, come ci viene insegnato nella Sacra Scrittura (Salmo 36:6), Signore, la tua giustizia è simile a monti altissimi; I tuoi giudizi sono un grande abisso, e nessun uomo è capace di renderne conto.
Vedete dunque che la ragione per cui alcuni uomini trovano questa dottrina difficile e irritante è perché essi sono troppo legati alle proprie opinioni e non possono sottomettersi alla sapienza di Dio, per ricevere le Sue parole sobriamente e modestamente. E davvero dovremmo accogliere l’avvertimento di S. Paolo, che l’uomo naturale non comprende i segreti di Dio, ma li considera come completa follia (I Corinzi 2:14). E perché? Perché noi non siamo i Suoi consiglieri, ma le cose ci devono essere rivelate dal Suo Spirito Santo, altrimenti non le conosceremo mai, e dobbiamo riceverle nella misura in cui Egli ce le dà.
S. Paolo parla qui delle cose che noi conosciamo per esperienza, ossia, che noi siamo i figli di Dio, che Egli ci governa con il Suo Spirito Santo, che Egli ci conforta nelle nostre miserie e ci rafforza mediante la pazienza. Non dovremmo immaginare alcuna di queste cose finché non siamo illuminati dal Suo Spirito Santo. In che modo dunque comprenderemo ciò che è molto più elevato, ovvero, che Dio ci ha eletti prima della creazione del mondo? Poiché l’argomento è posto così, impariamo a mettere da parte tutto ciò che concepiamo nella nostra mente e a metterlo sotto i piedi, e siamo pronti ad accogliere tutto ciò che Dio ci comunica, gettando via il nostro giudizio con la certezza che non possiamo portare nulla da parte nostra se non completa stupidità. Vedete quindi che cosa dobbiamo tenere a mente.
E, infatti, vediamo come S. Paolo ci esorti allo stesso scopo. "Piuttosto, o uomo, chi sei tu, che replichi a Dio?" (Romani 9:20) Dopo aver esposto molte obiezioni che siamo abituati a fare, egli dice, "O uomo." Con la parola "uomo" egli intendeva farci percepire la nostra fragilità, perché non siamo che vermi della terra e marciume (Salmo 103:14). Ora, dunque, quale audacia è aprire la nostra bocca per replicare a Dio? Non è forse una perversione dell’intero ordine di natura? È forse in nostro potere di rapire il sole dal cielo, o di portare la luna tra i nostri denti, come si dice? Tanto meno ci è lecito contendere con Dio e avanzare ragioni per controllare i suoi giudizi che non possiamo comprendere.
Vi sono quelli che ammettono che questa dottrina della predestinazione, che S. Paolo tratta qui, sia vera, perché non osano contraddire lo Spirito Santo, e tuttavia vorrebbero che essa fosse sepolta così che non se ne parli mai. Ma essi semplicemente si dimostrano null’altro che degli sciocchi nel controllare lo Spirito Santo che ne ha parlato per mezzo dei profeti e degli apostoli, e anche per bocca dell’unigenito Figlio di Dio. Perché quando nostro Signore intende rassicurarci della nostra salvezza, Egli ci riconduce a questa eterna elezione; e similmente quando intende magnificare il dono della fede, una volta nel decimo capitolo di Giovanni e un’altra nel sesto. E quindi quel genere di persone arrivano in ritardo a mettere a tacere Dio e a cancellare dalla sacra Scrittura le cose che sono qui mostrate. Perché l’intera Scrittura è utile (II Timoteo 3:16). S. Paolo ha detto questo della Legge e dei Profeti. Quindi, anche noi possiamo concludere che non vi sia nulla di superfluo nel vangelo, nè nulla che non serva uno scopo e dal quale noi non possiamo essere edificati sia nella fede che nel timore di Dio.
Ma questa dottrina è contenuta qui, e lo Spirito Santo ne parla forte e chiaro. Devono essere Manichei quelli che vogliono mutilarla ed eliminarla dal vangelo. Perché quello che a loro non piaceva, essi lo mettevano da parte e forgiavano un vangelo con pezzi diversi, non ammettendo altro che ciò che essi ritenevano buono. Ora, se tali eretici hanno dimostrato una caparbietà diabolica contro Dio nel separare le cose che dovrebbero essere tenute insieme in un vincolo indissolubile, allora sono altrettanto disonesti e perversi quanti oggi vorrebbero che la dottrina dell’elezione fosse ridotta al silenzio. Perché vorrebbero fermare la bocca di Dio, se fosse possibile, e sigillarla ogni volta che pronuncia una qualunque cosa che loro non approvano.
Ancora, chiunque può chiaramente vedere la loro stupidità, in quanto S. Paolo non aveva una prova migliore con la quale magnificare la bontà di Dio. Così, dunque, se non vi fosse altra ragione, sarebbe meglio che l’intero mondo cadesse nella confusione piuttosto che questa dottrina fosse ridotta al silenzio. Perché sarebbe forse ragionevole che Dio mostrasse l’infinito tesoro delle Sue grazie davanti ai nostri occhi perché non se ne parlasse, ma fosse gettato sotto i piedi?
Ma vi sono ancora altre due ragioni che mostrano che questa dottrina deve essere necessariamente predicata, e che noi ne ricaviamo un profitto così grande che sarebbe molto meglio per noi non essere mai nati piuttosto che essere ignoranti di quanto S. Paolo mostra qui. Perché vi sono principalmente due cose a cui dobbiamo mirare e alle quali si conviene che applichiamo tutti i nostri studi e i nostri sforzi, ed esse sono la sintesi stessa di tutto ciò che Dio ci insegna con la sacra Scrittura. Una è di glorificare Dio come Egli merita, e l’altra è la sicurezza della nostra salvezza, così che possiamo chiamarlo nostro Padre in piena libertà (Romani 8:15). Se non abbiamo queste due cose, guai a noi, perché non vi è nè fede nè religione in noi. Potremo anche parlare bene di Dio, ma non sarebbe che falsità.
Riguardo al primo punto, vi ho già detto che la grazia di Dio non è sufficientemente conosciuta se non ponendo l’elezione di Dio, come dire, innanzi ai nostri occhi. Perché supponete che Dio attragga tutti gli uomini allo stesso modo, e che quanti desiderano ottenere la salvezza debbano giungervi con il proprio libero arbitrio e di propria iniziativa. Se fosse così, allora sarebbe certo che noi meriteremmo di essere ricevuti dalla mano di Dio, e che Egli dovrebbe trattare ognuno secondo i suoi meriti. Ma in che modo invece è magnificata la bontà di Dio? Semplicemente in questo modo, che Egli viene innanzi a noi per la Sua pura bontà e ci ama nonostante tutto, senza trovare nè nella nostra persona nè nelle nostre opere alcuna ragione per cui dovrebbe amarci. Se questo è vero, allora deve esserci l’elezione: Dio prende una parte perché Egli reputa bene così, e lascia l’altra. In questo modo voi vedete che questo è un punto sicuro che la gloria di Dio non appare e non splende come dovuto, a meno che non sia reso noto che Egli manifesta la Sua bontà e il Suo amore dove più Gli piace.
Ho detto poc’anzi che la predicazione della Sua Parola è un singolare beneficio per noi. E questa è la ragione per cui nella Legge e nei Profeti si dice così spesso che Dio non ha fatto con alcun’altra nazione come ha fatto con la linea di Abrahamo, avendo accordato di sceglierli e adottarli, cosa di cui la Legge dà sicura testimonianza. Così dunque i figli d’Israele furono esortati a lodare Dio, perché Egli concesse di dare loro la Sua legge (Deuteronomio 4:7), e, nel frattempo, lasciò i poveri Gentili soli come un popolo che non Gli apparteneva nella medesima maniera. Ma è un privilegio ancora maggiore quando Egli ci fa trarre profitto da quella Parola. Perché è certo che le nostre orecchie potrebbero essere aggredite quotidianamente con le cose che ci dovrebbero essere dette, e noi non ne saremmo mai arricchiti se Dio non ci parlasse mediante il Suo Spirito Santo in noi.
In questa materia, dunque, Dio dimostra una doppia grazia. Una è quando Egli suscita gli uomini a predicarci il vangelo, perché nessun uomo è adatto e capace di farlo da solo. È quindi necessario che Dio mandi coloro che ci chiamano a Lui e ci offrono la speranza di salvezza. Ma tuttavia, per tutto questo, notiamo bene che non possiamo credere a meno che Dio non Si riveli a noi per mezzo del Suo Spirito Santo e parli al nostro cuore per mezzo dello Spirito Santo, oltre a parlare alle nostre orecchie per bocca dell’uomo. E questa è la ragione per cui il profeta Isaia dice, "Chi ha creduto alla nostra predicazione? ed a chi è stato rivelato il braccio del Signore?" (Isaia 53:1). Egli mostra che non vi è fede nel mondo finché Dio non ha operato nella mente e nel cuore degli uomini con la potenza del Suo Spirito Santo. E pure per la stessa ragione nostro Signore Gesù Cristo dice che nessun uomo viene a Lui se non chi è attirato dal Padre; ma chi ha imparato da mio Padre (dice), questi viene a me (Giovanni 6:44). In una parola, vediamo chiaramente come Dio Si mostri misericordioso verso di noi quando concede di illuminarci mediante il Suo Spirito Santo affinché possiamo essere attratti alla fede del Suo vangelo.
Se questo fosse realizzato comunemente in tutti gli uomini senza distinzione, avremmo ancora motivo di magnificare Dio. Ma ora, quando vediamo che alcuni sono induriti e altri sono incostanti, che alcuni seguono le proprie vie senza ricevere alcun profitto dalla parola ascoltata, e altri sono completamente stupidi, è certo che questo rende la grazia di Dio più evidente per noi, proprio come viene detto da S. Luca che, alla predicazione di S. Paolo, quanti erano ordinati alla salvezza credettero (Atti 13:48). Veramente una moltitudine ascoltava il sermone di S. Paolo, e oltre ogni dubbio, egli da parte sua aveva una tale grazia che avrebbe mosso anche le pietre stesse. Nondimeno, nonostante questo, un gran numero continuò nella propria mancanza di fede e caparbietà; altri credettero.
Ora, S. Luca dice chiaramente che non è che alcuni furono più intelligenti degli altri, o che vi fosse maggiore inclinazione alla virtù in loro piuttosto che negli altri, ma che Dio aveva ordinato a salvezza loro in modo speciale. In una parola, quindi, vediamo che tutti i meriti dell’uomo devono cessare ed essere posti sotto i piedi, altrimenti Dio non avrà la lode che merita. Inoltre, dobbiamo comprendere che la fede non viene da noi, perché se così fosse, vi sarebbe un qualche merito nelle nostre opere. È vero che per fede noi non confessiamo null’altro che la nostra miseria, che siamo dannati e maledetti, e che non rechiamo con noi altro che il riconoscimento dei nostri peccati. Ma, anche così, la nostra fede si qualificherebbe come una cosa meritoria se l’avessimo di nostra propria iniziativa. Dobbiamo quindi concludere che è impossibile per gli uomini credere, se non gli è dato dall’alto.
E certamente S. Paolo qui dichiara qualcosa ben degno d’osservazione quando dice "Benedetto sia Dio." E per quale ragione? Proprio perché ci arricchisce così tanto in Gesù Cristo che la nostra vita è felice e benedetta. E in seguito aggiunge, "secondo la sua elezione di noi." La fede non è forse inclusa tra le ricchezze spirituali di cui fa menzione S. Paolo? Si davvero, e (per di più) è la prima di esse. Perché è per fede che riceviamo lo Spirito Santo; è per fede che diveniamo pazienti nelle nostre avversità; è per fede che diveniamo obbedienti a Dio; è per fede che siamo santificati al Suo servizio. In breve, la fede è sempre il primo di tutti i benefici spirituali che Dio ci conferisce.
Ora, ricordiamoci bene dell’ordine di S. Paolo. Egli dice che Dio ci ha dato la fede così come tutto il resto, secondo la Sua elezione di noi. Vediamo dunque che la fede dipende dall’elezione, altrimenti dobbiamo reputare S. Paolo un bugiardo. E quindi, riguardo al primo punto, vedete che coloro che non possono soffrire che si parli chiaramente e apertamente della predestinazione, sono nemici mortali della grazia di Dio e userebbero ogni loro potere per oscurarla. Perché (come ho detto prima) nasconderla significa sovvertire tutta la religione.
Il secondo punto è la sicurezza della nostra salvezza. I papisti dicono che noi dobbiamo dubitarne e che possiamo giungere a Dio solo con una speranza che egli ci accolga; ma rassicurarne noi stessi, no, quello non dovremmo farlo, perché sarebbe una presunzione troppo grande. Ma quando preghiamo Dio, dobbiamo chiamarlo Padre, almeno se siamo discepoli di nostro Signore Gesù Cristo, perché Egli ci ha insegnato a fare così.
Ora, è un’avventatezza per noi chiamarlo Padre, o siamo intimamente sicuri che Egli sia nostro Padre? Se non fosse così, allora non vi sarebbe che ipocrisia nelle nostre preghiere, e la prima parola pronunciata sarebbe una menzogna. I papisti quindi non sanno mai cosa significhi pregare Dio, visto che non possono essere sicuri della loro salvezza. Ma (come vedremo in modo speciale nel terzo capitolo) la Scrittura ci mostra che per pregare Dio rettamente, noi dobbiamo avere fede in Gesù Cristo, che ci dà la fiducia, e su quella fiducia noi sentiamo sempre maggiore coraggio. Anche se così fosse, noi non dobbiamo esitare nè dubitare, ma dobbiamo essere completamente risoluti e intimamente persuasi che Dio ci considera Suoi figli. E come può essere ciò se non accogliendo la Sua misericordia per fede, come Egli ce la offre nel suo vangelo, e anche rassicurando noi stessi che il nostro fondamento è la Sua eterna elezione? Perché se la nostra fede dovesse dipendere da noi, sicuramente essa ci sfuggirebbe presto; e potrebbe essere scossa definitivamente, se non fosse preservata dall’alto. E sebbene noi siamo mantenuti o preservati per fede, come dice S. Pietro (I Pietro 1:5), tuttavia è Dio che ci preserva. Se, dunque, la nostra fede non fosse fondata nell’eterna elezione di Dio, è certo che Satana potrebbe strapparcela ogni minuto. Anche se oggi fossimo i più saldi del mondo, tuttavia domani potremmo fallire. Ma nostro Signore Gesù ci mostra il rimedio per rafforzarci contro tutte le tentazioni quando dice: Voi non venite a me da voi stessi, ma il Padre celeste vi conduce a me; e poiché io vi ho accolto come miei protetti, non abbiate timore, perché io vi considero come l’eredità di Dio mio Padre, e colui che mi ha dato l’incarico riguardo a voi e vi ha posti nella mia mano è maggiore di tutti (Giovanni 10:28-29). Vediamo, dunque, che oltre a mostrare la gloria di Dio, la nostra salvezza è anche resa sicura dall’eterna predestinazione di Dio, che dovrebbe essere una ragione sufficiente ad indurci a considerare ciò che ne dice S. Paolo in questo passo.
È vero (come ho già accennato) che molti uomini trovano cavilli quando sentono che Dio ha eletto alcuni come Gli è parso bene e ha rigettato tutti gli altri. Infatti vediamo che è la parte minore che viene a Dio; e perché dunque ha rigettato gli altri? Veramente, sarebbe come dire che la volontà di Dio non è sufficiente come nostra regola. Dovremmo osservare, primo, che Dio non è affatto vincolato ad alcuna persona. Perché se noi abbiamo affermato anche una sola volta questo principio, che Egli ci deve anche la minima cosa nel mondo, allora noi mettiamo in dubbio la Sua legge. Ma poiché Egli da parte Sua non ha alcun obbligo nei nostri confronti, ma noi Gli dobbiamo tutto mentre Egli non deve nulla a noi, vediamo allora che cosa guadagniamo con tutte le nostre obiezioni. Perché se mirassimo a costringere Dio a trattare in modo uguale tutti gli uomini, allora Egli avrebbe meno libertà delle creature mortali. Se un uomo è ricco, può disporre come vuole dei propri beni. Se fa un regalo a qualcuno, è forse un motivo per cui debba essere denunciato alla legge, e per cui tutti debbano esigere la stessa somma da lui? Ancora, un uomo desidera promuovere qualcuno che ama. Ora, se tutti i poveri dovessero venire da lui ed esigere che faccia lo stesso anche per loro come obbligo, non sarebbe forse ridicolo? Perché, un uomo può adottare l’estraneo più distante al mondo per essere suo figlio ed erede, ed è libero di farlo. E, attenzione, Dio è liberale con tutti gli uomini, perché fa splendere il Suo sole sopra i buoni e i cattivi (Matteo 5:45). Egli riserva solo un certo numero di uomini ai quali conferisce il privilegio dell’adozione come Suoi figli. Cosa guadagneremo ancora mormorando contro di Lui? Se qualcuno dice che allora sembrerebbe avere riguardo per le persone, non è così (Colossesi 3:25). Perché Egli non elegge il ricco e passa oltre al povero; non sceglie i nobili e i gentiluomini piuttosto che gli uomini di nessun conto e di basso livello (I Corinzi 1:26). E quindi non si può dire che vi sia alcun riguardo per le persone innanzi a Dio, perché nella scelta di coloro che sono indegni Egli rispetta unicamente la Sua pura benevolenza. Nè Egli considera se uno è più degno di un altro, ma prende quelli che vuole.
Cosa potremmo desiderare di più? È dunque una buona ragione per cui noi dovremmo ritenerci soddisfatti della volontà di Dio, ed esaminare noi stessi e lasciare che Egli scelga chi vuole, perché la Sua volontà è il modello di ogni equità e giustizia. E così vedete che ogni bocca in tutto il mondo è messa a tacere (Romani 3:19). E sebbene i malvagi e i profani continuino a mormorare e a trovare difetti, e perfino bestemmino, tuttavia Dio è tanto potente da conservare la propria giustizia e infinita sapienza, e quando essi hanno colmato la misura delle loro ciance, alla fine è sicuro che essi saranno confutati. Da parte nostra vediamo cosa dice qui S. Paolo. Perché non è una dottrina oscura quando dice che Dio ci ha benedetti. Veramente, considerando che ci ha illuminati con la fede del vangelo mediante il Suo Spirito Santo e ci ha resi partecipi della grazia del nostro Signore Gesù Cristo, proprio in questo (dice) Egli ci ha mostrato di averci eletti prima della creazione del mondo. E quindi comprendiamo che per magnificare correttamente la grazia di Dio, noi dobbiamo (come ho detto prima) andare a questa sorgente e causa originale, ovvero, all’elezione.
Ora, dobbiamo procedere oltre, perché al fine di escludere meglio ogni rispetto e merito che gli uomini potrebbero pretendere, poiché siamo sempre inclini ad attribuirci qualcosa e non possiamo sopportare di essere annichiliti, egli dice, "prima della fondazione del mondo." Così, quindi, poiché con quel modo di pensare noi immaginiamo di avere ciò che non abbiamo, era essenziale che S. Paolo qui abbattesse ogni simile ridicola follia. E per quella ragione egli dice che non potevamo esaltare noi stessi quando non eravamo ancora nati. Infatti, Dio ci ha eletti prima della creazione del mondo, e cosa dunque potevamo portare a Lui? È vero che i papisti mostrano molta astuzia su questo punto, perché dicono che Dio ha eletto a salvezza coloro che non l’avevano ancora meritato, ma che tuttavia ha eletto coloro che Egli ha previsto che l’avrebbero meritato. In questo modo essi ammettono che prima dell’elezione non vi fu alcun merito, sia secondo l’ordine che il tempo, ma che Dio (al Quale tutte le cose sono dischiuse) sapeva chi l’avrebbe meritato. Così parlando, essi non negano la divina elezione. E così, per dimostrare che questi miserabili che ai giorni nostri non possono tollerare che se ne parli sono come diavoli incarnati e sostengono una malvagità più vile e oltraggiosa dei papisti, dobbiamo notare che i papisti ammettono che Dio ha eletto e predestinato coloro che riteneva buoni, anche prima della creazione del mondo. Questo essi lo sostengono, cosa che questi diavoli negano e vorrebbero annichilire la maestà di Dio stravolgendo in quel modo il Suo consiglio. I papisti (almeno quelli di loro che hanno superato in eccellenza gli altri nel loro cammino, e parlo anche di monaci e frati che sono chiamati teologi scolastici) ammettono anche di più: che questa elezione di Dio è libera e che egli non scelse alcun uomo per alcun’altra ragione che il Suo beneplacito. Ma subito dopo essi rivoltano tutto e gettano tutto nella confusione, perché dicono che quando Egli scelse chi voleva, lo fece perché se lo meritassero. E su questo essi poggiano tutti i loro meriti, a tal punto da concludere che gli uomini possono vincere il regno dei cieli con le proprie forze. Essi concedono effettivamente questo riguardo all’elezione, che è un libero dono, ma ritornano sempre alle loro sciocche supposizioni che Dio previde coloro che avrebbero compiuto il bene.
Ma come poteva prevedere ciò che non avrebbe potuto avvenire? Perché sappiamo che tutta la discendenza di Adamo è corrotta, e che non abbiamo la capacità di pensare anche un solo pensiero di buone opere, e tanto meno quindi siamo capaci di intraprendere a fare il bene. Anche se Dio dovesse aspettarci per centomila anni, se tanto potessimo rimanere nel mondo, è certo che non giungeremmo mai a Lui, nè potremmo fare altro che accrescere continuamente i misfatti a nostra condanna. In breve, più gli uomini vivono nel mondo, e più profondamente si inabissano nella loro dannazione. E quindi Dio non poteva prevedere ciò che non era in noi prima che Egli Stesso ce lo infondesse.
In che modo dunque giungiamo a Dio? In che modo Gli obbediamo? Come possiamo avere una mente quieta che si comporta secondo la fede? Tutte queste cose provengono da Lui, e così segue che Egli deve fare tutto da Sé. Per questa ragione osserviamo che nel dire che Dio ci ha eletti prima della fondazione del mondo, S. Paolo presuppone ciò che è vero, ossia che Dio non poteva vedere nulla in noi se non il male che vi era, perché non vi era una sola goccia di bontà che avrebbe potuto trovare. Così, dunque, visto che Egli ci ha eletti, consideratelo un chiarissimo segno della Sua libera grazia. E per la stessa ragione, nel nono capitolo di Romani, dove parla dei gemelli Giacobbe e Esaù quando erano ancora nel seno della loro madre prima di aver compiuto nè bene nè male, viene detto che il maggiore servirà al minore affinché tutto provenga dalla parte di chi chiama, e non dalla parte delle loro opere (Romani 9:11-12).
Vediamo dunque come S. Paolo là mostri più estesamente ciò che qui viene accennato brevemente, vale a dire, che poiché Dio ci ha scelto prima della creazione del mondo, Egli in quel modo mostra sufficientemente che un uomo non è più degno o eccellente di un altro; che egli non ebbe riguardo del merito. Quindi, visto che la distinzione tra Giacobbe ed Esaù avvenne prima che essi ebbero compiuto il bene o il male, essa non venne dalle opere, ma da colui che chiama. Tutta la lode, quindi, deve essere resa a Dio e nulla sia riservato all’uomo. E così vedete ancora una volta ciò che dobbiamo notare qui quando S. Paolo dice che siamo stati eletti prima della fondazione del mondo.
Egli conferma la cosa in modo migliore dicendo che ciò fu fatto in Gesù Cristo. Se fossimo stati eletti in noi stessi si sarebbe potuto dire che Dio trovò in noi qualche virtù segreta sconosciuta agli uomini. Ma visto che Egli ci ha eletti al di fuori di noi stessi, come dire, ci ha amati al di fuori dal noi stessi, cosa replicheremo? Se faccio del bene ad una persona, è perché l’amo. E se si ricercasse la causa del mio amore, sarebbe perché siamo simili per carattere, o per qualche altra buona ragione. Ma non dobbiamo immaginare nulla di simile a questo in Dio. E ci viene anche detto esplicitamente qui, perché S. Paolo dice che siamo stati eletti in Gesù Cristo. Dio aveva dunque riguardo per noi quando concesse di amarci? No! No! Perché allora ci avrebbe totalmente aborrito. È vero che guardando alle nostre miserie Egli ebbe pietà e compassione per consolarci, ma questo fu perché Egli ci amava già nel nostro Signore Gesù Cristo. Dio, quindi, deve aver avuto innanzi a Lui il Suo modello e specchio nel quale vedere noi, ovvero, Egli deve aver prima guardato al nostro Signore Gesù Cristo prima che potesse sceglierci e chiamarci.
E quindi, per essere brevi, dopo che S. Paolo ci ha mostrato che non potevamo esibire nulla a Dio, ma che Egli agì in precedenza per la Sua libera grazia eleggendoci prima della fondazione del mondo, egli aggiunge una prova ancora più certa, vale a dire, che Egli lo fece nel nostro Signore Gesù Cristo, il Quale è, come dire, il vero registro. Perché il fatto che Dio abbia concesso di eleggerci, vale a dire, il fatto di averlo concesso da tutta l’eternità, fu, come dire, come registrarci per iscritto. E la sacra Scrittura chiama l’elezione di Dio il libro della vita. Come ho detto prima, Gesù Cristo serve come un registro. È in Lui che noi siamo scritti e annoverati da Dio fra i Suoi figli. Visto, dunque, che Dio ebbe riguardo per noi nella persona di Gesù Cristo, ne deriva che Egli non trovò nulla in noi che avremmo potuto presentargli innanzi per indurlo ad eleggerci. Questo, in sostanza, è ciò che dobbiamo sempre ricordare.
Segue poi che è "affinché fossimo santi e irreprensibili davanti a lui nell'amore." Questa parola "amore" può essere riferita a Dio, come se dicesse che non troveremo altra ragione per cui Dio concede di considerarci come Suoi figli se non il Suo libero amore. Oppure (come sembra molto probabile) S. Paolo ci mostra qui che la vera irreprensibilità e perfezione dei credenti consiste, come dire, nel camminare in ogni rettitudine innanzi a Dio. Non possiamo esporre tutto ora, ma sarà sufficiente illustrare brevemente cosa intendeva S. Paolo. Infatti egli mostra qui che sebbene l’elezione di Dio sia libera, e abbatta e annichilisca ogni merito, opera e virtù degli uomini, nondimeno non ci fornisce la licenza di compiere il male e di condurre una vita disordinata, o di essere senza freni, ma piuttosto serve ad allontanarci dal male nel quale siamo sprofondati. Infatti, per natura, noi non possiamo fare altro che provocare l’ira di Dio; la malvagità regnerà sempre in noi; e siamo tenuti sotto le catene e la tirannia di Satana. Dio, quindi, deve operare e cambiarci, perché ogni bontà proviene dalla Sua elezione, dice S. Paolo.
Vedete, dunque, che ciò a cui egli intendeva condurre i fedeli, era di far loro sapere che proprio come Dio li ha eletti per la Sua libera grazia, così Egli non li lascia liberi di consegnarsi alla malvagità, ma intende serbarli e preservarli puri a Sé. Perché l’elezione divina di noi, e con essa la sua chiamata alla santità sono due cose inseparabilmente congiunte, proprio come S. Paolo dice in un altro passo, che noi non siamo stati chiamati all’impurità e alla corruzione, ma per essere dedicati a Dio in ogni pietà e santità (I Tessalonicesi 4:7).
Ora, poiché non possiamo esporre tutto questa volta, cerchiamo di trarre profitto da questa dottrina. E visto che noi ora stiamo per prepararci a ricevere la cena di Nostro Signore Gesù Cristo, che è un pegno per noi della nostra elezione, così come la speranza della nostra salvezza e di tutti i benefici spirituali che scaturiscono da questa sorgente e fonte del libero amore di Dio, sappiamo che in essa Egli manifesta a noi le Sue ricchezze affinché non ne abusiamo, ma con lo scopo di esserne glorificato dalle nostre mani, non solo con la nostra bocca, ma anche con la nostra vita intera. E poiché sosteniamo tutte le Sue cose, impariamo pure ad essere suoi e a dare noi stessi alla Sua obbedienza, affinché Egli possa compiacersi di noi pacificamente. E miriamo sempre a questo segno, vale a dire, a raggiungere una sicura approvazione che Egli ci considera e ci possiede come Suoi figli, portando i Suoi segni e mostrando nelle opere stesse che siamo veramente governati dal Suo Spirito Santo che ci chiama a Lui come nostro Padre. Così vedere, in effetti, cosa dobbiamo notare in questo capitolo fino al seguente.
Ora, abbassiamoci innanzi alla maestà del nostro buon Dio riconoscendo i nostri falli, pregandolo di farceli sentire in modo tale che possiamo trarre continuamente profitto nel Suo timore, e siamo in esso sempre più fortificati; e, contemporaneamente, di avere pazienza per la nostra debolezza, affinché possiamo sempre godere della Sua grazia finché non ci avrà posti in possesso di tutte le cose quando avrà messo via i nostri peccati e li avrà cancellati completamente in virtù di nostro Signore Gesù Cristo. E diciamo tutti, Dio Onnipotente, Padre che sei nei cieli.
(Traduzione italiana da: http://www.federiformata.it/biblioteca/calvinismo/calvino_elezione.html)