CAPITOLO 14
DEI SACRAMENTI
1. Esiste, a nostra disposizione, un altro ausilio a sostegno e conferma della fede, simile e collaterale alla predicazione dell'evangelo: i sacramenti; riguardo ai quali ci è sommamente utile ricevere chiari insegnamenti per conoscere quale scopo abbia presieduto alla loro istituzione e quale ne sia l'uso
Occorre, in primo luogo, sapere che cosa sia un sacramento. Semplice e rispondente mi pare essere la definizione seguente: sacramento e un segno esteriore mediante cui Dio suggella nella coscienza nostra le promesse della sua volontà di bene nei nostri riguardi, per fortificare la debolezza della nostra fede, e mediante il quale, dal canto nostro, rendiamo testimonianza, sia dinanzi a lui e agli angeli, sia davanti agli uomini, che lo consideriamo nostro Dio.
In modo più sintetico ancora si potrà definire un sacramento affermando che si tratta di una testimonianza della grazia di Dio nei nostri riguardi, confermata da segni esteriori, unita alla dichiarazione da parte nostra dell'onore che gli dobbiamo
Si scelga quale delle due definizioni suddette si preferisce, essa concorderà nel significato con quanto sant'Agostino afferma dicendo che il sacramento è il segno visibile di una realtà sacra, oppure una forma visibile della grazia invisibile. Ho cercato di dare una comprensione più chiara ricorrendo ad una formulazione più esplicita di quanto sant'Agostino aveva detto in modo più oscuro a causa della concisione.
2. Risulta facile intendere per quale motivo gli antichi Padri abbiano adoperato questo termine, in questo preciso significato. Ovunque infatti la traduzione del Nuovo Testamento ha voluto esprimere in latino il termine greco "mistero "ha adoperato il termine "sacramento "; come nell'epistola agli Efesini: "Cl. Farci conoscere il sacramento della sua volontà ", parimenti: "se avete udito di quale grazia Dio vi abbia fatto dispensatore per voi; come per rivelazione mi sia stato fatto conoscere il sacramento " (Ef. 1.9; 3.2-3). Parimenti ai Colossesi: "Il sacramento che è stato occulto da tutti i secoli ma che ora è stato manifestato ai santi, ai quali Iddio ha voluto far conoscere qual sia la ricchezza di questo sacramento " (Cl. 1.26-27). Parimenti a Timoteo: "Grande è il sacramento della pietà: che Dio è stato manifestato in carne " (1 Ti. 3.16). Il traduttore ha dunque adoperato il termine nel senso di cosa sacra, divina, segreta. In questo stesso significato è stata adoperata dagli antichi dottori della Chiesa.
È notorio che il battesimo e la Cena sono detti "misteri "in greco cosicché non v'è dubbio che i due termini: sacramento e mistero, abbiano un medesimo significato. Da qui l'abitudine di ricorrere a questo termine per indicare i segni e le cerimonie che contenevano figura di realtà spirituale. È quanto attesta anche sant'Agostino, in alcuni testi, quando afferma: "lungo sarebbe esaminare la diversità dei segni che si dicono sacramenti, quando si riferiscono alle realtà celesti".
3. Da questo risulta che il sacramento non esiste se non viene preceduto dalla Parola di Dio, anzi si aggiunge ad essa quasi appendice per significarla, attestarla, certificarla a noi in modo più pieno, come nostro Signore constata essere necessario, a causa dell'ignoranza dei nostri sensi, della lentezza e debolezza della nostra carne.
Questo non perché la Parola sia insufficientemente garantita di per se o possa ricevere conferma (poiché la verità di Dio è di per se sola così certa e sicura che non può ricevere conferma adeguata se non da se stessa ) ma è per confermare noi in essa. Poiché sì piccola e debole e rachitica è la nostra fede che può essere all'improvviso scossa, agitata e vacillante, qualora non sia puntellata da ogni lato e sostenuta in tutti i modi.
Ed essendo noi così ignoranti e radicati nelle realtà terrestri, e carnali da non essere in grado da intendere né di concepire alcunché di spirituale, il Signore misericordioso si adegua in questo alla ignoranza della nostra natura, conducendoci a se per mezzo di questi elementi terreni, e ci fa contemplare anche nella carne, come in uno specchio, i suoi doni spirituali. Non fossimo così legati ai sensi e, come dice Crisostomo, avvolti dal nostro corpo, queste realtà ci sarebbero date senza forma corporea; ma poiché abitiamo nei nostri corpi, Dio ci porge le realtà spirituali sotto forma di segni visibili; non perché le cose offerteci quali sacramenti abbiano, in virtù della propria natura, tale forza e tale qualità, ma perché sono segnate da Dio, per ricevere questo significato.
4. È quanto si afferma comunemente dicendo che il sacramento consiste nella Parola e nel segno esteriore. Cl. Termine Parola non deve intendersi un mormorio privo di senso o di intelligenza, un biascicare parole come incantesimi, quasi si compisse in tal modo la consacrazione; occorre invece intendere la parola che ci viene predicata, per illustrarci e renderci comprensibile il segno visibile.
Quanto avviene sotto la tirannia del Papa risulta essere pertanto una grave profanazione dei sacramenti. Pensano infatti che il prete faccia la consacrazione mormorando suoni senza senso mentre il popolino se ne sta a bocca aperta e pieno di meraviglia. Anzi fanno di questo un mistero affinché il popolo non intenda ciò che si dice: perciò hanno redatto in latino tutto il testo della loro consacrazione. In seguito la superstizione è stata spinta innanzi sino al punto da considerare valida la consacrazione solo se effettuata in mormorii inintelligibili, in modo che non se ne oda neppure il suono.
Ben diversamente si esprime sant'Agostino riguardo alle parole sacramentali: "La Parola "dice "sia congiunta al segno terreno e questi diventerà sacramento. Donde viene all'acqua tale potere da lavare il cuore toccando il corpo se non dalla Parola? Non in quanto è pronunciata ma in quanto viene creduta. Due cose diverse sono il suono che passa e la potenza che rimane. La parola di fede viene annunciata, dice l'apostolo (Ro 10.8). Perciò vien detto negli Atti che Dio purifica i cuori mediante la fede (At. 15.9); e san Pietro che il battesimo ci salva, non cancellando le impurità della carne, ma in quanto abbiamo coscienza di rispondere a Dio (1 Pi. 3.21). Predichiamo dunque la parola della fede, mediante la quale il battesimo è consacrato a diventar purificazione ". Queste sono parole di sant'Agostino.
Vediamo che egli richiede nei sacramenti predicazione, da cui la fede deriva. Non bisogna a questo punto ricorrere a più lunghe dimostrazioni, visto che è chiaro ciò che Gesù Cristo ha fatto, ciò che ha ordinato di fare, ciò che gli apostoli hanno eseguito e la Chiesa antica predicato. Anzi sappiamo che dalla fondazione del mondo, quando Dio ha dato ai Padri qualche segno, lo ha congiunto alla dottrina con un vincolo indissolubile, poiché senza questa lo sguardo nostro non può che lasciare stupiti i nostri sensi. Per parole sacramentali si deve intendere la promessa che deve essere predicata in modo forte e chiaro dal ministro per condurre il popolo ad intendere il significato del segno .
5. Non sono da prendersi in considerazione coloro che intervengono, con ragionamento specioso, in questi termini; ovvero sappiamo che la parola di Dio, che precede il sacramento, è autentica volontà di Dio, ovvero non lo sappiamo. A chi ne è certo il sacramento, che viene appresso, non reca nulla di nuovo. A chi non lo sa, il sacramento non sarà in grado di insegnarlo, in quanto tutta la sua efficacia e il suo significato consistono appunto nella Parola soltanto.
Rispondiamo brevemente che neppure i sigilli apposti alle lettere o ai documenti pubblici, non sono nulla in se stessi; non avrebbero alcuna utilità, e si apporrebbero inutilmente se la pergamena dovesse risultare non scritta. Nondimeno quando sigillano uno scritto non mancano di dargli conferma, validità e autenticità.
Né possono replicare che questo paragone è stato da noi inventato di recente per nostro piacere; san Paolo infatti l'ha adoperato definendo il sacramento della circoncisione col termine greco sfragis cioè "sigillo " (Ro 4.2). In questo testo egli dimostra che la circoncisione non è stata per Abramo un segno della propria giustizia, ma un sigillo del Patto avendo fiducia nel quale egli era stato giustificato. Perché mai dovrebbe urtarci il fatto che la promessa sia suggellata dal sacramento, quando risulta chiaro che nelle promesse, una è confermata dall'altro? Infatti quella che è più evidente è altresì più idonea a confermare la fede. Ora i sacramenti ci recano promesse evidenti e hanno, oltre la Parola, il fatto peculiare di raffigurare queste promesse visibilmente.
Non ci deve turbare la diversità riscontrabile tra i sacramenti e sigilli di lettere patenti, secondo cui, essendo gli uni e gli altri realtà carnali, appartenenti a questo mondo, i sacramenti non possono aver valore di sigillo delle promesse di Dio, che sono spirituali; in modo analogo ai suggelli adoperati dai prìncipi per i loro scritti, che riguardano problemi contingenti e caduchi; poiché il credente, vedendo i sacramenti, non si ferma all'aspetto esteriore ma si innalza a contemplare gli alti misteri che vi sono nascosti, secondo l'accordo della figura carnale con la realtà spirituale.
6. E poiché nostro Signore definisce le sue promesse patti e accordi (Ge 6.18; 9.9; 17.2) e i sacramenti segni e attestati di contratti è lecito trarre una similitudine dai patti e accordi stipulati fra gli uomini.
Gli antichi avevano l'abitudine di suggellare la firma di un contratto con l'uccisione di una scrofa. Che avrebbe potuto fare quella scrofa morta se i termini del contratto non fossero stati insieme fissati, anzi precedentemente stipulati? Si uccidono spesso scrofe e senza alcuna allusione ad un mistero. Parimenti che significato può avere una stretta di mano, visto che molto spesso alcuni toccano la mano dei loro nemici con l'intenzione di recare loro danno? E tuttavia, quando siano state premesse parole di amicizia e di intesa, esse ricevono conferma da questo gesto, quantunque già in precedenza siano state pronunciate e dichiarate pubblicamente.
I sacramenti hanno dunque, per noi, il significato di gesti che debbono accrescere la nostra fiducia nella Parola e nelle promesse di Dio. Ci sono presentati sotto forma di oggetti carnali, in quanto siano carnali, affinché ci possano educare secondo le capacità della nostra ignoranza e, quali pedagoghi, condurci e dirigerci come bambini. Per questa ragione il sacramento è detto da sant'Agostino: parola visibile, in quanto ci raffigura plasticamente le promesse di Dio e ce le presenta in forma visibile.
Possiamo ricorrere ad altre similitudini per dare una definizione completa dei sacramenti, dicendoli, ad esempio, "pilastri della nostra fede "; come un edificio infatti che poggia sulle sue fondamenta è reso più stabile e sicuro da pilastri aggiuntivi, così la nostra fede si fonda sulla parola di Dio e su di essa riposa come sulle sue fondamenta, ma quando i sacramenti vengono aggiunti essi fungono da pilastri su cui appoggiarsi e riposare più stabilmente. Possiamo altresì definirli "specchio "in cui contemplare le ricchezze della grazia che Dio ci dona.
Mediante questi sacramenti come è già stato detto Dio si manifesta a noi nella misura in cui è dato al nostro ottuso intendimento conoscerlo, e attesta la sua buona volontà nei nostri riguardi, in modo più esplicito che nella parola.
7. Infondata risulta altresì l'argomentazione di coloro che sostengono i sacramenti non essere testimonianze della grazia di Dio, in quanto spesso ricevuti da malvagi; i quali, nel sacramento, non avvertono affatto l'amore di Dio in modo più chiaro ma anzi ne ricavano una condanna sempre maggiore. Analogamente si potrebbe infatti dire che neppure l'Evangelo è testimonianza della grazia divina in quanto esso è udito da molti che lo disprezzano e Gesù Cristo stesso non sarebbe ciò che è perché, pur essendo stato visto e udito da molti, è stato accolto da pochi.
Considerazioni analoghe possono farsi per le lettere patenti dei prìncipi. Gran parte del popolo, pur sapendo che il sigillo appostovi è autentico e risulta essere quello del principe, non si fa scrupolo di disprezzarlo. Gli uni lasciandolo da parte, quasi si trattasse di una cosa priva di significato, gli altri giungendo sino a rifiutarlo: cosicché non possiamo che considerare valida la similitudine posta sopra.
Risulta evidente dunque che nostro Signore, nella sua parola e nei suoi sacramenti, presenta a tutti noi la sua misericordia e la grazia del suo buon volere ma questa viene però ricevuta solo da coloro che accolgono e la parola e i sacramenti con fede certa; così come nostro Signore Gesù Cristo è stato a tutti offerto e presentato dal Padre per la salvezza, ma non da tutti è stato riconosciuto e accolto.
Sant'Agostino, in un suo testo, volendo alludere a questo fatto ha detto che nel sacramento la forza della Parola non deriva dall'essere questa pronunciata, ma dall'essere creduta e accolta. Perciò san Paolo valutando il significato dei sacramenti fra i credenti vi include la comunione di Gesù Cristo e afferma: "voi tutti che siete stati battezzati vi siete rivestiti di Cristo " (Ga 3.27). Parimenti: "siamo un corpo unico e uno spirito in quanto siamo stati battezzati in Cristo " (1 Co. 12.12-13). Al contrario, quando condanna il perverso e cattivo uso dei sacramenti, non attribuisce loro alcun valore più di quanto si possa attribuire a vane e inutili figure; egli intende così affermare che, quantunque i malvagi e gli ipocriti annullino il potere e l'effetto della grazia di Dio nei sacramenti o la contrastino, questo non impedisce tuttavia che essi rechino, ogni qual volta piace a Dio, una testimonianza autentica della comunione con Gesù Cristo e lo Spirito Santo offra ciò che essi promettono.
Concludendo, affermiamo che giustamente i sacramenti sono detti testimonianze della grazia divina e suggelli della sua benevolenza, in quanto garantendola a noi recano consolazione, nutrimento, conferma e accrescimento alla nostra fede.
Prive di fondamento e assolutamente frivole risultano le motivazioni addotte per contestare questa verità. Gli uni affermano che la nostra fede, quando risulti autentica, non è suscettibile di miglioramento, in quanto non potrebbe dirsi fede se non fosse fondata e radicata nella misericordia divina in modo così stabile da non poterne essere smossa o distolta. Sarebbe stato più conveniente per costoro pregare con gli apostoli che il Signore aumentasse loro la fede (Lu 17.5) , anziché vantarsi di possedere la fede in misura tale che mai si ebbe né si avrà in questa vita. Che fede, a loro avviso, era mai in quell'uomo che disse: "Credo, Signore, sovvieni alla mia incredulità " (Mr. 9.24) ? Pure essa risulta valida in questa forma embrionale ed era suscettibile di miglioramento, con una diminuzione della incredulità. La loro coscienza rappresenta però la migliore refutazione dei loro argomenti. Nella misura in cui si riconoscono peccatori (né possono negare di esserlo, lo vogliano o no ) necessariamente dovranno attribuire la causa all'imperfezione della loro fede.
8. Replicano però: Filippo disse all'eunuco che gli era lecito ricevere il battesimo se credeva con tutto il cuore (At. 8.37); che significato può avere in questo caso la conferma del battesimo quando già la fede occupa e riempie interamente il cuore?
Prima di rispondere domanderò dal canto mio: non sentono forse gran parte del cuore loro vuota e priva di fede? Non avvertono forse in se stessi ogni giorno un qualche accrescimento di fede? Un pagano si gloriava di invecchiare imparando . Ben più miserabili saremmo noi cristiani se invecchiassimo senza alcun profitto, noi, la cui fede deve essere costituita da un susseguirsi di età attraverso le quali procedere innanzi sino a raggiungere la statura di uomo perfetto (Ef. 4.13).
"Credere di tutto cuore ", in questo contesto, non significa essere radicati in Cristo in modo perfetto, ma solo accoglierlo con buona volontà e zelo non finto, non significa essere sazi di lui ma averne fame e sete con brama ardente e desiderarlo. Trattasi di una espressione frequente nella Scrittura; "tutto il cuore "ricorre laddove si vuole alludere ad un'azione fatta con impegno e senza finzione. Tale è il significato di testi quali: "Io ti ho cercato con tutto il mio cuore " (Sl. 119.10) : "Ti loderò con tutto il cuore ", (Sl. 111.1; 138.1) , e altri simili. Così, all'opposto, denunciando ipocriti ed ingannatori, ha l'abitudine di dire che hanno "il cuore doppio ".
Replicano ancora che se la fede può essere accresciuta dai sacramenti, risulta inutile il dono dello Spirito Santo, la cui opera e la cui potenza consistono nell'iniziare, confermare e perfezionare la fede. Riconosco che la fede è opera peculiare e assoluta dello Spirito Santo illuminati dal quale riconosciamo Dio e i grandi tesori della sua bontà e senza la luce del quale il nostro spirito rimane accecato al punto da non essere in grado di vedere, privo di sensibilità al punto da non gustare alcunché delle realtà spirituali. All'unica prospettiva in cui la grazia di Dio è da costoro presa in considerazione, ne contrapponiamo tre. Poiché affermiamo che, in primo luogo, nostro Signore ci ammaestra mediante la sua parola. In secondo luogo ci conferma mediante i suoi sacramenti. Infine mediante la luce del suo Spirito Santo illumina il nostro intendimento e apre nei nostri cuori una via, sia alla Parola che ai sacramenti i quali altrimenti colpirebbero soltanto le nostre orecchie e i nostri occhi senza penetrare nell'intimo nostro e toccarlo.
9. Voglio però risulti chiaro ai lettori che, attribuendo ai sacramenti il compito di confermare e accrescere la fede, non intendo affermare che abbiano in se stessi questa facoltà ma la possiedono unicamente in quanto sono stati istituiti da Dio a tale scopo. Del resto esplicano la loro efficacia quando il maestro interiore delle anime, lo Spirito, vi aggiunge la sua potenza, la sola in grado di raggiungere i cuori e toccare i sentimenti per dare accesso ai sacramenti. In assenza dello Spirito non sono in grado di recare allo spirito più di quanto dia la luce del sole ad un cieco e una voce alle orecchie di un sordo. Stabilisco pertanto questa differenza tra lo Spirito e i sacramenti: riconosco che la potenza risiede nel primo non attribuendo ai sacramenti se non la funzione di strumenti di cui il Signore si serve nei nostri confronti e strumenti infatti che risulterebbero assolutamente inutili senza l'opera dello Spirito mentre risultano pienamente efficaci quando lo Spirito opera in essi . È dunque chiaro in che modo la fede, secondo il mio pensiero, riceve conferma dai sacramenti: nello stesso modo che gli occhi vedono e le orecchie odono in virtù della luce solare e del suono di una voce. Certo la luce non sarebbe in grado di fare nulla negli occhi se questi non possedessero la facoltà visiva, né la voce in orecchie per natura prive di udito. Se è dunque vero (e così deve essere ritenuto fra noi ) che l'opera dello Spirito Santo nel generare, mantenere, stabilire la fede è simile alla vista dell'occhio e l'udito dell'orecchio, ne derivano chiaramente le due affermazioni: i sacramenti non hanno alcuna efficacia senza la potenza dello Spirito e nondimeno nei cuori da esso ammaestrati essi sono in grado di sostenere e accrescere la fede. L'unica differenza consiste in questo: i nostri occhi e le nostre orecchie possiedono in modo naturale la facoltà di vedere e di udire; ma lo Spirito Santo ha nelle anime nostre la funzione di una grazia particolare oltre la natura.
10. Questa considerazione confuta altresì le obiezioni che alcuni sono soliti fare: attribuendo l'accrescimento e la conferma della fede a realtà create recheremmo offesa allo Spirito di Dio il quale deve essere riconosciuto unico artefice della fede. Non intendiamo infatti sottrargli, così facendo, la lode che gli è dovuta in quanto i termini "confermare "e "accrescere "non significano se non apprestare lo spirito nostro ad accogliere la convalida contenuta nei sacramenti. Se questo risultasse espresso in termini ancora troppo oscuri, ecco una similitudine atta a chiarire il problema: Dovendosi convincere qualcuno a compiere una determinata azione, si esaminano anzitutto gli argomenti atti ad influenzarlo in quel senso, quasi a costringerlo all'obbedienza, così facendo non si è però ancora ottenuto nulla se la persona in questione non possiede una intelligenza perspicace e acuta, in grado di valutare il peso delle argomentazioni, e altresì un temperamento docile e pronto ad obbedire ai buoni insegnamenti, e se infine non è convinto della lealtà e della serietà di colui che gli si rivolge, cosicché il suo giudizio sia già parzialmente incline ad accogliere quanto gli viene suggerito. Si trovano infatti zucconi che non si lasciano convincere da nessun argomento. Quando è sospetta l'onestà delle intenzioni o l'autorità è discutibile, non si ottiene alcun risultato anche con coloro che sono facili da convincere; si trovino al contrario riunite tutte queste condizioni ed ecco il consiglio che si porge, liberamente accolto, laddove sarebbe stato invece oggetto di scherno.
L'azione dello Spirito Santo in noi è di tale sorta, affinché la Parola non colpisca invano le nostre orecchie e i sacramenti non siano presentati ai nostri occhi senza risultato. Egli dichiara che Dio parla quivi e tocca la durezza del cuore nostro predisponendolo all'obbedienza dovuta alla Parola. Infine trasmette all'intendimento spirituale sia le parole che i sacramenti.
Risulta dunque indubbio che la funzione della Parola e dei sacramenti sia quella di confermare la nostra fede presentandoci in modo visibile la volontà misericordiosa del Padre nostro celeste, comprensione in cui sta il fondamento della nostra fede e la garanzia della sua forza. Lo Spirito conferma la fede in quanto imprime nei nostri cuori questa certezza dandole forza.
Il Padre degli astri tuttavia, ha la possibilità di illuminare le anime nostre mediante i sacramenti, così come illumina gli occhi del corpo con i raggi del sole.
11. Il Signore Gesù ci dimostra che questa proprietà risiede nella parola esteriore, quando la definisce "semenza " (Mt. 13.4; Lu 8.15). Come infatti la semenza, quando cade in un luogo deserto o non arato, si perde senza produrre frutto, e fruttifica invece abbondantemente quando è seminata in un campo ben arato, così la parola di Dio rimane sterile se cade in una mente dura e ribelle, come semenza nella ghiaia del mare; diventa invece feconda e fruttuosa in un'anima ben disposta dall'opera dello Spirito Santo. Se risulta dunque pertinente il parallelismo tra la semenza e la Parola, perché non dire che la fede trae la sua origine, il suo accrescimento e il suo perfezionamento dalla Parola come affermiamo che il grano nasce, cresce e giunge a maturità dal seme?
San Paolo esprime molto chiaramente entrambi i concetti in parecchie occasioni. Ricordando ai Corinzi con quanta efficacia Dio si è servito della sua predicazione (1 Co. 2.4) si gloria del fatto che il suo ministero è stato spirituale, quasi la potenza dello Spirito Santo fosse stata unita alla sua predicazione per illuminare la loro intelligenza e toccare i loro cuori. In un altro testo però, volendo ricordare loro la portata della parola di Dio predicata da un uomo, paragona i predicatori a contadini che dopo aver lavorato ed essersi affaticati a coltivare la terra non possono che aspettare. Se Dio non comunicasse la sua forza dall'alto che senso e che risultato avrebbe l'aver coltivato il campo, seminato, annaffiato? Egli conclude pertanto che chi pianta non è nulla né chi annaffia, ma il merito spetta a Dio solo che fa crescere (1 Co. 3.6-9).
Gli apostoli dunque predicano con efficacia di Spirito Santo in quanto Dio si serve di loro come di strumenti; occorre però tenere sempre presente la distinzione tra ciò che l'uomo può compiere da se e ciò che spetta a Dio solo.
12. L'affermazione che i sacramenti sono garanzia della nostra fede è convalidata dal fatto che, quando Dio vuole annullare la certezza delle realtà promesse nei sacramenti, elimina i sacramenti stessi. Allorquando priva Adamo del dono dell'immortalità dice: Adamo non abbia a prendere il frutto dell'albero della vita per vivere eternamente (Ge 3.22). Che significa questo? Poteva quel fatto dare o restituire ad Adamo l'incorruttibilità che già aveva perduto? Affatto. Questa affermazione equivale a dire: gli sia tolto il segno della mia promessa, che potrebbe dargli qualche speranza di immortalità, affinché non nutra più vane speranze. Per lo stesso motivo quando l'Apostolo esorta gli Efesini a ricordare il tempo in cui erano estranei alle promesse, esclusi dalla cittadinanza di Israele, senza Dio, senza Cristo (Ef. 2.12) , afferma che non erano partecipi della circoncisione intendendo dire con ciò che erano esclusi dalla promessa poiché non ne avevano ricevuto il segno. Si muove un'altra obiezione ancora: La gloria di Dio, così facendo, viene sminuita in quanto è trasferita alle realtà create cui si attribuisce eccessivo potere. La risposta è facile: non conferiamo affatto potere alle realtà create, affermiamo solo che Dio fa uso dei mezzi e degli strumenti che ritiene opportuni affinché ogni cosa serva alla sua gloria poiché di ogni cosa è Signore e padrone.
Così come nutre i nostri corpi Cl. Pane e altri cibi, illumina il mondo Cl. Sole e lo riscalda Cl. Fuoco e nondimeno né il pane, né il sole, né il fuoco sono nulla in se ma solo strumenti in cui dispensa le sue benedizioni, parimenti nutre e sazia spiritualmente la fede mediante i sacramenti la cui funzione è unicamente quella di raffigurare innanzi ai nostri occhi le promesse sue ed esserne pegno.
Non dobbiamo porre la nostra fiducia in alcuna realtà creata, dataci in uso dalla volontà divina e mediante le quali egli ci elargisce i suoi doni, né dobbiamo attribuire loro gloria, quasi fossero cause del nostro bene, analogamente non deve la nostra fede arrestarsi ai sacramenti né deve essere trasferita su di loro la gloria di Dio; ma tralasciando e dimenticando ogni realtà terrena la nostra fede e il nostro impegno debbono innalzarsi e rivolgersi a colui che è autore dei sacramenti e di ogni bene.
13. Deboli assai risultano infine le argomentazioni che ricavano dal significato letterale del termine "sacramento "per mascherare i loro errori. Costoro affermano infatti che, quantunque il termine abbia presso gli autori latini parecchi significati, uno solo può riferirsi in modo conveniente al segno; quando cioè indichi il giuramento solenne che un soldato fa al suo principe o al suo capitano quando viene arruolato e accolto nell'esercito. Come i nuovi soldati impegnano, con quell'atto, la propria vita al servizio del principe o del capitano e, dichiarandosi membri del suo esercito, gli offrono la propria vita, così noi pure confessiamo mediante i nostri segni che Gesù Cristo è nostro capitano e dichiariamo di combattere sotto la sua bandiera . Aggiungono esempi per rendere più chiaro ed evidente il loro pensiero. Come in guerra si distinguono Francesi e Inglesi in quanto gli uni portano la croce bianca e gli altri la rossa, come i Romani si distinguevano dai Greci nell'acconciatura dei vestiti, e in modo ancora più evidente, si distinguevano in Roma le diverse classi sociali in base a segni caratteristici: i senatori dal vestito di porpora e i sandali, i cavalieri dall'anello, così possediamo dei segni peculiari con cui differenziarci dagli infedeli e dai non cristiani.
Risulta però, da quanto detto più sopra che gli antichi, dando ai nostri segni il nome di "sacramenti ", non hanno preso in considerazione i significati che precedentemente il termine aveva presso gli autori latini, ma ne hanno per loro uso creato uno nuovo, nell'indicare semplicemente un segno sacro.
Volendo approfondire l'argomento, sotto questo punto di vista, è lecito supporre che essi abbiano adoperato il termine in questo nuovo significato, analogamente a quanto hanno fatto con il termine "fede ". Quantunque infatti fede significhi, nella sua accezione letterale, impegno nel mantenere una promessa, essi gli hanno attribuito il significato di certezza o convinzione di verità. In modo analogo, quantunque sacramento indichi il giuramento del soldato al suo capitano, l'hanno adoperato per indicare il segno di cui si vale il capitano per accogliere nella sua schiera e al suo servizio i soldati. Il Signore infatti ci promette nei suoi sacramenti di essere nostro Dio e di considerarci popolo suo.
Tralascio queste sottigliezze perché penso aver dimostrato con argomenti probanti che gli antichi, nel definire i nostri segni "sacramenti ", hanno inteso significare che sono da considerarsi segni di realtà sante e spirituali. Accettiamo la similitudine che ci propongono tratta dall'uniforme e dagli usi militari certo, ma non possiamo accettare che un elemento secondario del sacramento assuma valore fondamentale, anzi esclusivo. Elemento primario nei sacramenti è il loro carattere di ausilio per la nostra fede in Dio, secondario è il loro aspetto di testimonianza nei confronti degli uomini. In questo secondo significato risultano adeguate e pertinenti le similitudini summenzionate a condizione che il punto fondamentale permanga chiaro; in caso contrario i sacramenti hanno scarsa efficacia non servendo a sostenere la nostra fede e non essendo elemento complementare della dottrina.
14. Dobbiamo d'altra parte ricordare che se costoro annullano l'efficacia e aboliscono l'uso dei sacramenti, ve ne sono che attribuiscono loro non so quale potere nascosto, che non risulta essere mai stato dato da Dio. Errore con cui sono ingannati i semplici e gli ignoranti che, abituandosi a cercare i doni e le grazie di Dio ove non si possono trovare, si allontanano a poco a
Poco da lui al seguito di vanità, anziché del vero. Le varie scuole dei sofisti infatti hanno decretato di comune accordo che i sacramenti della nuova Legge, quelli cioè che sono in uso attualmente nella Chiesa cristiana, giustificano e conferiscono la grazia se non poniamo loro l'ostacolo di peccati mortali .
Quanto sia perniciosa questa opinione non si dirà mai abbastanza, tanto più che è stata accolta con grave danno della Chiesa per così lunghi anni e si mantiene tuttora in gran parte del mondo. Trattasi, non c'è dubbio, di una opinione realmente diabolica poiché, Cl. Promettere giustizia senza la fede, getta le coscienze in confusione e dannazione. Anzi, facendo del sacramento la causa della giustizia, vincola le intelligenze alla concezione superstiziosa che consiste nel porre la propria fiducia in una realtà corporea anziché in Dio, concezione cui già, di per noi stessi, siamo naturalmente inclini, data la nostra tendenza a considerare la terra più di quanto occorrerebbe. Due errori codesti di cui sarebbe preferibile avessimo meno esperienza e di cui non è necessario dare ampia illustrazione.
Che cosa è il sacramento preso senza fede se non la rovina della Chiesa? Grandemente si inganna infatti colui che pensa poter ricevere dal sacramento altro bene che quello ricevuto accettando per fede quanto gli viene offerto dalla Parola poiché non se ne deve sperare nulla se non in virtù della promessa che annuncia l'ira di Dio agli increduli non meno che la sua grazia ai credenti. Onde si può dedurne altresì che la fiducia della salvezza non dipende dalla partecipazione ai sacramenti quasi vi fosse rinchiusa la giustizia che sappiamo invece risiedere in Gesù Cristo solo ed esserci data dalla predicazione dell'evangelo non meno che dalla attestazione dei sacramenti, giustizia che sussiste nella sua integrità anche senza i sacramenti, tant'è vero che, come giustamente afferma sant'Agostino, può trovarsi a volte il segno visibile senza la santificazione invisibile e, viceversa, la santificazione senza il segno visibile. Poiché lui stesso dice in un altro testo: gli uomini accolgono Gesù Cristo a volte fino a ricevere il sacramento a volte fino alla santificazione della vita.
Il primo caso è comune a buoni e cattivi, il secondo è caratteristico dei credenti.
15. A questo si riferisce la distinzione che lo stesso dottore pone fra il sacramento e l'oggetto. Poiché egli non insegna solo che la verità e la figura sono incluse nel sacramento ma che non sono connesse al punto da non poter essere una senza l'altra. E anche quando si trovano congiunte occorre fare distinzione fra la realtà e il segno in modo da non trasferire all'una ciò che è peculiare dell'altra.
Riguardo alla distinzione egli ne parla affermando che i sacramenti non hanno efficacia se non per gli eletti.
Parimenti in un altro testo parlando dei Giudei dice: "Quantunque i sacramenti fossero comuni a tutti, non lo era la grazia che costituisce la forza dei sacramenti. Così ora il sacramento della rigenerazione è comune a tutti, ma la grazia da cui siamo fatti membra di Cristo per essere rigenerati, non è comune a tutti ". Parimenti parlando della cena del Signore: "Abbiamo bensì ricevuto tutti il cibo visibile oggi, ma due cose distinte sono il sacramento e la sua efficacia. Donde viene il fatto che molti vengano all'altare e prendono a loro condanna quanto ricevono? Poiché il pezzo di pane che nostro Signore diede a Giuda risultò per lui veleno non per il fatto che fosse cattivo in se ma perché l'uomo che lo prendeva, essendo cattivo, lo prese male ". Poco appresso: "Il sacramento della unità spirituale che abbiamo con Cristo viene presentato alla tavola del Signore per essere vita agli uni e morte agli altri, ma la realtà di cui è figura è vita per tutti e non può essere morte ". Ed aveva affermato poco prima: "Colui che ne avrà mangiato non morirà; intendo però la verità del sacramento non il sacramento visibile, chi l'avrà mangiato interiormente e non esteriormente, che l'avrà preso col cuore e non masticato con i denti ".
Da tutte queste citazioni risulta che la verità del sacramento e la figura sono due realtà distinte a causa dell'indegnità di coloro
Che lo ricevono male cosicché non ne rimane che figura vuota e inutile. Colui dunque che vuole ricevere la figura con la realtà e non priva di verità deve scoprire per fede la Parola inclusa in esso. E così l'uomo trarrà profitto dai sacramenti in quanto ricaverà da essi comunicazione di Cristo.
16. Questi concetti risulteranno forse oscuri a causa della concisione dell'enunciato, svilupperò perciò il tema in modo più ampio. Gesù Cristo è la sostanza e il fondamento di tutti i sacramenti in quanto ne rappresenta la forza e non annunziano nulla all'infuori di lui. Non è dunque tollerabile l'errore del Maestro delle Sentenze che li considera espressamente causa della giustizia e della salvezza; i sacramenti infatti non hanno altro scopo se non quello di mantenerci in Gesù Cristo annullando tutte le altre cause, frutto dell'intendimento umano. Nella misura in cui sono di ausilio per alimentare, confermare, accrescere in noi la conoscenza di Gesù Cristo o farcelo possedere in maniera più completa e godere dei suoi beni, risultano efficaci e ciò accade quando riceviamo quanto ci viene offerto in essi con fede autentica.
Domanderà qualcuno: come possono i malvagi rendere vana con la loro ingratitudine, e inefficaci, le disposizioni di Dio? Non ho inteso affermare che la forza e la realtà del sacramento dipendano dai requisiti e dalla natura di colui che li riceve; ciò che Dio ha una volta istituito permane valido e conserva perennemente la sua proprietà anche se gli uomini mutano. Ma l'offrire e il ricevere sono cose diverse; non vi è alcuna contraddizione nel fatto che un sacramento di nostro Signore sia realmente ciò che è detto essere, e conservi perciò la sua efficacia, e d'altra parte un uomo malvagio non ne ricavi alcun beneficio. Sant'Agostino, però, risolve molto bene questo problema, in poche parole: "Se lo ricevi, carnalmente "dice "non per questo cessa di essere spirituale, non lo sarà per te ". Come ha dimostrato questo santo dottore, nel testo menzionato, il sacramento non è nulla quando sia scisso dalla sua verità; d'altra parte, congiungendoli l'uno all'altro, ci ammonisce a non soffermarci troppo al segno esteriore; "Errore di debolezza "afferma "l'attenersi alla lettera e scambiare i segni con la realtà, altrettanto erroneo prendere i segni senza ricavarne utilità ". Egli fa così menzione di due errori da evitare: prendere i segni come se fossero stati dati invano, e, privandoli della loro forza, con la nostra falsa interpretazione, annullarne il vantaggio che ce ne potrebbe derivare; d'altra parte quando non innalziamo il nostro intendimento oltre il segno visibile, gli attribuiamo la gloria della grazia di Gesù Cristo, che ci è data mediante il suo Spirito, il quale ci rende partecipi di lui mediante i segni esteriori, che perdono ogni loro utilità se si volgono ad altro scopo che attrarci a Gesù Cristo.
17. Manteniamo perciò questo assunto: i sacramenti non hanno funzione diversa da quella della parola di Dio, cioè offrirci e presentarci Gesù Cristo e in lui i tesori della grazia celeste. E non recano alcun profitto se non a coloro che li prendono con fede così come il vino, l'olio o altro liquido si spanderebbe in terra qualora lo si versasse in un recipiente la cui apertura risultasse chiusa, e il recipiente, pur essendo bagnato esteriormente, rimarrebbe secco e vuoto all'interno.
Dobbiamo inoltre evitare di cadere in un facile errore leggendo quanto gli antichi hanno scritto, con l'intenzione di accrescere la dignità dei sacramenti, e lasciarci indurre a pensare che qualche virtù segreta vi sia annessa e che la grazia dello Spirito Santo sia in essi distribuita e amministrata come il vino è contenuto in una coppa o in un bicchiere, laddove la loro funzione consiste unicamente nel dichiararci e confermarci la benevolenza e il favore di Dio nei nostri riguardi, e non hanno significato alcuno se lo Spirito Santo non viene ad aprire il nostro intendimento e i nostri cuori, rendendoci capaci di intendere tale testimonianza.
In ciò appaiono anche, chiaramente, diverse grazie di Dio. Poiché i sacramenti, come abbiamo detto sopra, hanno da parte di Dio la stessa funzione di messaggero di buone notizie da parte degli uomini: cioè non di conferirci il bene ma solamente annunciare e dimostrare le cose che ci sono date dalla liberalità di Dio e hanno funzione di primizie per ratificarle.
Lo Spirito Santo che non è dato indifferentemente a tutti dai sacramenti ma che Dio dà in modo particolare ai suoi, è colui che reca le grazie di Dio con se, che crea in noi l'accoglienza ai sacramenti e li fa fruttificare.
Quantunque non intendiamo negare che il Signore sia presente mediante l'efficacia del suo Spirito nella sua istituzione, affinché l'amministrazione dei sacramenti da lui istituiti non risulti vana ed infruttuosa, tuttavia affermiamo che la grazia interiore dello Spirito, in quanto è distribuita dal ministro esterno, deve essere considerata indipendentemente da esso.
Dio compie dunque quanto promette nella figura e i segni non sono senza effetto mostrando, come è necessario, che il loro autore è veritiero e fedele. Il punto che deve chiarirsi è quello di sapere se Dio opera direttamente per sua forza propria, intrinseca come si dice, o se affida il suo compito a segni esterni. Ora questo punto è chiaro: qualsiasi strumento egli adoperi per la sua opera non è mai per derogare in qualche modo alla sua autorità sovrana.
Quando questa dottrina dei sacramenti sia chiara, la loro dignità risulterà sufficientemente illustrata, il loro uso dimostrato e la loro utilità raccomandata. Nello stesso tempo, però, si mantiene in tutto e per tutto una saggia moderazione sì da non conferire loro più di quanto si debba né sottrarre quanto conviene.
Viene così distrutta la falsa teoria che inchiude nei sacramenti il potere di giustificarci, e le grazie dello Spirito Santo, quasi fossero il recipiente ed è invece messa in evidenza quello che viene omesso dagli altri, che cioè si tratta di strumenti mediante cui Dio opera come gli piace. Conviene notare altresì che Dio solo compie nell'interiore ciò che il ministro raffigura e dichiara con atto esteriore, acciocché non attribuiamo a un uomo mortale quanto Dio riserva a se stesso. Sant'Agostino fornisce un saggio ammonimento al riguardo: "Come consacrano contemporaneamente Dio e Mosè? Mosè non consacra affatto al posto di Dio ma solo mediante segni visibili secondo il suo ministero. Ma Dio consacra con grazie invisibili mediante lo Spirito. In questo consiste la forza del sacramento visibile. Poiché quale ne sarebbe il vantaggio non vi fosse questa santificazione invisibile?
18. Il termine sacramento, come l'abbiamo sin qui adoperato, include genericamente tutti i segni che Dio ha dato agli uomini per garantire e attestare la verità delle sue promesse. Egli ha voluto farli consistere a volte in realtà di ordine materiale altre volte in miracoli.
Esempi del primo tipo sono: l'albero della vita che Dio diede ad Adamo ed Eva, qual pegno dell'immortalità, affinché fossero certi di riceverla mangiandone il frutto (Ge 2.9; 3.22). L'arcobaleno dato a Noè qual segno per lui e la sua progenie che mai più la terra sarebbe distrutta da un diluvio (Ge 9.13). Adamo e Noè hanno ricevuto queste cose quali sacramenti non che l'albero conferisse l'immortalità, che non era in grado di dare neppure a se stesso, né che l'arcobaleno, semplice riverbero dei raggi solari nelle nuvole, avesse potere di trattenere e controllare le acque; ma in quanto la parola di Dio li aveva segnati per essere segno e sigillo delle sue promesse. In precedenza l'albero e l'arcobaleno erano solo albero e arcobaleno, segnati dalla parola di Dio è stata data loro una nuova realtà, per diventare ciò che per l'innanzi non erano. E l'arcobaleno è per noi oggi ancora testimone di quella promessa e di quel patto, che Dio stipulò con Noè; ogniqualvolta lo vediamo, ritroviamo in esso la promessa di Dio, che la terra non sarà mai più distrutta dal diluvio.
Se qualche filosofo da strapazzo, per beffarsi della nostra fede semplicistica, obietta che la varietà di colori che costituisce l'arcobaleno è provocata in modo naturale dal riverbero dei raggi solari sulle nuvole, dobbiamo accogliere come valide le sue ragioni, ma possiamo denunciare la sua ignoranza in quanto non riconosce in Dio il Signore della natura, che si serve per sua gloria, a suo piacimento, di tutti gli elementi. E qualora avesse conferito questo carattere di segno e di testimonianza al sole, alle stelle, alla terra, alle pietre, sarebbero tutti sacramenti. Per qual motivo il valore dell'argento in commercio e di quello coniato risulta diverso pur essendo lo stesso metallo? In quanto il primo non ha nulla all'infuori della sua natura e l'altro, coniato dalla zecca, è diventato moneta ricevendo un nuovo valore. Perché Dio non potrebbe dunque dare un segno e una impronta alle cose create sì da renderle sacramento mentre precedentemente erano elementi semplici e comuni?
Esempi del secondo tipo sono stati: la visione di Abramo del fuoco ardente in mezzo alla fornace (Ge 15.17); il vello di Gedeone bagnato di rugiada sulla terra asciutta e, viceversa, asciutto sulla terra rugiadosa con cui veniva promessa la vittoria (Gd. 6.37); l'orologio su cui furono ritardati dieci gradi per annunciare la guarigione ad Ez.chia (4 Re 20.9-11; Is. 38.7). Tutte queste cose ebbero valore di sacramento in quanto vennero date per sostenere, confortare, confermare la debolezza della fede di questi uomini.
19. La nostra intenzione è però di dare ora una trattazione particolare dei sacramenti che nostro Signore ha istituito e voluto nella sua Chiesa quale mezzo per nutrire e sostenere i suoi nella comune professione di fede. Poiché, come afferma sant'Agostino, gli uomini non si possono unire in una qualche forma di associazione religiosa vera o falsa se non per mezzo di sacramenti. Dio dunque, constatando sin dall'inizio questa necessità, aveva ordinato ai suoi servi delle cerimonie quali esercizi della loro religione, che Satana ha in seguito corrotto e depravato in molti modi dando loro la forma di pessime superstizioni. Da questa corruzione ha preso origine tutta l'idolatria pagana. Quantunque non vi sia in essa che errori e contaminazioni, ci dimostra tuttavia che gli uomini non possono fare a meno di segni esteriori quando vogliono manifestare di possedere una qualche religione.
Tutti i segni dei pagani, non essendo fondati sulla parola del Signore e non riferentisi alla sua verità, come dovrebbe essere, secondo il fine di ogni sacramento, non meritano perciò di essere tenuti in alcuna considerazione quando si esaminano i sacramenti che nostro Signore ha ordinato e sono stati mantenuti nella purezza originaria, sì da essere ausilio di pietà e di fede non essendosi allontanati dal proprio fondamento. Ora questi sacramenti consistono non solo in segni ma anche in cerimonie, o se si preferisce sono segni sotto forma di cerimonie. Come è stato detto più sopra ci sono dati da Dio per testimoniare della sua grazia per la salvezza nostra; d'altra parte però sono dimostrazione della nostra professione di fede in quanto dichiariamo, in tal modo, la nostra appartenenza a Dio, pubblicamente, e ci impegniamo nei suoi riguardi.
Perciò Crisostomo si esprime in modo appropriato definendoli "contratti ", con cui viene annullato l'atto del nostro debito e in un altro testo "obbligazione "con cui ci impegnano a vivere puramente e santamente in modo che esista reciprocità contrattuale fra Dio e noi. Perché, come nostro Signore annulla in essi l'intero debito delle colpe e delle offese da noi commesse e ci riconcilia con se nel suo figlio unico, così reciprocamente ci impegnano nei suoi riguardi a servirlo in santità e purezza di vita Cosicché i sacramenti si possono definire cerimonie con cui il Signore vuole allenare il suo popolo in primo luogo nel mantenimento, esercizio, conferma della fede nell'intimo del proprio cuore; in secondo luogo nella professione della fede innanzi agli uomini.
20. I sacramenti sono perciò stati diversi a seconda delle modalità scelte dal Signore per rivelarsi e manifestarsi agli uomini seguendo le opportunità del momento.
Ad Abramo e alla sua posterità fu ordinata infatti la circoncisione (Ge 17.10) cui furono aggiunte, dalla legge mosaica, le abluzioni e i sacrifici e altri riti (nel Le ). Questi sono stati i sacramenti dei Giudei sino all'avvento di nostro Signore Gesù Cristo, da cui sono stati aboliti e sostituiti con altri due, di cui la Chiesa cristiana fa attualmente uso: cioè il battesimo e la Cena del Signore (Mt. 28.19; 26.26). Mi riferisco qui ai sacramenti dati per l'uso comune della Chiesa tutta, poiché non includo fra questi l'impostazione delle mani mediante cui i ministri o pastori sono ricevuti nel loro incarico, pur non avendo difficoltà ad accettare che la si dica sacramento. Riguardo agli altri riti che comunemente sono considerati tali, faranno oggetto di trattazione a parte.
Anche gli antichi sacramenti dei Giudei tendevano però al medesimo fine dei due nostri attuali: orientare verso Gesù Cristo e condurre a lui, o più esattamente, quasi fossero immagini sue, presentarcelo e farcelo conoscere. Poiché, come già abbiamo dimostrato, i sacramenti sono come sigilli con cui sono autenticate le promesse di Dio, ed è indubbio che nessuna promessa di Dio è stata fatta se non in Gesù Cristo (2 Co. 1.20); necessariamente dunque i sacramenti, dovendoci illustrare e rammentare le promesse di Dio, ci dovranno mostrare Gesù Cristo. Come fu significato dal modello del tabernacolo con i suoi ornamenti, che fu mostrato a Mosè sul monte. Una sola differenza sussiste tra quei sacramenti antichi e i nuovi: i primi sono stati prefigurazioni del Cristo promesso, quando ancora lo si attendeva; i nostri, nuovi, testimoniano e insegnano che è già stato dato e manifestato.
21. Tutte queste verità, quando siano illustrate in ordine e singolarmente, risulteranno molto più chiare.
In primo luogo la circoncisione aveva per i Giudei la funzione di un segno per ricordare loro che tutto ciò che procede dal seno dell'uomo, la sua natura cioè, è corrotta e ha bisogno di essere circoncisi e recisi. Doveva inoltre avere per loro il significato di una attestazione e un ricordo, confermandoli nella fede delle promesse fatte ad Abramo circa quella discendenza in cui sarebbero state benedette tutte le nazioni della terra (Ge 22.18) , e da cui dovevano altresì ricevere la propria benedizione. Ora questa discendenza salvifica, ci insegna san Paolo, era Gesù Cristo (Ga 3.16) , dal quale soltanto essi potevano sperare riottenere quanto avevano perduto in Adamo. La circoncisione risultava essere perciò ciò che era stata per Abramo, secondo quanto afferma san Paolo, un sigillo cioè della giustizia della fede (Ro 4.2) da cui essere vieppiù confermati che la fede, in cui attendevano questa discendenza benedetta, era
E sarebbe sempre stata imputata da Dio a giustizia. Svilupperemo in un altro capitolo il parallelismo della circoncisione e del battesimo.
Le abluzioni e i riti di purificazione mostravano loro l'impurità, la corruzione, la sozzura da cui erano, per natura corrotti, infetti, macchiati e altresì promettevano loro un'altra purificazione da cui sarebbero state nettate le loro colpe e le loro impurità (Eb. 9.10-14). Questa purificazione era Gesù Cristo dal cui sangue siamo mondati e purificati (1 Gv. 1.7 Re 1.5) dalle cui piaghe siamo guariti (1 Pi. 2.24) , Cosicché le nostre colpe sono nascoste e rechiamo a Dio una purezza autentica, la purezza di Cristo.
I sacrifici avevano il significato di un atto di accusa e di rimprovero contro i loro peccati e le loro iniquità e, nello stesso tempo, mostravano loro la necessità di soddisfare la giustizia divina e di avere un sommo sacerdote e vescovo, mediatore fra Dio e gli uomini, capace di placare questa giustizia di Dio, mediante l'effusione del sangue e un sacrificio accettevole per la remissione dei peccati. Gesù Cristo è stato questo sommo sacerdote, lui stesso vittima del sacrificio (Eb. 4.14; 5.5; 9.2). Poiché si è offerto al Padre obbediente sino alla morte (Fl. 2.8) e con la sua obbedienza ha cancellato la disobbedienza dell'uomo, che aveva provocato l'indignazione di Dio (Ro 5.19).
22. I nostri due sacramenti ci presentano Gesù Cristo molto più chiaramente, egli infatti si è manifestato più vicino agli uomini da quando è stato dato e rivelato quale era stato promesso dal Padre. Il battesimo ci attesta che siano lavati e la Cena eucaristica che siano riscattati. Nell'acqua ci è offerta la figura della purificazione, nel sangue della soddisfazione. Queste due realtà sono in Gesù Cristo, che è venuto, come dice san Giovanni, in acqua e sangue (1 Gv. 5.6) , cioè per purificare e riscattare. Di questo è testimone lo Spirito di Dio, anzi tre sono i testimoni congiuntamente: l'acqua, il sangue, lo Spirito. Nell'acqua e nel sangue abbiamo la testimonianza del nostro perdono e della nostra redenzione, e lo Spirito Santo, principale testimone, ci garantisce in modo sicuro questa testimonianza, ce la fa credere, intendere, riconoscere; poiché non la potremmo altrimenti comprendere. Questo profondo mistero ci è stato presentato chiaramente quando dal costato di Gesù Cristo in croce è sgorgato sangue e acqua (Gv. 19.34). Costato che, a ragione, sant'Agostino definì fonte e sorgente da cui sono venuti i nostri sacramenti di cui è necessario parlare ancora brevemente.
Non v'è dubbio, se si stabilisce un paragone fra le due età, che la grazia dello Spirito Santo si riveli ora in modo più esplicito. Questo è infatti necessario affinché sia magnificata la gloria del regno di Cristo, come risulta da molti testi, in particolare dal capitolo 7di san Giovanni. In questo senso deve essere inteso il detto di san Paolo secondo cui non ci fu che ombra sotto la Legge e la realtà è in Cristo (Cl. 2.17). Non è sua intenzione annullare l'efficacia dei segni antichi, in cui Dio si è rivelato veritiero verso i padri come oggi verso di noi nel battesimo e nella Cena, ma solo magnificare con questo paragone quanto ci è dato ora affinché nessuno si stupisca del fatto che le cerimonie della Legge sono state abolite all'avvento di Cristo.
23. Da respingersi in modo assoluto è la tesi scolastica di una sostanziale diversità tra i sacramenti dell'antica e della nuova Legge, quasi i primi non avessero contenuto altro che figura della grazia di Dio, priva di realtà, e i secondi la conferissero attualmente. L'Apostolo infatti non parla degli uni in modo più eccelso che degli altri, insegnando che i nostri padri dell'antico Patto hanno mangiato lo stesso cibo spirituale nostro, ed afferma che si tratta di Cristo (1 Co. 10.3). Chi oserà definire vuoto e privo di sostanza il segno che dimostrava ai Giudei la reale comunione di Gesù Cristo? All'intelligenza di tali affermazioni giova il contesto in cui sono formulate. Per evitare che alcuni, Cl. Pretesto delle grazie di Dio, tengano in poco conto la giustizia di lui, l'Apostolo cita esempi della severità divina quale è stata manifestata nei confronti dei Giudei. Affinché nessuno si vanti, quasi fosse in possesso di particolari privilegi, mostra che furono del tutto simili a noi. In particolare dimostra questa identità riguardo ai sacramenti, comuni ad entrambi. In realtà non è lecito conferire al battesimo maggiore importanza di quanto l'Apostolo attribuisca in un altro testo alla circoncisione, definendola sigillo nella fede (Ro 4.2).
Pertanto i Giudei trovavano anticamente, nei loro sacramenti, quanto abbiamo oggi nei nostri: cioè Gesù Cristo e le sue ricchezze spirituali. E l'efficacia dei nostri sacramenti era già in quelli antichi: essere segni e conferma della buona volontà di Dio per la salvezza degli uomini.
Non sarebbero incorsi in questo errore se avessero inteso la questione dibattuta nella lettera agli Ebrei. Leggendovi che i peccati non sono stati cancellati in virtù di cerimonie legali, anzi che le ombre antiche sono del tutto prive di efficacia per recare giustizia (Eb. 10.1) , e tralasciando questo rapporto, di per se pur evidente, si sono fermati sul concetto che la Legge non è stata di alcun giovamento ai suoi osservatori, deducendo che vi fossero in essa solo figure vane e prive di contenuti. L'intenzione dell'apostolo era invece solo di annullare la Legge cerimoniale in quanto essa ha in Cristo la sua realtà e da lui trae tutta la sua efficacia.
24. Si potrebbe però citare il testo dei Romani, dove Paolo afferma che la circoncisione non ha in se alcun significato e non giova a nulla dinanzi a Dio (Ro 2.25); testo di cui si può ricavare l'impressione che egli la consideri molto inferiore al battesimo. Impressione errata perché tutte le affermazioni, quivi espresse e riferite alla circoncisione si potrebbero a diritto riferire al battesimo; anzi son riferite da Paolo stesso quando insegna che Dio non si cura dell'abluzione esteriore (1 Co. 10.5) , quando il cuore non sia interiormente purificato, e non perseveri in tale purezza sino alla fine, e da san Pietro, quando attesta che la realtà del battesimo non consiste nella purificazione esteriore ma nella buona coscienza (1 Pi. 3.21).
Si risponderà che risulta invece evidente da un altro testo il suo profondo disprezzo per la circoncisione fatta di mano d'uomo, quando la paragona con la circoncisione spirituale di Cristo (Cl. 2.2). Risponderò che in questo testo non viene smentita la sua dignità. San Paolo polemizza, in quella circostanza, contro coloro che costringevano i credenti a circoncidersi, quasi si trattasse di una necessità, quantunque la circoncisione fosse già stata abolita. Ammonisce dunque i credenti a non trastullarsi più a lungo con queste ombre antiche ma a volgersi alla verità; questi dottori, dice l'Apostolo, insistono perché i vostri corpi siano circoncisi, ora voi siete circoncisi spiritualmente sia nel corpo che nell'anima, avete dunque una certezza di gran lunga più valida dell'ombra della circoncisione.
Si potrebbe replicare che non era però il caso di disprezzare la forma avendo la realtà, in quanto i padri dell'antico Patto erano stati circoncisi i spirito e di cuore e tuttavia i sacramento risultava superfluo per loro; Paolo previene tale obiezione affermando che siano sepolti con Cristo mediante il battesimo. Egli dimostra con questo che il battesimo rappresenta per i credenti ciò che la circoncisione rappresentava per gli Antichi, e non si può imporre ai cristiani la circoncisione senza il battesimo.
25. Si solleverà un'altra obiezione osservando che, in seguito, l'Apostolo dichiara che tutte le cerimonie giudaiche sono ombre di realtà future e la realtà è in Cristo solo. Il problema affrontato nei capitoli 7e 10 della epistola agli Ebrei è ancora più eloquente al riguardo, visto che vi si dice il sangue degli animali non avere alcuna influenza sulla coscienza, la Legge non aver avuto che l'ombra dei beni futuri e non la realtà. Parimenti che i praticanti della legge mosaica non potevano ottenere perfezione in essa.
Rispondo, come ho già fatto sopra, che san Paolo non definisce ombra le cerimonie, nel senso che fossero prive di contenuto o di forza, ma in quanto il loro compimento era rinviato alla manifestazione di Cristo. Anzi non affronta neppure il problema dell'efficacia e del valore di dette cerimonie ma del loro significato. Finché Cristo non fu manifestato in carne i sacramenti dell'antico Patto lo hanno raffigurato come assente, quantunque non mancasse di fare sentire in essi la presenza della sua grazia e della sua persona ai credenti.
Essenziale è però rilevare il fatto che san Paolo non tratta semplicemente del problema dei sacramenti, ma ha in mente le persone contro cui polemizza. Dovendo egli combattere contro falsi apostoli, che facevano consistere la fede cristiana nelle cerimonie soltanto, senza considerare Cristo, era sufficiente per refutarli illustrare il significato di tali cerimonie prese in se stesse. Questa è altresì l'intenzione dell'autore della lettera agli Ebrei. Ci si ricordi dunque che non è in questo caso questione di cerimonie considerate nel loro autentico e naturale significato, ma di cerimonie fuorviate in senso perverso e falso; la polemica non concerne l'uso legittimo di cerimonie ma l'uso di forme superstiziose. Non stupisce dunque il fatto che le cerimonie, così separate da Cristo, fossero private del loro significato, poiché ogni segno è svuotato di forza quando la realtà significata venga meno. In tal modo Gesù Cristo, affrontando persone che consideravano la manna esclusivamente un nutrimento per il corpo, si adegua alla loro ignoranza affermando che darà loro un nutrimento migliore per nutrirli nella speranza dell'immortalità (Gv. 6.27).
Qualcuno desidera avere più chiara la soluzione del problema? Eccone la sostanza. In primo luogo tutte le cerimonie della legge mosaica non sono altro che fumo e vanità, qualora non siano riferite a Gesù Cristo. Secondo: Cristo ne è stato fine e meta cosicché quando egli è stato rivelato in carne, queste hanno cessato. Infine dovevano essere abolite alla venuta di Cristo così come l'ombra svanisce in presenza della luce solare.
Tuttavia, avendo intenzione di trattare più ampiamente questo tema laddove stabilirò il parallelismo fra battesimo e circoncisione, mi limito a questi accenni.
26. Questi poveri sofisti sono forse stati indotti in errore e ingannati dalle eccessive lodi dei sacramenti che hanno lette nei testi dei dottori antichi; come nel caso di sant'Agostino che afferma: i sacramenti dell'antica Legge promettono solo la salvezza ma i nostri la conferiscono. Non accorgendosi che questo linguaggio era iperbolico, cioè eccessivo, hanno per parte loro seminato e divulgato conclusioni iperboliche ma in tutt'altro senso da quello usato dagli Antichi nei loro scritti. Nel testo in questione sant'Agostino non ha inteso fare una affermazione diversa da quanto aveva detto in un altro testo: i sacramenti della legge mosaica aver preannunciato Gesù Cristo e i nostri annunciarlo. Parimenti nel libro contro Fausto Manicheo: quelli contenere le promesse delle cose a venire, questi sono segni di cose compiute. Affermazione equivalente a dire quelli hanno prefigurato Gesù Cristo quando ancora si attendeva la sua venuta, ma i nostri ne indicano la presenza quando già è venuto e ci è stato dato. Si riferisce in questo caso alla significanza del sacramento, come si può notare in un altro testo quando afferma: "la Legge e i Profeti hanno avuto dei sacramenti in vista di preannunciare ciò che doveva venire. I nostri sacramenti annunciano il compimento di ciò che allora era stato solo promesso ".
Riguardo all'efficacia e alla verità egli illustra in molti testi il suo pensiero; ad esempio quando dice i sacramenti dei Giudei furono diversi nella forma ma identici nella realtà significativa, diversi nell'apparenza visibile, simili e identici nella realtà e nell'efficacia spirituale; e ancora: "La nostra fede e quella dei padri è unica in forme diverse, anzi in forme diverse come in parole diverse, poiché le parole mutano suono secondo le diversità dei tempi e le parole non raggiungono altro effetto che quello ottenuto dai segni. I padri antichi dunque hanno bevuto la stessa bevanda spirituale di noi, quantunque fosse diversa la bevanda del corpo. I segni sono stati mutati senza che lo fosse la fede. La pietra era dunque per loro Gesù Cristo ed è Gesù Cristo che ci è presentato all'altare. È stato per loro un grande mistero il fatto che l'acqua da essi bevuta sgorgasse dalla pietra; i credenti sanno ciò che bevono: se si considera l'apparenza si nota una differenza, se si considera il significato interiore la realtà è la stessa ". Ancora: "Il nostro cibo e la nostra bevanda sono unici con i padri antichi, per quanto riguarda il mistero, cioè riguardo al significato, non riguardo ai segni apparenti. È lo stesso Gesù Cristo che fu rappresentato nella pietra per loro e che è stato manifestato in carne per noi ". Sin qui le citazioni di sant'Agostino.
Del resto riconosco che c'è una differenza tra i sacramenti antichi e i nostri su questo punto; poiché, quantunque gli uni e gli altri attestino che in Cristo l'amore paterno di Dio ci è offerto, unitamente alle grazie dello Spirito Santo, i nostri offrono di questo una testimonianza più chiara ed evidente. Similmente Gesù Cristo si è offerto ai padri nei segni antichi ma in modo più pieno nei segni che ci offre, corrispondenti alla natura del nuovo Patto. È quello che ha inteso dire lo stesso dottore che cito volentieri fra gli altri come il più fedele e il più attendibile, che cioè dopo la rivelazione di Gesù Cristo Dio ci ha dato sacramenti minori in numero ma di significato più profondo e di maggior valore dì quanto non avesse fatto con il popolo d'Israele.
È opportuno che i lettori siano ammoniti ancora riguardo ad un punto; ciò che i Sofisti hanno blaterato nell'opus operatum come dicono nel loro gergo, non risulta solo falso ma contrastante con la natura dei sacramenti quali Dio li ha istituiti affinché, essendo sprovvisti di ogni bene, ci rivolgessimo a lui come mendicanti, non recando nulla di nostro fuorché una umile confessione della nostra miseria. Ne consegue che ricevendo i sacramenti non meritiamo lode alcuna, anzi trattandosi di un atto passivo da parte nostra, non è lecito attribuirci alcun merito. Lo definisco atto passivo poiché Dio compie ogni cosa e noi lo riceviamo soltanto, mentre i sorboniti vogliono che per parte nostra collaboriamo per non essere in qualche modo senza merito.
CAPITOLO 15
IL BATTESIMO
1. Il battesimo è il contrassegno della nostra fede cristiana, il segno con cui siamo accolti nella comunità della Chiesa, affinché, incorporati in Cristo, possiamo essere annoverati nel numero dei figli di Dio. Ci è stato dato da Dio in primo luogo per essere d'ausilio alla nostra fede nei suoi riguardi; in secondo luogo per aiutarci nella nostra confessione verso gli uomini: elementi questi comuni a tutti i sacramenti, come abbiamo già detto. Esamineremo in ordine questi due fini e queste due motivazioni dell'istituzione del battesimo.
Riguardo al primo punto il battesimo reca alla nostra fede tre elementi che necessitano d'essere esaminati singolarmente.
In primo luogo ci è dato da Dio quale segno e prova della nostra purificazione; per esprimerci meglio, ci e inviato come una lettera patente, firmata e sigillata con cui egli ci annunzia, conferma e garantisce che i nostri peccati sono perdonati, sepolti, cancellati, giammai saranno presi in considerazione o ricordati da lui, né ci saranno imputati. Egli desidera infatti che tutti coloro che avranno creduto siano battezzati nella remissione dei loro peccati.
Coloro che hanno ritenuto dover scrivere che il battesimo non è altro che un segno o una manifestazione esteriore, con cui facciamo davanti agli uomini professione della nostra religione, così come un soldato riveste l'uniforme del suo principe per dichiarare la sua appartenenza ad esso, non hanno preso in considerazione l'elemento essenziale del battesimo, il fatto che lo dobbiamo accogliere unitamente alla promessa che tutti coloro che avranno creduto e saranno battezzati saranno salvati (Mr. 16.10).
2. In questo senso deve intendersi la parola di San Paolo: la Chiesa essere stata santificata e purificata dal suo sposo Gesù Cristo, mediante il battesimo d'acqua, nella parola della vita (Ef. 5.20. E in un altro testo, che siamo stati salvati secondo la sua misericordia mediante il lavacro della rigenerazione e il rinnovamento dello Spirito Santo (Tt 3.5). È altresì quanto scrive san Pietro che il battesimo ci salva (1 Pi. 3.21). Poiché san Paolo non ha inteso affermare che la nostra purificazione e la nostra salvezza siano state compiute dall'acqua o che l'acqua contenesse il potere di purificare, rigenerare, rinnovare; né san Pietro ha voluto dire che l'acqua sia causa della nostra salvezza; hanno solo inteso significare che riceviamo in quel sacramento la conoscenza e la certezza di quelle grazie, come è sufficientemente illustrato dalle loro stesse parole. Infatti san Paolo associa il battesimo d'acqua e la parola di vita che è l'Evangelo; per dire che dall'evangelo ci vengono dichiarate la nostra purificazione e la nostra santificazione, e nel battesimo questo annunzio riceve conferma e prova. E san Pietro, dopo aver dichiarato che il battesimo ci salva, aggiunge subito che esso non consiste nella purificazione corporea ma nella buona coscienza verso Dio che deriva dalla fede. Al contrario il battesimo non ci promette altra purificazione che quella ottenuta nell'aspersione del sangue di Cristo, raffigurata dall'acqua, data la similitudine del lavare e purificare. Chi potrà dunque affermare che siamo purificati da quell'acqua che invece attesta essere unico e vero lavacro il sangue di Cristo? Per refutare l'errore di quelli che attribuiscono tutto il potere all'acqua non si può trovare migliore argomento che illustrare il significato del battesimo il quale ci distoglie dal considerare, per ottenere salvezza, sia l'elemento visibile che abbiamo sott'occhio, sia ogni altro mezzo, per concentrare invece la nostra attenzione su Gesù Cristo.
3. Né dobbiamo pensare che il battesimo ci sia dato solo per il tempo passato, sì che occorra cercare un nuovo rimedio per i peccati commessi dopo il battesimo. SO bene che anticamente, sulla base di questa errata concezione, alcuni non volevano essere battezzati se non in fin di vita, al momento della morte, per ottenere, in tal modo, piena remissione per i peccati commessi nel corso della vita: questa assurda concezione è però oggetto di critiche frequenti da parte dei vescovi nei loro scritti. Dobbiamo invece essere pienamente certi del fatto che siamo lavati e purificati per tutto il corso della vita, qualsiasi sia il tempo in cui è avvenuto il nostro battesimo. Quando ricadremo in peccato occorrerà perciò ricorrere al ricordo del battesimo e riconfemarci così nella fede, sì da essere certi e convinti della remissione dei peccati. Essendo stato amministrato una volta, sembra appartenere al passato, però non è cancellato dai peccati susseguenti, in quanto la purezza di Cristo che ci viene offerta in esso ha significato perenne e permane, né può essere abolita da nessuna macchia, ma cancella e purifica ogni nostra macchia e ogni nostro peccato. Non dobbiamo certo ricavare da questo invito o licenza a peccare, poiché tale non è il significato della dottrina che viene invece presentata a coloro che, dopo aver peccato, sono in preda allo sconforto sentendosi oppressi e tormentati dal peso del loro peccato, ed è presentata loro affinché ne ricavino forza e consolazione per non cadere in disperazione. Perciò, afferma san Paolo, Gesù Cristo ci è stato fatto propiziazione per la remissione dei peccati commessi in passato (Ro 3.25) , e non intende dire con queste parole che non si abbia in lui remissione perpetua dei peccati sino alla morte, ma intende mettere in evidenza il fatto che è stato dato dal Padre ai poveri peccatori, che, tormentati dal rimorso della coscienza, cercano il medico; al contrario coloro che, ritenendosi impuniti, ne prendono occasione e libertà per peccare provocano l'ira ed il giudizio divino.
4. So bene che l'opinione comune attribuisce la remissione dei peccati, dataci nella nostra rigenerazione iniziale mediante il battesimo, alla penitenza o al potere delle chiavi; quelli che ragionano in questi termini commettono l'errore di non considerare che il potere delle chiavi, di cui fanno menzione, dipende in modo assoluto dal battesimo e non ne può essere in alcun modo separato. È bensì vero che il peccatore ottiene il perdono dei suoi peccati mediante il ministero della Chiesa, ma questo avviene in virtù della predicazione dell'evangelo. In che consiste tale predicazione? Nell'annunzio della purificazione nostra mediante il sangue di Cristo. Ora qual è il segno e la prova di questa purificazione se non il battesimo? Vediamo dunque che tale assoluzione va riferita al battesimo. Questo errore ha generato il sacramento immaginario della penitenza che si usa nel papismo e a cui ho già accennato altrove e che mi riservo di prendere in esame più avanti.
Non c'è da meravigliarsi se questi dottori di menzogna, vincolati, in modo eccessivo, dalla loro stupidità, alle realtà esteriori si sono rivelati così ignoranti su questo punto; non accontentandosi dei segni stabiliti da Dio, ne hanno creati a loro piacimento, quasi il battesimo non fosse, propriamente parlando, un sacramento di penitenza. Se dobbiamo proseguire, durante tutta la vita, la penitenza che Dio ci ordina, è necessario che la forza del battesimo si estenda sino a quel termine. Non esiste pertanto alcun dubbio che i credenti debbano, durante tutta la vita, ricorrere al ricordo del proprio battesimo ogni qualvolta la loro coscienza li accusa, per avere certezza di partecipare all'unica e perpetua purificazione che si trova nel sangue di Gesù Cristo.
5. La seconda consolazione che ci reca il battesimo consiste nel fatto che ci evidenzia la nostra morte in Gesù Cristo e altresì la nostra nuova vita in lui. Poiché, come dice san Paolo, siamo stati battezzati nella sua morte, seppelliti con lui a somiglianza della sua morte, affinché camminassimo in novità di vita (Ro 6.3). Queste parole non intendono solo esortarci ad una imitazione di Cristo, quasi fossimo ammoniti dal battesimo a morire alle nostre concupiscenze sull'esempio e in qualche modo, a somiglianza della morte di Gesù Cristo, e risuscitare per la giustizia sull'esempio della sua resurrezione; l'Apostolo mira molto più in alto: Gesù Cristo ci ha resi, mediante il battesimo, partecipi della sua morte per innestarci in essa. Come un innesto trae la sua sostanza e la sua vita dal tronco su cui è stato innestato, così coloro, che ricevono il battesimo con il dovuto atteggiamento di fede, sentono realmente l'efficacia della morte di Gesù Cristo nella mortificazione della loro carne, e similmente della sua risurrezione nella vivificazione del loro spirito. Da questo fatto trae spunto per esortarci, in seguito, ad essere in quanto cristiani morti al peccato e viventi per la giustizia. A questo stesso argomento ricorre in un altro testo laddove afferma che siamo circoncisi e ci siamo spogliati del vecchio uomo poiché siamo sepolti con Cristo mediante il battesimo (Cl. 2.2). In questo senso l'ha definito nel testo summenzionato: "lavacro della rigenerazione e rinnovamento ". Dio ci promette in tal modo il perdono gratuito dei nostri peccati, per accoglierci come giusti, e la grazia dello Spirito suo per riformarci in vista di una nuova esistenza.
6. La nostra fede riceve altresì conforto dal battesimo per il fatto che non solo ci ricorda che siamo innestati nell'avvenimento della morte e della risurrezione di Gesù Cristo ma che siamo così uniti a lui da esser resi partecipi di tutti i suoi beni. Per questa ragione infatti ha voluto consacrare e santificare il battesimo nel corpo suo (Mt. 3.13) affinché fosse legame duraturo di quella comunione e di quella unione, che ha voluto stabilire con noi. Cosicché san Paolo può dimostrare che siamo figli di Dio deducendolo dal fatto che abbiamo, mediante il battesimo, rivestito Cristo (Ga 3.27). Vediamo così che in lui è il compimento del battesimo, perciò possiamo definirlo realtà specifica e meta del battesimo.
Non stupisce dunque il fatto che gli apostoli abbiano battezzato nel nome suo (At. 8.16; 19.5) , quantunque avessero avuto l'ordine di battezzare anche nel nome del Padre e dello Spirito Santo. Perché tutto ciò che il battesimo ci propone, riguardo ai doni di Dio, si trova nel Cristo soltanto. Non accade però che chi battezza nel nome di Cristo non invochi contemporaneamente il nome del Padre e dello Spirito Santo. L'avere nel sangue di Cristo la nostra purificazione deriva infatti dalla volontà del Padre di misericordia, il quale, secondo la sua incomparabile bontà, ci offre questo mediatore per procurarci perdono in lui Ed otteniamo d'altra parte la nostra rigenerazione nella sua vita e risurrezione se una nuova natura spirituale è in noi edificata mediante la santificazione dello Spirito. Perciò la causa della nostra purificazione e della nostra rigenerazione deve essere vista in Dio Padre, la sostanza nel Figlio, l'efficacia nello Spirito Santo. Così Giovanni per primo, e gli apostoli in seguito, hanno battezzato con battesimo di ravvedimento nella remissione dei peccati (Mt. 3.6-11; Lu 3.16; Gv. 3.23; 4.1; At. 2.38-41); interpretando il termine "ravvedimento" Nel senso di rigenerazione e la remissione dei peccati nel senso di perdono.
7. Da ciò risulta chiaramente che una sola è stata l'amministrazione del battesimo, quella di San Giovanni e quella affidata in seguito agli apostoli. Il battesimo non risulta infatti diverso se amministrato da mani diverse, ma l'identità di dottrina rende unico il battesimo. San Giovanni e gli apostoli sono stati concordi nella professione di una stessa dottrina. Tutti hanno battezzato per la remissione dei peccati, tutti con un battesimo di pentimento, tutti nel nome di Cristo da cui vengono remissione dei peccati e il pentimento. San Giovanni chiama Gesù Cristo l'Agnello di Dio, in cui sono cancellati i peccati del mondo (Gv. 1.29). Con ciò egli ha confessato, dichiarato, attestato essere Cristo il sacrificio gradito al Padre, il Propiziatore, il Salvatore. Che avrebbero potuto aggiungere a tale confessione gli apostoli? Nulla di certo, poiché è già in se pienamente esplicita.
Non ci deve però turbare il fatto che gli Antichi si siano sforzati di distinguere l'un dall'altro i due battesimi. La loro autorità infatti non è tale da distruggere gli argomenti scritturali. Chi vorrà dar credito a san Crisostomo, che nega la remissione dei peccati sia stata inclusa nel battesimo di Giovanni, anziché a san Luca che afferma il contrario: Giovanni ha predicato il battesimo di ravvedimento per la remissione dei peccati (Lu 3.3) ? Né deve essere accettata l'esegesi sottile di sant'Agostino quando asserisce che, mediante il battesimo di Giovanni, i peccati sono stati rimessi in speranza, mentre lo sono stati realmente nel battesimo di Cristo . Se l'Evangelo dichiara esplicitamente che Giovanni ha battezzato per la remissione dei peccati, a che pro sminuire la grazia del suo battesimo quando non ve n'è alcuna necessità? Se qualche differenza si può riscontrare, secondo la parola di Dio, si riduce al fatto che Giovanni battezzava nel nome di colui che doveva venire, gli apostoli nel nome di colui che già si era manifestato.
8. Neppure la maggior dispensazione delle grazie dello Spirito Santo, dopo la risurrezione di Gesù Cristo, stabilisce una qualche diversità fra i due battesimi. Poiché il battesimo che gli apostoli amministravano nel tempo in cui egli predicava in terra veniva amministrato nel nome di lui e nondimeno non recava maggior dispensazione di spirito di quanto facesse il battesimo di Giovanni. Dopo l'Ascensione stessa, i Samaritani, quantunque battezzati nel nome di Gesù, non ricevono grazie superiori a quelle ricevute dai credenti precedentemente, sino al momento in cui furono inviati Pietro e Giovanni per imporre loro le mani (At. 8.14-17). L'interpretazione del battesimo di Giovanni, data dagli Antichi, inteso come preparazione del battesimo di Cristo è frutto, a mio parere, di una errata interpretazione del fatto che san Paolo abbia ribattezzato coloro che avevano ricevuto il battesimo di Giovanni (At. 19.3-5). Perché si tratti di un errore vedremo appresso.
Che significano dunque le parole di Giovanni quando afferma che egli battezza con acqua, ma Gesù Cristo stava per sopraggiungere battezzando con Spirito e fuoco (Mt. 3.2) ? A questo interrogativo si può rispondere brevemente. Egli non ha voluto fare distinzione fra un battesimo e l'altro, ma stabilire un paragone fra la sua persona e quella di Gesù Cristo. Si è dichiarato ministro di acqua, mentre Gesù era donatore dello Spirito Santo e avrebbe manifestato questo potere in un miracolo visibile, il giorno in cui avrebbe inviato ai suoi apostoli lo Spirito Santo sotto forma di lingue di fuoco. Hanno potuto gli apostoli attribuirsi qualcosa di più? Possono forse attribuirsi qualcosa di più coloro che oggi battezzano? Poiché tutti infatti sono solo ministri del segno esteriore ma artefice della grazia interiore è Cristo solo. Gli antichi dottori lo riconoscono, particolarmente sant'Agostino che si vale di questo argomento contro i Donatisti affermando che Gesù Cristo presiede al battesimo indipendentemente dai ministri che lo amministravano.
9. Quanto abbiamo detto riguardo alla mortificazione, l'abluzione e la purificazione fu prefigurato nelle vicende del popolo d'Israele di cui san Paolo poté affermare che era stato battezzato
Nella nuvola e nel mare (1 Co. 10.2). La mortificazione è stata prefigurata quando il Signore, liberando gli Israeliti dalla potenza e dalla crudele servitù di Faraone, aprì loro la via attraverso il Mar Rosso sommergendo Faraone e gli Egiziani, i nemici che li stavano inseguendo (Es. 14.21-28). In modo analogo ci promette nel battesimo e ci dichiara e attesta con segni che, in virtù della sua potenza e del suo intervento, siamo liberati dalla cattività d'Egitto, cioè dalla servitù del nostro peccato, e il nostro Faraone, cioè il Diavolo, è sommerso benché non manchi di metterci alla prova e di opprimerci tuttora. Ma come quell'egiziano annegato, che non rimase nelle profondità del mare ma, rigettato alla riva, spaventava ancora i figli di Israele con il suo terribile aspetto, quantunque non fosse più in grado di nuocere, così quel nemico infernale certo armeggia e si agita senza poter vincere però.
Nella nuvola era stato prefigurato la purificazione. Come nostro Signore in quella occasione li coprì con una nuvola, procurando loro sollievo, affinché non venissero meno o fossero distrutti a causa dell'eccessiva violenza del sole (Nu. 9.15) , così il battesimo ci ricorda che siamo coperti e tutelati dal sangue di Gesù Cristo, affinché la violenza del giudizio divino non cada su noi, fuoco davvero intollerabile.
Questo mistero risultò enigmatico allora e fu rivelato a pochi, ma non essendovi altra possibilità di ottenere salvezza all'infuori di queste due grazie, Dio non ha voluto che i padri antichi, da lui adottati quali eredi, fossero privi di segni e di sacramenti di entrambe.
10. Siamo così in grado di intuire con chiarezza quanto sia falsa la dottrina a cui molti si mantengono ligi secondo cui saremmo, mediante il battesimo, sciolti e liberati dal peccato originale e dalla corruzione che da Adamo scende nella sua posterità, essendo ricondotti a quello stato di giustizia originaria e integrità di natura che Adamo avrebbe posseduta qualora avesse mantenuta l'integrità originaria in cui era stato creato. Questi dottori non hanno mai capito la realtà del peccato originale, e ancora meno ciò che rappresenta la grazia del battesimo.
È stato detto più sopra che per peccato originale deve intendersi una perversione e corruzione della nostra natura, che ci rende anzitutto meritevoli della punizione divina e della dannazione, e infine produce in noi le opere che la Scrittura definisce "opere della carne " (Ga 5.19). Questi due elementi debbono essere considerati indipendentemente l'uno dall'altro: innanzitutto, essendo viziosi e pervertiti in tutta la nostra natura, siamo sin d'ora ed a ragione giudicati condannati da Dio cui nulla è accettevole all'infuori della giustizia, dell'innocenza, della purezza. Pertanto i bambini stessi recano in se dal ventre materno la propria dannazione, avendo i germi della propria iniquità, anche se non ne hanno ancora i frutti, anzi essendo tutta quanta la loro natura seme di peccato. Per questa ragione essa non può che essere odiosa e abominevole a Dio.
Ai credenti è invece data assicurazione, nel battesimo, che questa dannazione è stata loro tolta, poiché, come abbiamo detto, il Signore ci promette in questo segno che ci è data piena e completa remissione dei peccati sia per quanto concerne la colpa, che dovrebbe esserci imputata, sia per quanto concerne la pena che avremmo dovuto subire a causa di questa colpa. E altresì ricevono giustizia, quale però il popolo di Dio può ottenere in questa vita, cioè giustizia imputata, in quanto nostro Signore si degna considerarli giusti e innocenti nella sua misericordia.
11. Il secondo elemento da considerare è il fatto che questa perversità non si estingue mai in noi, ma costantemente produce nuovi frutti, cioè le opere della carne che abbiamo sopra descritte, come una fornace accesa vomita fiamme e faville, come una sorgente lascia fluire la sua acqua. Poiché la concupiscenza non muore né mai si spegne interamente nell'uomo sino a che, liberato nella morte dal suo corpo mortale, non risulti interamente spogliato di se stesso.
Indubbiamente il battesimo ci promette che il nostro Faraone è sommerso e la nostra carne è vinta, non in modo tale però da non causarci più problemi; soltanto non ne siamo più dominati. Fintantoché vivremo rinchiusi in questo carcere corporale avranno sede in noi resti e tracce di peccato; manterremo, per fede, le promesse che da Dio ci sono state date nel battesimo? Non avranno su di noi dominio e forza.
Nessuno tuttavia s'inganni o s'illuda, udendo che il peccato abita sempre in noi. Questo non significa che, già troppo inclini al male, ci dobbiamo adagiare placidamente nel peccato, ma è detto affinché coloro che sono tormentati, provocati dalla carne, non si lascino prendere dallo sconforto, perdendo coraggio e volontà, ma piuttosto si sappiano in cammino e considerino i loro progressi vedendo svanire di giorno in giorno, le loro concupiscenze finché siano giunti alla meta, cioè all'annullamento della propria carne, al termine di questa vita mortale. E nondimeno non desistano dal combattere con coraggio, si rincuorino nell'incitarsi a vicenda, e nel progredire, e nel tendere alla vittoria. Poiché vedendo che, malgrado gli sforzi, grandi difficoltà permangono tanto più si sentano spinti a progredire.
Dobbiamo dunque sapere e ricordare che siamo battezzati in vista della mortificazione della nostra carne che ha avuto inizio sin dal battesimo e si prosegue tutti i giorni della presente esistenza; ma raggiungerà la perfezione quando saremo passati da questa vita al Signore.
12. Affermando questo non diciamo nulla di diverso da quanto afferma san Paolo nel capitolo settimo della lettera ai Romani. Dopo aver parlato della giustizia gratuita, e rispondendo ad alcuni malvagi che traevano dalla sua dottrina la conclusione che possiamo ben vivere secondo il nostro piacere, in quanto non siamo graditi a Dio per i nostri meriti, aggiunge infatti che tutti coloro, che sono rivestiti della giustizia di Cristo, sono anche rigenerati dallo Spirito suo e di tale rigenerazione il battesimo rappresenta la cauzione. Di qui trae l'esortazione ai credenti a non lasciare le proprie membra essere dominate dal peccato. Sapendo però che i credenti sono soggetti perennemente a molte infermità per tema di scoraggiarli aggiunge a mo' di consolazione che non sono più sotto la Legge.
D'altra parte, poiché alcuni avrebbero potuto trarre occasione a peccare dalla sua affermazione, che i credenti non sono più sotto il giogo della Legge, illustra qual sia stato l'uso della Legge e che rappresenti la sua abolizione. Il sunto della sua trattazione si può esprimere così: siamo liberati dalla schiavitù della Legge per aderire a Cristo, e la funzione della Legge è di convincerci della nostra perversione per condurci alla confessione della nostra debolezza e miseria.
Ora poiché la malizia della nostra natura non risulta così evidente in un uomo carnale, trascinato dalle sue concupiscenze senza timore di Dio, egli trae esempio dalla sua persona in quanto credente rigenerato dallo Spirito di Dio. Afferma dunque di dover condurre una lotta costante contro i residui della sua carne ed essere trattenuto prigioniero talché non può obbedire pienamente alla Legge di Dio ed è costretto a dichiararsi infelice ed a chiedere chi possa liberarlo (Ro 7, z4). Se i figli di Dio risultano prigionieri e incarcerati, durante questa vita mortale, non possono che sentirsi in grande angoscia pensando al pericolo che li minaccia. Egli aggiunge dunque una consolazione al riguardo, non esservi condanna alcuna per quelli che sono in Gesù Cristo (Ro 8.1). Con questo egli vuole affermare che coloro che Dio ha accolto una volta in grazia e incorporati nella comunione di Gesù Cristo adottati nella comunità dei credenti mediante il battesimo perseveranti nell'obbedienza della fede sono perdonati e ritenuti innocenti dinanzi al tribunale di Dio
Quantunque guerreggi il peccato costantemente contro di loro, anzi lo portino in sé.
Ci atteniamo dunque letteralmente alla dottrina paolinica affermando che nel battesimo il peccato è cancellato quanto alla colpa ma permane in ogni credente, sino alla morte quanto alla materia.
13. Il battesimo giova alla nostra confessione pubblica in quanto rappresenta un segno ed un attestato con cui dichiariamo di voler essere annoverati fra i membri del popolo di Dio, attestiamo di voler con tutti i cristiani partecipare al servizio di un Dio solo ed all'unica religione, con i quali infine manifestiamo pubblicamente la nostra fede, affinché Dio non sia lodato solo interiormente ma dalla nostra lingua e dalle membra tutte del nostro corpo, nella forma che risulta loro possibile. Così facendo impegnamo, come si conviene, tutto l'essere nostro al servizio della gloria di Dio che deve essere presente in ogni cosa e incitiamo gli altri, Cl. Nostro esempio, a fare altrettanto. A questo pensava san Paolo ricordando ai Corinzi che erano stati battezzati nel sangue di Cristo (1 Co. 1.13). Egli intendeva ricordare che a lui si erano consacrati riconoscendolo quale Signore e maestro e avevano assunto l'impegno della fede in lui dinanzi agli uomini, cosicché si trovavano nell'impossibilità di confessare altri che lui a meno di rinnegare la confessione fatta al battesimo.
14. Avendo illustrato a qual fine e per quali ragioni nostro Signore ha istituito e stabilito il battesimo risulta facile illustrare quali ne debbano essere l'uso e la modalità. Essendoci offerto per confermare, fortificare, consolare la nostra fede dobbiamo riceverlo come dato dalla mano di Dio stesso e ritenere come fatto certo e indiscutibile che egli stesso si rivolge a noi in quel segno, ci purifica, ci netta, cancella il ricordo dei nostri peccati, ci rende partecipi della sua morte, distrugge e domina le forze del Diavolo e della nostra concupiscenza, anzi si unisce a noi affinché siamo con tale unione considerati figli di Dio.
Ci è dunque domandato di credere e ritenere con fermezza che interiormente, nell'anima nostra, tutte queste cose si compiono in modo altrettanto indubitabile quanto è indubitabile il fatto che esteriormente il nostro corpo risulta lavato dall'acqua, annegato e sommerso in essa. Questa analogia o similitudine rappresenta infatti la realtà profonda dei sacramenti, cosicché vedendo le realtà materiali siamo condotti a vedere le realtà spirituali, quasi fossero poste innanzi ai nostri occhi, poiché è piaciuto al Signore presentarcele in questa forma. Non già che queste grazie siano vincolate al sacramento o rinchiuse in esso o ci siano confermate per virtù di quello ma unicamente perché il Signore ci dichiara la sua volontà con questi segni, che cioè intende darci tutte queste cose e non illude solo i nostri sguardi con spettacoli vuoti e privi di sostanza ma ci conduce alla realtà stessa in modo indubitabile e attua nella realtà ciò che presenta in forma figurata.
15. Questo appare evidente nel caso del centurione Cornelio il quale, pur avendo ricevuta la remissione dei suoi peccati e le grazie visibili dello Spirito Santo, fu nondimeno battezzato (At. 10.48); non per ottenere mediante il battesimo una più ampia remissione dei peccati, ma una maggior certezza di fede, anzi un accrescimento della fede stessa mediante il pegno che gli veniva dato.
Qualcuno, forse, muoverà una obiezione: se i peccati non sono perdonati mediante il battesimo perché Anania dichiarò a san Paolo che nel battesimo otteneva la purificazione dei suoi peccati? (At. 9.17). Risponderò facendo osservare che sta scritto che riceviamo e otteniamo ciò che crediamo esserci dato da Dio sia che ne abbiamo conoscenza per la prima volta in quell'atto sia che avendolo precedentemente conosciuto ne otteniamo maggior certezza. Anania perciò ha inteso dire questo con le sue parole: Paolo sii battezzato, affinché tu abbia la certezza che i tuoi peccati ti sono rimessi perché il Signore promette nel battesimo la remissione dei peccati, ricevi questa promessa e tienila per certa. Non intendo certo sminuire in alcun modo la forza del battesimo affermando che la realtà e la verità siano disgiunte dal segno. Dio infatti opera mediante questi segni esteriori.
Del resto non ricaviamo da questo sacramento più di quanto abbiamo ricevuto per fede, in assenza della quale si muterà per noi in accusa di ingratitudine per non aver creduto alla promessa che vi era associata; ma poiché il battesimo è segno e attestato della nostra confessione, dobbiamo con esso attestare che la nostra fiducia è posta nella misericordia divina, la nostra purezza nella remissione dei peccati ottenuta in Gesù Cristo, ed entriamo nella Chiesa di Dio per vivere in comunione di fede e di carità con tutti i credenti. È quanto Paolo ha inteso affermare quando ha detto che siamo tutti battezzati in un medesimo spirito per essere un corpo solo (1 Co. 12.13).
16. Se quanto abbiamo stabilito risulta vero, che cioè il sacramento non deve essere preso come proveniente dalla mano di colui che lo amministra ma dalla mano stessa di Dio, da cui è senza dubbio inviato, si deve concludere che la dignità personale di colui che lo amministra non è in grado di aggiungere o togliere nulla alla sua dignità. Come nei rapporti umani un messaggio scritto è valido purché sia nota la mano e la scrittura del mittente e questo indipendentemente dalla persona e dalla natura del latore, così deve essere sufficiente per noi conoscere la mano e i segni del Signore nei suoi sacramenti, indipendentemente dai messaggeri che li recano a noi.
È così refutato e distrutto l'errore dei Donatisti che valutavano il significato e la portata del sacramento in base alla dignità e al valore del ministro. Tali sono oggi i nostri Anabattisti che contestano la validità del nostro battesimo in quanto amministrato da infedeli e idolatri sotto il dominio del Papa; perciò richiedono con furore la ripetizione del battesimo. Contro tali follie siamo sufficientemente premuniti ricordandoci che non siamo stati battezzati nel nome di un qualche uomo, ma nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, e il battesimo risulta pertanto da Dio e non da uomini, chiunque sia stato ad amministrarlo. Quale possa essere stata l'ignoranza o il disprezzo di Dio degli uomini che ci battezzavano non è nella comunione della ignoranza e dell'empietà loro che siamo stati battezzati ma nella fede in Gesù Cristo. Non hanno infatti invocato il loro nome, ma quello di Dio e non ci hanno battezzato in nessun altro nome che il suo. Se quel battesimo era da Dio, non c'è dubbio che avesse la remissione dei peccati, la mortificazione della carne, la vivificazione spirituale, la partecipazione al Cristo. Analogamente quando gli Ebrei erano circoncisi dai loro sacerdoti spesso corrotti sino all'apostasia, non ne ebbero danno, né il segno risultò inutile al punto da doversi ripetere, ma è stato sufficiente risalire sempre alla pura origine.
La loro obiezione, fondata sul fatto che il battesimo deve essere amministrato nella comunità dei credenti, non implica che ne sia smarrita la forza quando risulti viziato in un punto. Quando insegnamo ciò che occorre fare perché il battesimo risulti puro, valido, senza errori, non neghiamo l'istituzione di Dio quando degli idolatri l'abbiano corrotta. Infatti quantunque la circoncisione fosse anticamente corrotta da molti elementi superstiziosi, non ha cessato di essere considerata segno della grazia di Dio; e i santi re Giosia ed Ez.chia non hanno costretto o indotto a ripetere la circoncisione quelli che in Israele si erano ribellati a Dio.
17. A coloro che ci domandano quale fede abbia mai fatto seguito al battesimo durante molti anni, per poter concludere che esso risulta vano non essendo santificato perché la promessa della fede deve essere accolta con fede, rispondiamo che certamente, per lunghi anni, il nostro atteggiamento è stato quellodella cecità e dell'incredulità e non abbiamo accolte le promesse che ci venivano date nel battesimo. Tuttavia questa promessa, in quanto promessa di Dio è stata sin da allora e costantemente vera e sicura. Dio non vien meno alla sua promessa quand'anche tutti gli uomini fossero bugiardi e infedeli. Cristo permane nostra salvezza quand'anche tutti fossero perduti e dannati. Ammettiamo perciò che il battesimo non ci abbia recato in quel tempo profitto alcuno, risultando disprezzata la promessa in esso offertaci e senza la quale non è nulla. Ora però avendo per grazia di Dio cominciato ad emendarci, confessiamo la nostra cecità e la nostra durezza di cuore per essere stati così a lungo ingrati, non riteniamo però che la promessa di Dio sia annullata, anzi pensiamo questo: Dio promette nel battesimo remissione dei peccati e manterrà la sua promessa per i credenti tutti. Questa promessa è stata offerta al battesimo, accettiamola dunque per fede. Fu certo lungamente sepolta, per lungo tempo, a causa della nostra infedeltà, riscopriamola dunque ora per fede. Quando il Signore invita il popolo giudaico a pentirsi non ordina a coloro che sono stati circoncisi per mano d'iniqui o sacrileghi e che hanno vissuto durante qualche tempo nell'iniquità di procedere ad una nuova circoncisione, richiede solamente la conversione del cuore. Poiché il segno del suo patto permaneva inviolabile e stabile come egli l'aveva istituito anche se il patto stesso risultava da essi violato. Li accoglieva dunque alla sola condizione che tornassero a pentirsi, confermando il patto stabilito una volta nella circoncisione, quantunque fosse stata praticata da cattivi sacerdoti e risultasse distrutta dalle loro stesse iniquità, che ne avevano annullato l'effetto.
18. Questi contraddittori hanno l'impressione di averci colpiti con dardo infuocato citando il caso di san Paolo, che ribattezzò coloro che erano stati battezzati del battesimo di san Giovanni (At. 19.3-5). Se infatti il battesimo di Giovanni risulta, come abbiamo affermato, identico al nostro non si spiega perché costoro fossero stati male battezzati e dovessero essere ribattezzati dopo essere stati ammaestrati nella retta fede; ne deriva di conseguenza che dobbiamo essere battezzati di nuovo nella vera religione che abbiamo ora cominciato a gustare.
Alcuni interpretano il passo nel senso che dovrebbe trattarsi di qualche irresponsabile imitatore di san Giovanni che battezzò costoro non nella verità ma in vane superstizioni. Il loro argomento si fonda sulla constatazione che questi non conoscevano lo Spirito Santo, ignoranza in cui san Giovanni non poteva lasciarli. Non è d'altra parte possibile che dei Giudei, quand'anche non fossero battezzati, non avessero alcuna conoscenza dello Spirito di cui veniva spesso fatta loro menzione nella Scrittura. La loro risposta, che cioè essi non conoscono lo Spirito Santo deve intendersi così: essi non sanno che le grazie dello Spirito Santo, di cui Paolo parla, siano date ai discepoli di Cristo.
Per conto mio penso si debba ammettere che il primo battesimo, dato a costoro, sia stato il vero battesimo di san Giovanni, identico a quello di Gesù Cristo; nego però siano stati ribattezzati. Che significano in tal caso le parole: furono battezzati nel nome di Gesù? Alcuni le interpretano nel senso che Paolo li istruì nella pura e buona dottrina; preferisco interpretarlo come una allusione al battesimo dello Spirito Santo; le grazie visibili dello Spirito Santo furono loro date mediante l'imposizione delle mani. Grazie spirituali che frequentemente, nella Scrittura, sono dette battesimo. Così nel giorno della Pentecoste i discepoli si rammentarono delle parole del Signore riguardo al battesimo di Spirito e di fuoco (At. 1.5). E san Pietro battezzando Cornelio e la sua famiglia dichiara che le grazie sparse su Cornelio e i suoi gli ricordano le stesse parole (At. 11.16). Non è in contrasto con questo l'affermazione che segue: quando ebbi imposto le mani lo Spirito Santo scese su loro. Poiché san Luca non dice due cose diverse ma usa una forma narrativa caratteristica degli Ebrei che enunciano dapprima la cosa e poi la sviluppano. Ognuno lo può vedere dalla stessa narrazione. È infatti detto: Udite queste cose furono battezzati nel nome di Gesù; quando san Paolo ebbe loro imposte le mani, lo Spirito Santo scese su loro. Questa ultima frase definisce quel battesimo.
Se il primo battesimo dovesse ritenersi annullato, a causa dell'ignoranza di quelli che l'avevano ricevuto, al punto che se ne richiedesse un'altro, per primi avrebbero dovuto essere ribattezzati gli apostoli, che vissero tre anni dopo il loro battesimo senza gran conoscenza della dottrina divina. Detto fra noi, quale oceano sarebbe sufficiente a ripetere il battesimo reso necessario dalle lacune che nostro Signore corregge quotidianamente in noi?
19. Il significato, la dignità, l'utilità ed il fine di questo mistero sono, penso, sufficientemente chiarite.
Riguardo al segno esteriore sarebbe da augurarsi che la istituzione di Gesù Cristo fosse stata, nella sua integrità, oggetto del rispetto che meritava in vista di porre un freno all'intemperanza degli uomini. Quasi si trattasse di un fatto spregevole o di scarso valore il battezzare in acqua, secondo l'ordine di Gesù Cristo, si è inventata una benedizione solenne, piuttosto una congiura e un incantesimo per corrompere la autentica consacrazione del, l'acqua. Si è poi aggiunto il cero Cl. Crisma. Si è creata l'opinione che il soffio per scongiurare il Diavolo aprisse la porta al battesimo. Quantunque l'origine di queste stranezze sia antica è lecito tuttavia respingere tutto ciò che gli uomini hanno avuto l'ordine di aggiungere all'istituzione di Gesù Cristo.
Del resto il Diavolo, constatando quanto fossero facilmente accolte, sin dall'inizio dell'evangelo, le sue infamie dalla credulità della gente ha preso ardire nell'inventare beffe ancor più grossolane. Da qui traggono origine il loro sputo, il loro sale e altre sciocchezze che sono state introdotte con orribile licenza a beffa e vituperio del battesimo. Impariamo dunque sulla scorta di tali esperienze che non c'è santità migliore e più sicura di quella che consiste nell'attenersi semplicemente all'autorità di Gesù Cristo. Molto meglio sarebbe stato, che si lasciassero da parte quegli atteggiamenti da farsa che abbagliano gli occhi dei semplici e istupidiscono i loro sensi, e dovendosi battezzare qualcuno, lo si presenti alla Chiesa per essere offerto a Dio da tutti con preghiera, recitare la confessione di fede e illustrare il significato del Battesimo lasciando all'atto la sua semplicità, come la Scrittura lo presenta, fossero annunziate le promesse contenute nel battesimo, indi fosse battezzato nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo e fosse infine congedato con preghiere e azioni di grazie. Così facendo, nulla sarebbe omesso dell'essenziale e questa cerimonia, di cui Dio solo è autore, risalterebbe in tutta la sua luce senza essere oscurata da nessuna sozzura estranea.
Per il rimanente si immerga intieramente il battezzato nell'acqua, si spanda dell'acqua su di lui, la cosa è priva di importanza; si lasci questo alla libertà della Chiesa tenendo conto della diversità dei luoghi. Il segno è infatti presente nell'uno caso come nell'altro. Quantunque il termine "battezzare "significhi mmergere interamente e risulti chiaramente che questa sia stata la prassi della Chiesa antica.
20. È opportuno ricordare, a questo punto, che l'amministrazione del battesimo o della Cena da parte di un privato è cosa perversa. La dispensazione sia dell'uno che dell'altra infatti compete al ministero pubblico. Non a donne o a privati Gesù Cristo ha dato l'ordine di battezzare, ma ha affidato questo incarico a coloro che aveva ordinato apostoli. E nell'ordinare ai suoi discepoli di ripetere, celebrando la Cena, quanto egli aveva fatto ha indubbiamente voluto significare che, secondo l'esempio suo, ad uno solo era affidato l'incarico di dispensare il sacramento agli altri.
Destituita di fondamento è la prassi introdotta anticamente, quasi agli inizi della Chiesa, secondo cui un uomo privato può, n assenza del ministro, impartire il battesimo ad un fanciullo in pericolo di morte . Gli stessi antichi, nel praticare quest'uso o nel tollerarlo non erano neppure certi della sua bontà; sant'Agostino infatti si esprime al riguardo in forma dubbiosa e non è in grado di stabilire se questo venga fatto senza commettere peccato.
Riguardo alle donne, il sinodo di Cartagine decretò a suo tempo che non battezzassero, pena la scomunica.
Affermare che qualora un bambino morisse senza battesimo risulterebbe privato della grazia della rigenerazione, è pura follia. Dio dichiara di voler adottare i nostri figli e considerarli suoi prima della loro nascita affermando che sarà il Dio della nostra progenie dopo di noi. In questa parola la loro salvezza ha il suo fondamento e la sua garanzia; recheremmo offesa troppo grave a Dio negando che la sua promessa sia in grado di attuare quanto afferma.
Pochi si rendono conto del carattere pernicioso di questa affermazione male intesa e Malpresentata, che cioè il battesimo sia richiesta di necessità per la salvezza. La lasciano circolare con eccessiva libertà. Se infatti questa opinione dovesse risultare vera: che sono dannati tutti coloro che non hanno potuto essere immersi nell'acqua, saremmo in una condizione peggiore del popolo antico in quanto la grazia di Dio sarebbe più limitata di quanto fosse al tempo della Legge. E si giungerebbe così alla conclusione che Gesù Cristo non è venuto per compiere le promesse ma per distruggerle; la promessa della salvezza aveva efficacia prima dell'ottavo giorno, quando la circoncisione non era ancora stata praticata, oggi risulterebbe priva di efficacia senza essere coadiuvata dal segno.
21. Risulta però dai testi dei dottori più antichi quale fosse la prassi della Chiesa prima della nascita di sant'Agostino. Tertulliano, anzitutto, dichiara non esser lecito ad una donna di parlare, insegnare, battezzare, offrire l'eucaristia per non usurpare alcuna condizione propria dell'uomo, e tanto meno del prete . Abbiamo una valida e documentata testimonianza in Epifanio quando muove a Marcione il rimprovero di concedere alle donne di battezzare. Si obietta che la diversità della prassi è motivata dall'urgenza delle necessità. Epifanio, però dichiarando che l'autorizzare le donne a battezzare è una beffa, non fa menzione di alcuna eccezione, risulta dunque evidente che egli intende condannare in forma categorica questo abuso, senza possibilità di eccezione. Similmente quando afferma nel libro terzo che non è stato lecito neppure alla vergine Maria battezzare non è il caso di porre limiti alla sua affermazione.
22. L'esempio di Sefora (Es. 4.25) , citato al riguardo, è del tutto fuori luogo; affermano che essa circoncise il figlio e placò l'angelo di Dio così facendo, ne deducono scioccamente che Dio approvò questo gesto. Con un ragionamento analogo si dovrebbe affermare che Dio gradì il culto sincretista resogli in Samaria da quelli che erano stati inviati dall'oriente per il fatto che le fiere cessarono di molestarli.
È facile dimostrare invece, con molti altri argomenti, che è ridicolo assumere quale esempio l'atteggiamento di quella sciocca donna. Si potrebbe osservare che si tratta di un atto eccezionale che non ha valore normativo; non si legge che vi sia stato anticamente esplicito ordine ai preti di circoncidere e non essendoci diversità tra la situazione odierna e quella antica non possono che avere la bocca chiusa coloro che autorizzano le donne a battezzare. Sono infatti esplicite le parole di Gesù Cristo: "Andate, ammaestrate tutti i popoli e battezzateli! " (Mt. 28.19). Non avendo egli ordinato per battezzare altri ministri che quelli cui ha affidato il compito di predicare l'Evangelo non essendo lecito ad alcuno, secondo la testimonianza dell'apostolo, usurpare nella Chiesa alcuna dignità, a meno di esserci chiamato come Aronne (Eb. 5.4) agisce malamente e si inserisce in modo illecito nella carica altrui chi pensi poter battezzare senza legittima vocazione. San Paolo dichiara essere peccato ogni azione, sia pure la più insignificante, quale il bere o il mangiare, intrapresa senza convinzione di fede (Ro 14.23). È dunque colpa assai maggiore e grave il battesimo amministrato da una donna in quanto risulta evidente la violazione della norma data da Cristo sappiamo infatti che è sacrilego il separare cose che Dio ha congiunte.
Tralasciando tutte queste argomentazioni invito i lettori a considerare il fatto che la moglie di Mosè non ha cercato altro se non offrire il suo servizio a Dio. Vedendo il figlio in pericolo di morte si indispettisce e protesta e scaglia a terra il prepuzio non senza un sentimento di collera, si scaglia contro il marito e così facendo si inasprisce e si ribella contro Dio. Tutta la sua azione deriva insomma da una passionalità sregolata in quanto si inasprisce e si sfoga contro Dio ed il marito vedendosi costretta a spargere il sangue del figlio. E quand'anche avesse agito bene in tutto il rimanente; è temerarietà imperdonabile il presumere circoncidere suo figlio in presenza di Mosè profeta di Dio sì grande che non si ebbe il pari in Israele; non le era lecito compiere quell'atto più di quanto sia lecito oggi ad una donna amministrare il battesimo in presenza di un vescovo.
Del resto tutti questi problemi risulteranno risolti quando sarà sradicata dallo spirito degli uomini la fantasticheria che i bambini siano esclusi dal regno del Paradiso se non hanno ricevuto il battesimo. Come abbiamo detto si reca grave offesa alla verità di Dio quando non ci si affida ad essa con la coscienza che possiede pieno ed assoluto potere di salvare. Il sacramento viene aggiunto in seguito come un suggello, non per conferire forza, alla promessa, quasi risultasse debole in se stessa, ma solamente per rettificarla nei nostri riguardi affinché la sappiamo tanto più sicura. Da ciò consegue che i bambini di credenti non sono battezzati per diventare figli di Dio come se già non gli appartenessero in precedenza e fossero stati estranei alla Chiesa; lo sono invece affinché sia dichiarato, mediante questo attestato solenne, che sono ricevuti nella Chiesa come già facenti parte di essa Quando non sorgono contestazioni o trascuratezze non esiste pericolo. La miglior cosa è dunque avere l'ordine di Dio in tale considerazione da non voler ricevere i sacramenti da altro luogo che quello da lui voluto. Ora ne ha affidato la dispensazione alla Chiesa. Qualora dunque non li possiamo ricevere da essa non dobbiamo pensare che la grazia dello Spirito Santo sia ad essi vincolata in modo da non potersi ottenere in virtù della sola parola di Dio.