La Confessione di Fede Belga

Articolo 1: L’unico Dio
Noi tutti crediamo con il cuore e confessiamo con la bocca che vi è un'unica (Ef. 4:6; De. 6:4; 1 Ti. 2:5; 1 Co. 8:6) e semplice essenza spirituale (Gv. 4:24) che noi chiamiamo Dio eterno (Is. 40:28), imperscrutabile (Ro. 11:33), invisibile (Ro. 1:20), immutabile (Ml. 3:6), infinito (Is. 44:6); il quale è perfettamente sapiente (1 Ti. 1:17), giusto (Gr. 12:1), buono (Mt. 19:17) e sor­gente sovrabbondante di ogni bene (Gm. 1:17; 1 Cr. 29:10.11.12)

Articolo 2: I mezzi attraverso I quali conosciamo Dio
Noi lo conosciamo in due modi. In primo luogo, attra­verso la creazione, la conduzione e il governo dell'universo (Sl. 19:2; Ef. 4:6), che è davanti ai nostri occhi come un bel li­bro, al quale tutte le creature, piccole e grandi, servono da let­tere per farci contemplare le cose invisibili di Dio, cioè la sua eterna potenza e la sua divinità, come dice l'apostolo Paolo (Ro. 1:20); tutte queste cose sono sufficienti per convincere gli uomini e renderli inescusabili. In secondo luogo, egli si fa co­noscere a noi più manifestamente ed evidentemente attraverso la sua santa e divina Parola (Sl. 19:8; 1 Co. 12:6), cioè così chia­ramente quanto richiede in questa vita la sua gloria e la sal­vezza dei suoi.

Articolo 3: La Parola scritta di Dio
Confessiamo che questa parola di Dio non è stata inviata o trasmessa dalla volontà umana, ma che santi uomini, mossi dallo Spirito di Dio, hanno parlato, come dice s. Pietro (2 Pi. 1:21). E che, in seguito, per la speciale cura che il nostro Dio ha di noi e della nostra salvezza, ha comandato ai suoi servi, i pro­feti (Es. 4:4; Sl. 102:19; Ab. 2:2) e gli apostoli (2 Ti. 3:16; Ap. 1:11), di redigere i suoi oracoli per iscritto. E lui stesso ha scritto con il suo proprio dito le due tavole della legge (Es. 31:18). Perciò, noi chiamiamo questi scritti le sacre e divine Scritture.

Articolo 4: I libri canonici
Comprendiamo la sacra Scrittura nei due volumi dell'Antico e del Nuovo Testamento, che sono libri canonici contro i quali non si può replicare. Tale è il loro numero nella chiesa di Dio. I cinque libri di Mosè, il libro di Giosuè, dei Giudici, Rut, due libri di Samuele e due dei Re, i due libri delle Crona­che detti Paralipomeni, il primo di Esdra, Neemia, Ester, Giobbe, i salmi di Davide, i tre libri di Salomone, cioè i Pro­verbi, l'Ecclesiaste e il Cantico, i quattro grandi profeti: Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele. Poi gli altri dodici profeti mi­nori. Il Nuovo Testamento, i quattro evangelisti san Matteo, san Marco, san Luca e san Giovanni, gli Atti degli apostoli, le quattordici lettere dell'apostolo Paolo e le sette lettere degli altri apostoli, l'Apocalisse di s. Giovanni apostolo.

Articolo 5: L’autorità della Scrittura
Noi riceviamo solo tutti questi libri come santi e canonici per regolare, fondare e stabil1 Re la nostra fede: e crediamo, senza dubbio alcuno, tutte le cose che sono contenute in essi, non tanto perché la chiesa li riceve e li approva come tali, ma soprattutto perché lo Spirito Santo testimonia nei nostri cuori che essi vengono da Dio e anche perché ne recano la prova in se stessi, quando gli stessi ciechi possono sentire che succe­dono realmente le cose che vi sono state predette.

Articolo 6: La differenza fra i libri canonici e quelli apocrifi
Noi poniamo una differenza fra questi libri santi e i libri apocrifi, che la chiesa può certamente leggere e trame istru­zioni sulle cose in cui essi concordano con i libri canonici, ma essi non hanno una forza e virtù tale che, in base alla loro testi­monianza, si possa stabil1 Re qualcosa circa la fede o la religione cristiana e tanto meno che essi possano sminu1 Re l'autorità de­gli altri.

Articolo 7: La sufficienza della Scrittura
Crediamo che questa sacra Scrittura contiene perfettamente la volontà divina e che vi è sufficientemente insegnato (2 Ti. 3:15.16.17; 1 Pi. 1:1; Pr. 30:5; Ga. 3:15; Ap. 22:18; Gv. 15:15; At. 20:27; Ro. 15:4; Gv. 4:25) tutto ciò che l'uomo deve credere per essere salvato. Infatti, poiché vi è ampiamente descritto tutto il modo del servizio che Dio esige da noi, gli uomini, fos­sero pure gli apostoli, non devono insegnare diversamente (1 Ti. 1:3; 2 Gv. 10; 1 Pi. 4:11; 1 Co. 15:2.3; 2 Ti. 3:14; At. 26:22) da come ci è stato già insegnato dalle sacre Scritture; anzi, nep­pure se fosse un angelo del cielo, come dice s. Paolo; in realtà, il fatto che è proibito aggiungere o togliere qualsiasi cosa alla parola di Dio (Ga. 1:8.9; 1 Co. 15:2; At. 26:22; Ro. 15:4; 1 Pi. 4:11; 2 Ti. 3:14) dimostra chiaramente che la dottrina è perfettissima e compiuta da ogni punto di vista (De. 12:32; Pr. 30:6; Ap. 22:18; Gv. 4:25). Così pure, non bisogna paragonare gli scritti degli uomini, per quanto santi possano essere stati, agli scritti divini (Mt. 15:3 e 17:5; Mr. 7:7; Is. 1:12; 1 Co. 2:4), né alla verità di Dio (Is. 1:12; Ro. 3:4; 2 Ti. 4:3-4) (poiché la verità è al di sopra di tutto) gli usi e costumi, il gran numero, l'antichità, la succes­sione dei tempi o delle persone, i concili, i decreti o gli statuti, poiché tutti gli uomini sono di per sé bugiardi (Sl. 62:10) e più vani della stessa vanità. Pertanto, rigettiamo dal più profondo del nostro cuore tutto ciò che non si accorda con questa regola infallibile (Ga. 6:16; 1 Co. 3:11; 2 Ts. 2:2), come ci hanno inse­gnato a fare gli apostoli, là dove dicono: «Mettete alla prova gli spiriti per vedere se essi vengono da Dio» (1 Gv. 4:1). Similmente: «Se qualcuno viene da voi e non porta questa dottrina, non ricevetelo nella vostra casa» (2 Gv. 10).

Articolo 8: La Trinità
Seguendo questa verità e parola di Dio, noi crediamo in un solo Dio, che è una sola Essenza (Is. 43:10), distinta realmente e in verità, ed eternamente in tre persone (1 Gv. 5:7; Eb. 1:3), se­condo le sue proprietà incomunicabili, cioè il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo (Mt. 28:19); il Padre essendo causa, origine e inizio di tutte le cose, visibili e invisibili (1 Co. 8:6; Cl. 1:16). Il Figlio che è la Parola (Gv. 1:1; 1 Gv. 1:1.2; Ap. 19:13; Pr. 8:12; 1 Gv. 5:7), la Sapienza (Pr. 8:12.22 ecc.) e l'Immagine del Padre (Cl. 1:15; Eb. 1:3). Lo Spirito Santo la Virtù e Potenza eterna (Mt. 12:28), che procede dal Padre e dal Figlio (Gv. 15:26; Ga. 4:6). E tuttavia una tale distinzione non fa sì che Dio sia diviso in tre, poiché la Scrittura ci insegna che il Padre, il Figlio e lo Spi­rito Santo hanno ognuno la sua sostanza, distinta da certe pro­prietà, ma in modo tale che queste tre persone sono un solo Dio. È quindi evidente che il Padre non è il Figlio e che il Fi­glio non è il Padre; similmente, che lo Spirito Santo non è né il Padre né il Figlio. Ciò nondimeno, queste Persone così distinte non sono divise, né confuse, né mescolate, poiché il Padre non ha assunto la carne, e neppure lo Spirito Santo, ma soltanto il Figlio (Fl. 2:6.7; Ga. 4:4). Il Padre non è mai stato senza il suo Figlio né senza il suo Santo Spirito, poiché tutti e tre sono di uguale eternità, in una stessa essenza. Non vi è né primo né ul­timo, poiché tutti e tre sono uno, in verità e potenza, in bontà e misericordia.

Articolo 9: Testimonianze bibliche della Trinità
Conosciamo tutte queste cose sia dalle testimonianze della Sacra Scrittura che dagli effetti, e soprattutto da quelli, che sentiamo in noi stessi. Le testimonianze delle sacre Scritture, che ci insegnano a credere questa santa Trinità, sono scritte in molti passi dell'Antico Testamento, che non è necessario elencare, quanto piuttosto scegliere e discernere. Nel libro della Genesi Dio dice: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza, ecc.» (Ge. 1:26.27). Dio creò dunque l'uomo a sua propria immagine: li creò, dico, maschio e femmina». «Ecco Adamo è fatto come uno di noi» (Ge. 3:12). Da ciò risulta che vi è pluralità di persone nella divinità, quando dice «facciamo l'uomo a nostra immagine» e poi mostra l'unità quando dice: «Dio creò, ecc.». È vero che non quante persone vi siano, ma ciò che ci è oscuro nell'Antico Testamento ci è chiarissimo nel Nuovo. Infatti, quando nostro Signore fu battezzato nel Giordano (Mt. 3:16.17), si udì la voce del Padre che diceva: «Questo è il mio Figlio diletto»; il Figlio visto nell'acqua e lo Spirito Santo appare sotto forma di colomba. Questa forma è stata comandata da Cristo anche nel battesimo di tutti i credenti: «Battezzate tutte le nazioni nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt. 28:19). Nel Vangelo secondo s. Luca, l'angelo Gabriele così parla Maria, la madre del nostro Signore: «Lo Spirito Santo scenderà) su di te, su di te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e sarà chiamato Figlio di Dio» (Lu. 1:35). Similmente: «La grazia del Signore, Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi» (2 Co. 13:13). E ancora: «Tre sono quelli che rendono testimonianza in ciclo: il Padre, il Verbo e lo Spi­rito Santo e questi tre sono uno» (1 Gv. 7). In tutti questi passi ci viene abbondantemente insegnato che vi sono tre persone in un solo Dio. E benché questa dottrina oltrepassi di gran lunga qualsiasi comprensione umana, ciò nondimeno ora noi la crediamo a motivo della Parola, aspettando di goderne in cielo (Sl. 45:8; Is. 61:1). Ora bisogna notare anche i particolari uffici e operazioni di queste tre per­sone nei nostri confronti. Il Padre è detto il nostro creatore per la sua potenza (Ec. 12:3; Ml. 2:10; 1 Pi. 1:2). Il Figlio è il nostro salvatore e redentore per il suo sangue (1 Gv. 4:14; 1 Pi. 1:2; 1 Gv. 1:7). Lo Spirito Santo è il nostro santificatore per la sua inabi­tazione nei nostri cuori (1 Pi. 1:2; Ga. 4:6; Tt. 3:5; Ro. 8:9; Gv. 14:16; 1 Co. 6:11). Questa dottrina della santa Trinità è stata sempre conservata nella vera chiesa, dal tempo degli apostoli fino ad oggi, contro gli ebrei, i maomettani e contro certi falsi cristiani ed eretici, come Marcione, Mani, Prassea, Sabellio, Samosateno, altri simili, i quali sono stati giustamente condan­nati dai santi padri. Perciò, in questa materia, noi riceviamo volentieri i tre credi, quello degli apostoli, quello di Nicea e di Atanasio e ugualmente tutto ciò che è stato stabilito, confor­memente ad essi, dagli antichi.

Articolo 10: La divinità di Cristo
Crediamo che Gesù Cristo, secondo la sua natura divina, è l'unigenito Figlio di Dio (Gv. 1:18.49), generato dall'eternità (Gv. 1:14; Cl. 1:15), né fatto né creato (poiché sarebbe crea­tura), di una stessa essenza con il Padre (Gv. 10:30; Fl. 2:6; Gv. 14:9.10) coeterno (Gv. 1 e 2 e 17:5; Ap. 1:8), immagine propria della sostanza del Padre e splendore della di lui gloria (Eb. 1:3), essendo in tutto a lui uguale (Fl. 2:6), il quale è Figlio di Dio, non soltanto da quando ha assunto la .-vostra natura, ma da tutta l'eternità (Gv. 8:23.58 e 9:35.36.37; At. 8:37; Ro. 9:5), come ci insegnano queste testimonianze, quando vengono comparate fra di loro. Mosè dice che Dio ha creato il mondo (Ge. 1:1); s. Giovanni dice che tutte le cose sono state create attraverso la Parola, che egli chiama Dio (Gv. 1:3); l'apostolo dice che Dio ha fatto i secoli attraverso il suo Figlio (Eb. 1:2); s. Paolo dice che Dio ha creato tutte le cose attraverso Gesù Cristo (Cl. 1:16). Bisogna quindi che colui che è chiamato Dio, Parola, Figlio e Gesù Cristo sia già esistito quando tutte le cose sono state create per mezzo di lui (Cl. 1:16). Per cui il profeta Michea dice: «Le sue origini sono dai giorni di eternità» (Ml. 5:2). Egli è senza inizio di giorni, senza fine di vita (Eb. 7:3). Egli è quindi il vero Dio Eterno, l'onnipotente, che noi invo­chiamo, adoriamo e serviamo.

Articolo 11: La divinità dello Spirito Santo
Crediamo e confessiamo pure che lo Spirito Santo procede eternamente dal Padre (Sl. 33:6.17; Gv. 14:16) e dal Figlio (Gv. 15:26; Ga. 4:6; Ro. 8:9), non essendo né fatto, né creato, e nep­pure generato, ma procede semplicemente da entrambi; egli è in ordine una persona terza della Trinità di una stessa essenza e maestà e gloria con il Padre e il Figlio, Dio vero ed eterno, come ci insegnano le sacre Scritture (Ge. 1:2; Is. 48:16 e 61:1; At. 5:3.4 e 28:25; 1 Co. 3:16 e 6:19; Sl. 139:7).

Articolo 12: La creazione di tutte le cose
Crediamo che il Padre ha creato dal nulla il cielo e la terra, e tutte le creature, quando ha voluto, mediante la sua Parola, cioè attraverso il Figlio suo (Ge. 1:1; Is. 40:26; Eb. 3:4; Ap. 4:11; 1 Co. 8:6; Gv. 1:3; Cl. 1:16), dando ad ogni creatura il suo es­sere, forma e figura e diversi compiti per serv1 Re il suo Crea­tore e anche ora egli le sostiene e governa tutte con la sua eterna provvidenza e la sua infinita potenza (Eb. 1:3; Sl. 104:10 ecc.; At. 17:25) per serv1 Re l'uomo (1 Ti. 4:3.4; Ge. 1:29.30 e 9:2.3; Sl. 104:14.15), affinché l'uomo serva il suo Dio (1 Co. 3:22 e 6:20; Mt. 4:10). Egli ha pure creato i suoi angeli buoni (Cl. 1:16), per essere i suoi messaggeri (Sl. 103:20 e 34:8; Sl. 148:2) e serv1 Re i suoi eletti (Eb. 1:14; Sl. 34:8); alcuni di essi sono decaduti dall'eccellenza nella quale Dio li aveva creati nella perdizione eterna (Gv. 8:44; 2 Pi. 2:4; Le 8:31; Gd. 6) e gli al­tri, per la grazia di Dio (Mt. 25:31), hanno perseverato e sono rimasti nel loro primo stato. I demoni e gli spiriti cattivi sono talmente corrotti da essere nemici di Dio e di ogni bene, da spiare come briganti, con tutto il loro potere (1 Pi. 5:8; Gb. 1:7), la chiesa e ogni suo membro, al fine di tutto distruggere e rovi­nare con le loro menzogne (Ge. 3:1; Mt. 13:25; 2 Co. 2:11; 11:3 e 14). E così, per la loro stessa malvagità, sono condannati alla dannazione eterna, attendendo di giorno in giorno i loro tor­menti (Mt. 25:41; Lu. 8:30.31). Noi detestiamo perciò l'errore dei sadducei, che negano l'esistenza degli spiriti e degli angeli (At. 25:8), e anche l'errore dei manichei, i quali confessano che i diavoli hanno la loro origine in se stessi, essendo malvagi per loro stessa natura, senza essere stati corrotti.

Articolo 13: La dottrina sulla divina provvidenza
Crediamo che questo buon Dio, dopo aver creato tutte le cose, non le ha abbandonate al loro destino, né al caso, ma le dirige e governa, secondo la sua santa volontà (Sl. 104:9 ecc.; Sl. 139:2 ecc.; Gv. 5:17; Eb. 1:3; Pr. 16:4), in modo tale che nulla avviene in questo mondo senza il suo comando (Ge. 27:20; Sl. 75:7.8; Is. 45:7; Pr. 16:4; La. 3:37.38; 1 Re 22:34.38; Gm. 4:15; Es. 21:13; Gb. 1:21; 1 Re 22:20; At. 4:28; 1 Sa. 2:25; Sl. 115:3; Sl. 45:7; Am. 3:6; De. 19:5; Pr. 21:1; Sl. 105:25; Is. 10:5.6.7; 2 Ts. 2:11; Ez. 14:9; Ro. 1:28; 1 Re ; Ge. 45:8 e 50:20; 2SAm. 16:10), benché tuttavia Dio non sia l'autore né colpevole del male che av­viene, né ne sia colpevole; la sua potenza e bontà è infatti tal­mente grande e incomprensibile che egli ordina e compie be­nissimo e giustamente la sua opera anche quando il diavolo e i malvagi agiscono ingiustamente (Mt. 8:31.32; Gv. 3:8). E su ciò che egli fa e oltrepassa l'umana comprensione non vogliamo investigare con curiosità al di là di quanto la nostra capacità consente, ma adoriamo, con ogni umiltà e rispetto, i giusti giu­dizi di Dio che ci sono nascosti (Ro. 11:33.34), accontentandoci di essere discepoli di Cristo, per imparare solo ciò che egli ci mostra mediante la sua Parola e non oltrepassare questi limiti. Questa dottrina ci procura un'indicibile consolazione, poiché ci insegna che nulla può accaderci per caso, ma che tutto av­viene per disposizione del nostro buon Padre celeste, che ve­glia su di noi con la sua paterna sollecitudine, tenendo a sé sot­tomessa ogni creatura (Mt. 8:31; Gb. 1:12 e 2:6), al punto che di tutti i capelli del nostro capo (che sono contati fino al più pic­colo) neppure uno sarà strappato e che neppure un piccolo uc­cello cadrà a terra senza la volontà del Padre nostro (Mt. 10:29.30). In questo noi troviamo il nostro riposo, sapendo che egli tiene a freno il demonio, e tutti i nostri nemici, che non possono nuocerci senza il suo permesso e la sua buona vo­lontà. Al riguardo, rigettiamo l'opinione condannabile degli epicurei, i quali dicono che Dio non si cura di nulla e lascia che tutte le cose avvengano a caso.

Articolo 14: La creazione e caduta dell’uomo
Crediamo che Dio ha creato l'uomo dalla polvere della terra e lo ha fatto e formato, a sua propria immagine e somi­glianza (Ge. 1:26; Ec. 7:29; Ef. 4:24), buono, giusto e santo, in grado di accordarsi in tutto, con la sua volontà, alla volontà di Dio (Ge. 1:31; Ef. 4:24); ma quando è stato in onore, non ne ha saputo nulla e non ha riconosciuto la sua eccellenza (Sl. 49:21; Is. 59:2), ma si è volontariamente sottomesso al peccato, e di conseguenza alla morte e alla maledizione, dando ascolto alla parola del demonio (Ge. 3:6 e 3:17); egli ha trasgredito, in­fatti, il comandamento della vita che aveva ricevuto (Ge. 1:3.7) e con il peccato si è separato da Dio che era la sua vera vita (Is. 59:2), avendo corrotto l'intera sua natura (Ef. 4:18), per cui si è reso meritevole della morte fisica e spirituale (Ge. 2:17 e 3:19; Ro. 5:12) e, divenuto malvagio, perverso e corrotto in tutte le sue vie, ha perso tutti i suoi doni eccellenti che aveva ri­cevuto da Dio (Ro. 3:10 ecc.) e non ne ha conservato che pic­cole tracce (At. 14:16.17; At. 17:27), sufficienti tuttavia per ren­dere l'uomo inescusabile (Ro. 1:20.21; At. 17:27), al punto che tutto ciò che c'è in noi è trasformato in tenebre (Ef. 5:8; Mt. 6:23), come ci insegna la Scrittura, dicendo: «La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno compresa» (Gv. 1:5), un passo nel quale s. Giovanni chiama gli uomini tenebre. Per­tanto, noi rigettiamo tutto ciò che si insegna riguardo al li­bero arbitrio dell'uomo, il quale è schiavo del peccato (Gv. 8:34; Ro. 6:17 e 7:5.17; Is. 26:12; Sl. 94:12): perché l'uomo nulla può se non gli è dato dal cielo (Gv. 3:27; Is. 26:12); chi si van­terà infatti di poter fare ciò che vuole, dal momento che Cri­sto dice: «Nessuno può venire a me, se il Padre che mi ha man­dato non lo attira» (Gv. 6:44.65; Gv. 3:27). Chi si glorierà della sua propria volontà, sentendo che i desideri della carne sono inimicizia contro Dio (Ro. 8:7)? Chi parlerà della sua cono­scenza, vedendo che l'uomo naturale non comprende le cose che sono39 di Dio (1 Co. 2:14; Sl. 94:11)? In breve, chi farà va­lere un solo pensiero, dal momento che si rende conto che noi non siamo in grado di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma che la nostra capacità viene da Dio (2 Co. 3:5)? Per­tanto deve essere giustamente mantenuto fermo e saldo ciò che dice l'apostolo, cioè che Dio suscita in noi sia il volere che l'operare secondo il suo beneplacito (Fl. 2:13). Non vi è infatti conoscenza o volontà conforme a quella di Dio che non sia stata prodotta da Cristo, cosa che egli ci insegna quando dice: «Senza di me non potete fare nulla» (Gv. 15:5).

Articolo 15: La dottrina sul peccato originale
Noi crediamo che, per la disobbedienza di Adamo, il pec­cato originale si è esteso a tutto il genere umano (Sl. 51:7; Ro. 3:10; Ge. 6:3; Gv. 3:6; Gb. 14:4; Ro. 5:12.13); esso è una corru­zione dell'intera natura e un vizio ereditario, di cui sono infi­ciati anche i bambini nel grembo della loro madre (Is. 48:8; Ro. 5:14) e che produce nell'uomo ogni sorta di peccato, servendo­gli di radice (Ga. 5:19; Ro. 7:8.10.17.18.20.23); esso è perciò così spregevole e enorme agli occhi di Dio che è sufficiente a condannare il genere umano (Ef. 2:3 e 5) e non viene tolto nep­pure dal battesimo, o sradicato interamente, visto che ne escono sempre gli zampilli come da una deprecabile sorgente, sebbene non sia imputato a condanna ai figli di Dio, ma perdo­nato dalla sua grazia e misericordia, non perché essi si addor­mentino, ma perché il sentimento di questa corruzione faccia spesso gemere i fedeli e desiderare loro di essere liberati dai loro corpi40 (Ro. 7:18 e 24). Noi rigettiamo perciò l'errore dei pelagiani, i quali dicono che questo peccato non è altro che un'imitazione.

Articolo 16: La dottrina sull’elezione
Crediamo che, essendo tutta la discendenza di Adamo pre­cipitata in tal modo nella perdizione e nella rovina a causa del peccato del primo uomo, Dio si è dimostrato quale egli vera­mente è, cioè misericordioso e giusto (Ro. 9:22.23; 9:18; 3:12): misericordioso, ritirando e salvando da questa perdizione co­loro che, nel suo eterno e immutabile consiglio, ha letto e scelto per sua pura bontà in Cristo Gesù nostro Signore, senza alcuna considerazione per le loro opere (Ro. 9:15; 16 e 11:32; Ef. 2:8.9.10; Sl. 100:3; 1 Gv. 4:10; De. 32:8; 1 Sa. 12:22; Sl. 65:5; ML. 1:2; 2 Ti. 1:9; Ro. 8:29 e 9:11.21; 11:5.6; Ef. 1:4; Tt. 3:4.5; At. 2:47; 13:48; 2 Ti. 2:19.20; 1 Pi. 1:2; Gv. 6:27; 15:16; 17:9); giusto, lasciando gli altri nella rovina e nella perdizione in cui si sono precipitati (Ro. 9:17.18; 2 Ti. 2:20).

Articolo 17: Il ristabilimento dell’uomo decaduto
Crediamo che il nostro buon Dio, nella sua ammirabile sa­pienza e bontà, vedendo che l'uomo si era così precipitato nella morte sia fisica che spirituale e si era reso assolutamente miserabile, si è messo lui stesso a cercarlo, mentre fuggiva da lui tutto tremante (Ge. 3:8.9; Is. 65:1.2; Ge. 3:19), e lo con­sola, promettendogli di dargli il suo Figlio, fatto da donna, per schiacciare la testa del serpente e renderlo felice (Ge. 22:18 e 3:15; Is. 7:14; Gv. 7:42; 2 Ti. 2:8; Eb. 7:14; Ga. 4:4; Eb. 2:14).

Articolo 18: L’incarnazione
Confessiamo quindi che Dio ha compiuto la promessa che aveva fatto agli antichi padri per bocca dei santi profeti (Le 1:55; Ge. 26:4; 2 Sa. 7:12; Sl. 132:11; At. 13:23; Is. 2:1), in­viando nel mondo, nel tempo da lui stabilito, il suo proprio Fi­glio unigenito ed eterno, il quale ha preso la forma di servo, fatto a somiglianza degli uomini (1 Ti. 2:5 e 3:16; Fl. 2:7), assu­mendo realmente una vera natura umana con tutte le sue infer­mità (eccetto il peccato) (Eb. 2:14.15 e 4:15), essendo concepito nel grembo della beata Vergine Maria per la virtù dello Spirito Santo, senza alcun intervento da parte dell'uomo (Lu. 1:31.34.35), e non solo ha assunto la natura umana per quanto riguarda il corpo, ma anche una vera anima umana (Mt. 26:38; Gv. 12:27; 19:30; Lu. 23:46), perché fosse vero uomo; infatti, poi­ché anche l'anima era perduta al pari del corpo, era necessario che egli le assumesse entrambe per salvarle insieme. Pertanto, noi confessiamo, contro l'eresia degli anabattisti, i quali ne­gano che Cristo abbia assunto carne umana, che Cristo ha partecipato alla stessa carne dei figli (Eb. 2:14), che egli è frutto dei lombi di Davide secondo la carne (At. 2:30; Ro. 1:3), fatto dalla discendenza di Davide secondo la carne (Sl. 132:11), frutto del ventre della vergine Maria (Lu. 1:42), fatto da una donna (Ga. 4:4), seme di Davide (Gr. 33:15), fiore della radice di lesse (Is. 2:1), uscito da Giuda (Eb. 7:14), disceso dagli ebrei secondo la carne (Ro. 9:5), della stirpe di Abramo e di Davide (Ge. 22:18; 2SAm. 7:12; Mt. 1:1; Ga. 3:16) poiché ha preso il seme di Abramo ed è diventato simile ai suoi fratelli, eccetto il peccato (Eb. 2:16.17; 2:15), cosicché egli è in tal modo nostro Emmanuele, cioè Dio con noi (Is. 7:14; Mt. 1:23).

Articolo 19: Le due nature di Cristo
Crediamo che, mediante questa concezione, la persona del Figlio è stata unita e congiunta inseparabilmente con la natura umana, cosicché non vi sono due Figli di Dio, né due persone, né due nature congiunte in una sola persona, conservando ognuna delle due nature le sue proprietà specifiche. Come la natura divina è sempre rimasta increata, senza inizio di giorni né fine di vita (Eb. 7:3), tale da riempire il cielo e la terra, così la natura umana non ha perso le sue proprietà ma è rimasta creatura, avendo inizio di giorni, essendo di natura finita e con­servando tutto ciò che si addice a un vero corpo (Mt. 26:11; At. 11:11 e 3:21; Le 24:39; Gv. 20:25 e 27; At. 1:3; 1 Co. 15:13.21; Fl. 3:21). E benché, attraverso la sua risurrezione, le abbia confe­rito l'immortalità, ciò nondimeno non ha cambiato la verità della sua natura umana, dato che la nostra salvezza e risurre­zione dipende dalla verità del suo corpo. Ma queste due na­ture sono così strettamente unite insieme, facendo una per­sona, che non sono state separate neppure dalla sua morte. Ciò che egli ha raccomandato al Padre suo era un vero spirito umano, che uscì fuori dal suo corpo (Mt. 27:50; Le 23:46) e tut­tavia la natura divina rimase sempre congiunta con quella umana, anche quando giaceva nella tomba; e la divinità non cessava di essere in lui, così come essa era in lui quando era bambino, senza mostrarsi per un po' di tempo.™ Ecco perché noi confessiamo che egli è vero Dio e vero uomo: vero Dio per vincere la morte nella sua potenza; vero uomo, perché po­tesse mor1 Re nella carne della sua infermità.

Articolo 20: La giustizia e misericordia di Dio in Cristo
Crediamo che Dio, che è perfettamente misericordioso e anche perfettamente giusto, ha mandato il suo Figlio ad assu­mere quella natura nella quale era stata commessa la disobbedienza, per soddisfare e punire in essa il peccato mediante la sua amarissima passione e morte (Eb. 2:14; Ro. 8:3.32.33). Dio ha quindi dichiarato la sua giustizia contro suo Figlio, caricato dei nostri peccati (Is. 53:6; Gv. 1:29; 1 Gv. 4:9), e ha riversato la sua bontà e misericordia su di noi colpevoli e meritevoli di dan­nazione, consegnando per noi il suo Figlio alla morte, con un perfettissimo amore, e risuscitandolo per la nostra giustizia (Ro. 4:25), affinché per mezzo di lui noi avessimo immortalità e vita eterna.

Articolo 21: La Riconciliazione
Noi crediamo che Gesù Cristo è grande sacerdote in eterno, con giuramento, secondo l'ordine di Melchisedec (Sl. 110:4; Eb. 5:10), e che si è presentato a nome nostro davanti al Padre suo per placare la sua ira con piena soddisfazione (Ro. 5:8.9; Cl. 2:14; Eb. 2:17 e 9:14; Ro. 3:24 e 8:2; Gv. 15:3; At. 2:24 e 13:28; Gv. 3:16; 1 Ti. 2:6; Cl. 1:14), offrendo se stesso sull'altare della croce e versando il suo sangue prezioso per la purifica­zione dei nostri peccati, come avevano predetto i profeti. Egli scrive infatti che il castigo della nostra pace è stato posto sul Figlio di Dio e che noi siamo guariti dalle sue piaghe; che egli è stato condotto alla morte come un agnello, annoverato fra i peccatori (Is. 53:5.7.12), condannato come malfattore da Ponzio Filato, nonostante lo dichiarasse innocente (Sl. 22:16; Gv. 18:38; Sl. 69:5; 1 Pi. 3:18; Lu. 23:22.24; At. 13:28). Egli ha quindi pagato ciò che non aveva rubato (Sl. 69:5) e ha sofferto, lui giusto, per gli ingiusti (1 Pi. 3:18), sia nel suo corpo che nella sua anima, cosicché sentendo l'orribile punizione dovuta ai nostri peccati, ha sudato sangue e acqua (Le 22:24). Ha gridato: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Sl. 22:2; Mt. 27:46) e ha sofferto tutto questo per la remissione dei nostri peccati. Pertanto, diciamo giustamente con s. Paolo che non conosciamo nient'altro se non Gesù Cristo e lui crocifisso (1 Co. 2:2); riteniamo ogni cosa sterco di fronte alla sublimità della conoscenza di Gesù Cristo nostro Signore (Fl. 3:8); tro­viamo ogni consolazione nelle sue piaghe e non abbiamo biso­gno di cercare o di inventare alcun altro mezzo per riconciliarci con Dio al di fuori di questo solo e unico sacrificio, offerto una volta per tutte, che rende i fedeli perfetti per sempre (Eb. 9:25.26 e 10:14); è questa anche la ragione per cui egli è stato chiamato dall'angelo di Dio Gesù, cioè Salvatore, poiché do­veva salvare il suo popolo dai suoi peccati (Mt. 1:21; At. 4:12).

Articolo 22: La giustizia della fede
Crediamo che per la vera conoscenza di questo grande mistero, lo Spirito Santo, che abita nei nostri cuori, ci dona una vera fede, che abbraccia Gesù Cristo con tutti i suoi meriti e lo fa suo (Sl. 1:1.13; Ef. 1:17.18; 1 Co. 2:2; Ef. 3:16.17) e non cerca null'altro al di fuori di lui (Ga. 2:21; Gr. 23:6; 1 Co. 1:30 e 2:2; At. 4:12; Gr. 31:10). Infatti, occorre necessariamente che tutto ciò che è richiesto per la nostra salvezza non sia in Gesù Cristo o, se tutto è in lui, che colui che possiede Gesù Cristo abbia l'intera sua salvezza (Mt. 1:21; Ro. 3:27 e 8:1.33). Dire quindi che Cristo non è sufficiente, ma che si richiede qualcos'altro oltre a lui, è una bestemmia troppo enorme contro Dio; ne conseguirebbe infatti che Cristo non sarebbe che un mezzo salvatore. Per cui noi diciamo giustamente con s. Paolo che siamo giustificati per sola fede o per la fede senza le opere (Ro. 3:27; Ga. 2:6; 1 Pi. 1:4.5; Ro. 10:4). Tuttavia, a voler esser precisi, noi non intendiamo d1 Re che sia la fede stessa a giustifi­carci, poiché essa è solo lo strumento con cui noi abbracciamo Cristo nostra giustizia; ma Gesù Cristo, imputandoci tutti i suoi meriti e tante opere buone che egli ha fatto per noi, è la no­stra giustizia (Lu. 1:77; Ro. 3:24.25 e 4:5; Sl. 32:1.2; Fl. 3:9; Tt. 3:5; 2 Ti. 1:9) e la fede è lo strumento che ci tiene con lui nella comunione di tutti i beni, i quali, essendo fatti nostri, sono più che sufficienti per assolverci.

Articolo 23: La giustificazione dei peccatori
Crediamo che la nostra felicità consiste nella remissione dei nostri peccati che è in Gesù Cristo e che in questo è conte­nuta la nostra giustizia davanti a Dio, come ci insegnano s. Paolo e Davide, affermando la beatitudine dell'uomo al quale Dio imputa la giustizia senza le opere (Sl. 32:1.2; Ro. 4:6.7; Le 1:17; Cl. 1:14); e lo stesso apostolo dice che noi siamo giustificati gratuitamente o per grazia, mediante la redenzione che è in Gesù Cristo (Ro. 3:23.24; At. 4:12). Pertanto, noi te­niamo fermo per sempre questo fondamento, dando tutta la gloria a Dio (1 Co. 4:7; Ro. 4:2), umiliandoci e riconoscendoci per quello che realmente siamo, senza nulla presumere di noi stessi o dei nostri meriti (1 Co. 4:7 e 1:29.31; Ro. 4:2); e noi ci basiamo e riposiamo nella sola obbedienza di Cristo crocifisso (Ro. 5:19), che diventa nostra quando crediamo in lui (Eb. 11:6.7; Ef. 2:8; 2 Co. 5:19; 1 Ti. 2:6; Gm. 2:10). Essa basta per co­prire tutte le nostre iniquità e darci la fiducia di avvicinarci a Dio (Ro. 5:1; Ef. 3:12; 1 Gv. 2:1), allontanando da noi la co­scienza del timore, del terrore e dello spavento, senza fare come il nostro primo padre, il quale, tremante, voleva na­scondersi con foglie di fico (Ge. 3:7). Che se dovessimo compar1 Re davanti a Dio, confidando anche solo un pochino in noi stessi o in qualche altra creatura, ahimè! saremmo travolti (Is. 33:14; De. 27:26). Pertanto, ognuno deve d1 Re con Davide: «O Dio, non entrare in giudizio contro11 i tuoi servi, poiché al tuo cospetto nessun vivente potrà essere giustificato» (Sl. 130:3 e 143:2; Mt. 18:23.24.25.26; Le 16:15).

Articolo 24: La santificazione dei peccatori
Crediamo che questa vera fede, essendo generata in ciascuno mediante l'ascolto della parola di Dio e l'azione dello Spirito Santo (Ro. 10:17; Gv. 5:24; 1 Pi. 1:23), lo rigenera e ne fa un uomo nuovo, facendolo vivere di una vita nuova (Ef. 2:8; 1 Ts. 1:5; Ro. 8:15; Gv. 6:29; Cl. 2:12; Fl. 1:1.29) e liberandolo dalla schiavitù del peccato (Gv. 8:36; At. 15:9; Ro. 6:4.22; Tt. 2:22); così è talmente poco vero che questa fede giustificante raffreddi gli uomini nel loro impegno a vivere onestamente e santamente (Tt. 2:12) che, al contrario, senza di essa non fareb­bero mai nulla per amore di Dio, ma solo per amore di se stessi o per timore di essere dannati. È quindi impossibile che questa santa fede sia oziosa nell'uomo, dato che noi non parliamo della fede vana (Tt. 3:8; Gv. 15:5; Eb. 11:6; 1 Ti. 1:5) ma di quella che la Scrittura chiama fede che opera mediante la carità (1 Ti. 1:5; Ga. 5:6; Tt. 3:8), la quale induce l'uomo ad esercitarsi nelle opere che Dio ha comandato nella sua Parola, opere che, pro­cedendo dalla buona radice della fede, sono buone e gradite al cospetto di Dio, essendo tutte santificate dalla sua grazia; e tuttavia esse non ci giustificano (Ro. 9:32; Tt. 3:5; 2 Ti. 1:9), poiché è per la fede in Cristo che noi siamo giustificati, addirittura prima di fare le opere buone (Ro. 4:4; Ge. 4:4), dato che altri­menti esse non potrebbero essere buone, così come il frutto di un albero non può essere buono se anzitutto l'albero non è buono (Mt. 7:17; Eb. 11:6; Ro. 14:23; Ge. 4:4). Facciamo quindi le opere buone, ma non per meritare (che cosa meriteremmo infatti?), bensì siamo debitori a Dio per le opere buone che facciamo e non lui nei nostri confronti (1 Co. 4:7; Is. 26:12; Ga. 3:5; 1 Ts. 2:13), poiché è lui che suscita in noi sia il volere che l'o­perare secondo il suo beneplacito (Fl. 2:13), guardando a ciò che è scritto: «Quando avrete fatto tutto quello che vi è stato or­dinato dite; Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dove­vamo fare» (Le 17:10). Non vogliamo comunque negare che Dio ricompensi le opere buone, ma è per grazia che egli corona i suoi doni (Ro. 2:6; Ap. 2:11; 2 Gv. 8; Ro. 11:6; Mt. 10:42 e 25:34.35; Ap. 3:12.21). Del resto, sebbene facciamo le opere buone, non vi basiamo la nostra salvezza (Ef. 2:9.10), poiché non possiamo fare alcuna opera che non sia macchiata dalla nostra carne e sia quindi degna di punizione (Is. 64:6) e anche se potessimo mostrarne una, il ricordo del solo peccato è suf­ficiente per far sì che Dio la rifiuti; così saremmo sempre nel dubbio e sballottati di qua e di là senza alcuna certezza; e le no­stre povere coscienze sarebbero continuamente tormentate se non si riposassero sul merito della morte e passione del nostro Salvatore (Is. 28:16; Ro. 10:11; Ab. 2:4).

Articolo 25: L’adempimento della Legge
Crediamo che le cerimonie e le figure della legge sono ces­sate alla venuta di Cristo (Ro. 10:4) e che tutte le ombre sono terminate, cosicché il loro uso deve essere abolito fra i cristiani (Ga. 3:1; 4:10.11; 5:2.3.4; Cl. 2:16.17); tuttavia, la loro verità e sostanza continua per noi in Gesù Cristo, nel quale esse hanno il loro compimento. Pertanto, noi continuiamo ad usare le testimonianze prese dalla legge e dai profeti per confermarci nel Vangelo (2 Pi. 1:19) e anche per regolare la nostra vita in tutto onore a gloria di Dio, seguendo la sua volontà.

Articolo 26: L’intercessione di Cristo
Crediamo che non abbiamo alcun accesso a Dio se non attraverso l'unico mediatore e avvocato, Gesù Cristo, il Giusto (1 Ti. 2:5; 1 Gv. 2:1; Ro. 8:33), che per questo è diventato uomo, unendo insieme la natura divina, affinché noi uomini aves­simo accesso alla Maestà divina; altrimenti, non vi abbiamo alcun accesso. Ma questo Mediatore, che il Padre ci ha do­nato fra lui e noi, non deve spaventarci con la sua grandezza per farcene cercare un altro di nostra invenzione (Os 13:9; Gr. 2:13.33); non vi è infatti nessuna persona, né nel cielo né sulla terra, fra le creature, che ci ami più di Gesù Cristo (1 Gv. 4:10; Ro. 5:8; Ef. 3:19; Gv. 15:13 e 10:11), il quale, pur essendo nella forma divina, si è umiliato, prendendo la forma di uomo e di servo per noi (Fl. 2:7), e si è fatto in tutto simile ai suoi fratelli. Se quindi dovessimo trovare un altro intercessore che fosse ben disposto nei nostri confronti, chi potremmo trovare che ci amasse maggiormente di colui che ha sacrificato la sua vita per noi, sebbene noi fossimo suoi nemici (Ro. 5:8)? E se bisogna trovarne uno che abbia credito e potere, chi è che ne ha quanto colui che è seduto alla destra del Padre e che ha ogni potere in cielo e sulla terra (Mt. 28:18; Me 16:19; Cl. 3:1; Ro. 8:33; Mt. 11:27)? E chi sarà più esaudito dello stesso diletto Figlio di Dio? Solo la diffidenza ha quindi introdotto questa pratica di disonorare i santi piuttosto che onorarli, facendo ciò che mai essi hanno fatto, ma che hanno costantemente rifiutato, e se­condo il loro dovere, come appare dai loro scritti (At. 10:26 e 14:15). Non bisogna affermare qui che noi non siamo degni, poiché non si tratta di presentare le nostre preghiere sulla no­stra dignità, ma unicamente sull'eccellenza e dignità di Gesù Cristo (At. 4:12; 1 Co. 1:31; Ef. 2:18; Da. 9:17.18; Gv. 16:23; Ef. 3:12), la cui giustizia è nostra mediante la fede. Pertanto, vo­lendoci togliere questo folle timore, o meglio sfiducia, l'apo­stolo ci dice giustamente che Gesù Cristo è stato reso in tutto simile ai suoi fratelli, perché fosse sommo Sacerdote, miseri­cordioso e fedele, per purificare i peccati del popolo. Infatti, proprio per essergli capitato di essere tentato, egli è anche capace di aiutare coloro che sono tentati (Eb. 2:17.18). E poi, per incoraggiarci maggiormente ad avvicinarci a lui, dice: «Avendo noi dunque un grande sommo sacerdote, Gesù Figlio di Dio, che è entrato nei cieli, manteniamo ferma la professione della nostra fede. Infatti, non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compat1 Re le nostre infer­mità, essendo stato lui stesso tentato slmilmente in ogni cosa, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati» (Eb. 4:14.15.16). Lo stesso apostolo dice: «Avendo dunque piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù,... accostiamoci dunque nella cer­tezza della fede...» (Eb. 10:19.22). Similmente: «Cristo possiede un sacerdozio perfetto. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro favore» (Eb. 7:24.25). Che cosa occorre di più, dal momento che Cristo stesso dice: «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per me» (Gv. 14:6)? A che scopo cercheremmo un altro avvocato (Sl. 44:21), dal momento che è piaciuto a Dio darci il suo pro­prio Figlio come nostro avvocato (1 Ti. 2:5; 1 Gv. 2:1; Ro. 8:33)? Non abbandoniamolo per prenderne un altro o piuttosto per cercare senza mai trovare, poiché quando Dio ce lo ha donato sapeva bene che noi eravamo peccatori. Perciò, secondo il co­mando di Cristo, noi invochiamo il Padre celeste per Cristo, il nostro solo mediatore, come ci ha insegnato nel Padre nostro (Lu. 11:2), essendo certi che qualunque cosa chiederemo al Pa­dre nel suo nome la otterremo (Gv. 14:17; 14:13 e 16:23).

Articolo 27: La santa Chiesa cattolica
Crediamo e confessiamo una sola chiesa cattolica o univer­sale (Sl. 46:5 e 102:14; Gr. 31:36; Is. 2:2), che è una vera comunità e assemblea dei veri fedeli cristiani, che si aspet­tano tutta la loro salvezza in Gesù Cristo, essendo lavati nel suo sangue e santificati e segnati dallo Spirito Santo. Questa chiesa è esistita fin dall'inizio del mondo ed esisterà anche fino alla fine dello stesso (Mt. 28:20; 2 Sa. 7:16), come risulta dal fatto che Cristo è un re eterno che non può essere tale senza sudditi (Le 1:32.33; Sl. 89:37.38 e 110:2.3.4). E questa santa chiesa è conservata da Dio contro la rabbia del mondo intero (Ge. 22:17; 2 Ti. 2:19; Mt. 16:18; Gv. 16:33), sebbene per qualche tempo sia apparentemente molto piccola agli occhi de­gli uomini e quasi come estinta (Le 17:21; Mt. 16:18; Is. 1:9; Le 12:32; Ap. 12:6.14), come avvenne durante il tempo così perico­loso di Acab, quando il Signore si è riservato settemila uomini che non hanno piegato le ginocchia davanti a Baal (Ro. 11:2.4; 1 Re 19:18; Is. 1:9; Ro. 9:29 e 12:4). Inoltre, questa santa chiesa non è collocata, legata o limitata a un determinato luogo o a certe persone, ma è diffusa e dispersa nel mondo intero, es­sendo tuttavia collegata e unita di cuore, di volontà (At. 4:32), in uno stesso spirito dalla forza della fede (Ef. 4:3.4).

Articolo 28: Gli obblighi dei membri di Chiesa
Noi crediamo che, poiché questa santa assemblea e con­gregazione è l'assemblea dei salvati e non vi è salvezza al di fuori di essa (1 Pi. 3:20; Gm. 2:32), nessuno, di qualsiasi stato o qualità esso sia, debba ritirarsi in disparte, per accontentarsi della sua persona (At. 2:40; Is. 52:11), ma che tutti insieme deb­bano raggiungerla e unirsi a essa, curando l'unità della chiesa (Sl. 22:23; Ef. 4:3.12; Eb. 2:12), sottomettendosi alla sua dot­trina e disciplina, piegando il collo sotto il giogo di Gesù Cristo (Mt. 11:29; Sl. 2:10.11.12) e servendo all'edificazione dei fra­telli, secondo i doni che Dio ha posto in noi come membra co­muni di uno stesso corpo (Ef. 4:12.16; 1 Co. 12:12 ecc.). E per­ché questo possa essere meglio salvaguardato, è dovere di tutti i fedeli, secondo la parola di Dio, di separarsi da tutti coloro che non appartengono alla chiesa (At. 2:40; Is. 52:11; 2 Co. 6:17; Ap. 18:4), per unirsi a questa assemblea, ovunque Dio l'abbia stabilita (Mt. 24:28; Is. 49:22; Ap. 17:14; Mt. 12:30), anche nel caso in cui i magistrati e gli editti dei principi fossero contrari e ne dipendesse la morte e la punizione fisica (At. 4:17.19; 17:7; 18.13; Da. 3:17.18 e 6:8.9.10; Ap. 14:14). Infatti, tutti coloro che si separano da essa, o non si uniscono ad essa, agiscono contro il comandamento di Dio.

Articolo 29: I segni distintivi della vera Chiesa
Crediamo che bisogna discernere diligentemente e con grande prudenza mediante la parola di Dio quale è la vera chiesa, dal momento che tutte le sètte che sono nel mondo si fregiano oggi del nome di chiesa. Qui non parliamo della com­pagnia degli ipocriti, che nella chiesa sono mescolati ai buoni, senza tuttavia essere della chiesa, sebbene vi si trovino con il corpo (Mt. 13:22; 2 Ti. 2:18.19.20; Ro. 9:6), ma diciamo di di­stinguere il corpo e la comunione della vera chiesa da tutte le altre sètte che affermano di essere della chiesa. Le caratteristi­che per distinguere la vera chiesa sono le seguenti: se la chiesa pratica la pura predicazione del Vangelo (Ef. 2:20; At. 17:11.12; Cl. 1:23; Gv. 8:47 e 10:27); se pratica la pura amministrazione dei sacramenti, come Cristo li ha comandati (1 Co. 11:23 ecc.; Mt. 28:19; Le 22:19 ecc.); se pratica la disciplina ecclesiastica per correggere i vizi (Mt. 18:15.16.17.18; 2 Ts. 3:14.15). In breve, se ci si regola secondo la pura parola di Dio, rigettando tutte le cose contrarie ad essa (Mt. 28:2; Ga. 1:6.7.8) e considerando Gesù Cristo come l'unico capo (Ef. 1:22.23; Gv. 10:4.5.14). Solo a partire da tutto questo si può essere certi di conoscere la vera chiesa ed è dovere di ognuno di non esserne separato. Riguardo poi a coloro che sono della chiesa, li si può conoscere attraverso le caratteristiche dei cristiani, cioè la fede (Ef. 1:13; Gv. 17:20), quando, avendo ricevuto un solo salvatore Gesù Cristo (1 Gv. 3:8.9.10), fuggono il peccato e seguono la giustizia (1 Gv. 3:14.15), amando il vero Dio e il loro prossimo, senza vol­gersi né a destra né a sinistra, crocifiggendo la loro carne con le sue opere (Mt. 28:2; Ga. 1:6.7.8). Non che non vi sia una grande infermità in loro, ma essi lottano contro di essa con lo Spirito tutti i giorni della loro vita (Ga. 5:17; Ro. 7:6.17 ecc.), ricor­rendo continuamente al sangue, alla morte, passione e obbe-dienza del Signore Gesù Cristo, mediante il quale hanno la re­missione dei loro peccati nella fede in lui (Cl. 1:14). Quanto alla falsa chiesa, essa attribuisce maggiore autorità a se stessa e alle sue leggi che non alla parola di Dio (Cl. 2:18.19). Essa non vuole sottomettersi al giogo di Cristo (Sl. 2:3). Essa non ammi­nistra i sacramenti come Cristo ha comandato attraverso la sua Parola, ma vi aggiunge e toglie a suo piacimento. Essa si fonda più sugli uomini che non su Gesù Cristo; perseguita coloro che vivono santamente secondo la parola di Dio (Ap. 12:4; Gv. 16:2) e la riprendono per i suoi vizi, per le sue avarizie e per le sue idolatrie (Ap. 17:3.4.6). Queste due chiese sono facilmente co­noscibili e distinguibili l'una dall'altra.

Articolo 30: Il Governo della Chiesa
Crediamo che questa vera chiesa deve essere governata secondo la polizia spirituale che nostro Signore ci ha insegnato con la sua Parola: cioè, che vi siano dei ministri e pastori per predicare e amministrare i sacramenti (Ef. 4:11; 1 Co. 4:1.2; 2 Co. 5:20; Gv. 20:23; At. 26:17.18; Lu. 10:16); che vi siano anche dei sorveglianti e dei diaconi, per essere come il senato della chiesa (At. 6:3 e 14:23) e con questo mezzo conservare la vera religione e far sì che la vera dottrina abbia il suo corso e anche che gli uomini viziosi siano corretti spiritualmente e tenuti a freno (Mt. 18:17; 1 Co. 5:4,5), affinché i poveri e tutti gli af­flitti vengano soccorsi e consolati, a seconda delle loro neces­sità. In tal modo, ogni cosa sarà ben fatta e con ordine nella chiesa, quando queste persone saranno scelte fedeli e secondo la regola data da s. Paolo a Timoteo (1 Ti. 3:1 ecc.; Tt. 1:5 ecc.).

Articolo 31: Gli ufficiali della Chiesa
Crediamo che i ministri (1 Ti. 5:22), gli anziani e i diaconi (At. 6:3) devono essere eletti ai loro uffici mediante un'ele­zione legittima della chiesa, con l'invocazione del nome di Dio, con ordine, come insegna la parola di Dio. Ognuno deve perciò fare ben attenzione a non intrufolarsi con mezzi illeciti, ma deve aspettare il tempo in cui sia chiamato da Dio (Gr. 23:21; Eb. 5:4; At. 1:23 e 13:2), perché abbia la testimonianza della sua vocazione, per essere certo e assicurato della sua vocazione che essa viene dal Signore. E quanto ai ministri della Parola, ovunque essi siano, hanno un medesimo potere e autorità, es­sendo tutti ministri di Gesù Cristo (1 Co. 3:9 e 4:1; 2 Co. 5:20; At. 26:16.17), il solo vescovo universale e il solo capo della chiesa (Is. 61:1; Ef. 1:22; Cl. 1:18; 1 Pi. 2:25 e 5:4). Inoltre, affin­ché la santa ordinanza di Dio non sia violata o disprezzata, noi diciamo che ognuno deve avere una particolare stima, per l'o­pera che compiono, per i ministri della Parola e per gli anziani della chiesa ed essere, per quanto è possibile, in pace con loro, senza mormorazioni, discussioni o contese.

Articolo 32: L’ordine e la disciplina della Chiesa
Crediamo quindi che, sebbene sia cosa utile e buona che coloro che governano la chiesa stabiliscano e dispongano un certo ordine fra di loro per la conservazione del corpo della chiesa, devono fare molta attenzione a non discostarsi da ciò che Cristo, il nostro unico maestro, ha comandato (Cl. 2:6.7). Pertanto, rigettiamo tutte le invenzioni umane e tutte le leggi che si vorrebbero introdurre per serv1 Re Dio e con esse legare e costringere in un qualsiasi modo le coscienze (1 Co. 7:23; Mt. 15:9; Is. 29:14; Ga. 5:1; Ro. 16:17.18). Riceviamo quindi solo ciò che serve per preservare e alimentare la concordia e l'unione e a conservare ogni cosa nell'obbedienza a Dio. A questo scopo è richiesta la scomunica fatta secondo la parola di Dio (Mt. 18:17; 1 Co. 5:5; 1 Ti. 1:20), con tutto ciò che ne dipende.

Articolo 33: I sacramenti
Crediamo che il nostro buon Dio, a motivo della nostra durezza e infermità, ci ha ordinato dei sacramenti, per suggel­lare in noi le sue promesse (Ro. 4:11; Ge. 9:13 e 17:11) e per­ché fossero pegni della buona volontà e della grazia di Dio nei nostri confronti e anche per alimentare e sostenere la nostra fede; egli li ha aggiunti alla parola del Vangelo, per meglio rap­presentare ai nostri sensi esterni sia quello che egli ci insegna attraverso la sua Parola, sia quello che opera interiormente nei nostri cuori, ratificando in noi la salvezza che ci comunica. Essi sono infatti simboli e segni visibili della realtà interiore e in­visibile, mediante i quali Dio opera in noi con la forza dello Spirito Santo. I segni non sono quindi inutili e vuoti per imbro­gliarci e deluderci: essi hanno infatti Gesù Cristo per loro ve­rità, senza il quale sarebbero nulla (Cl. 2:11.17; 1 Co. 5:7). Inoltre, noi ci accontentiamo del numero dei sacramenti che Cristo nostro Signore ci ha ordinato: essi sono solo due, cioè il sacramento del battesimo e della santa cena di Gesù Cristo (Mt. 26:26 e 28:19).

Articolo 34: Il sacramento del battesimo
Crediamo e confessiamo che Gesù Cristo, che è il compi­mento della legge (Ro. 10:4), ha posto fine, con lo spargimento del suo sangue, a tutti gli altri spargimenti di sangue che si po­trebbero o vorrebbero fare come propiziazione o soddisfa­zione dei peccati, e, avendo abolito la circoncisione che si fa­ceva con il sangue, ha ordinato al suo posto il sacramento del battesimo (Cl. 2:11; 1 Pi. 3:21; 1 Co. 10:2), mediante il quale ve­niamo ricevuti nella chiesa di Dio e separati da tutti gli altri po­poli e da tutte le altre strane religioni, per essere consacrati in­teramente a lui, portando il suo sigillo e la sua insegna; e ci serve di testimonianza che egli sarà il nostro Dio per sempre, essendo per noi Padre propizio. Egli ha perciò ordinato di bat­tezzare tutti coloro che sono suoi nel nome del Padre, del Fi­glio e dello Spirito Santo (Mt. 28:19), con acqua pura, indican­doci con questo che, come l'acqua lava la sporcizia del corpo, quando viene versata su di noi — acqua che si vede anche sul corpo del battezzato e che lo bagna — così fa il sangue di Cri­sto, mediante lo Spirito Santo, interiormente nell'anima, ba­gnandola e purificandola dai suoi peccati e rigenerandoci da fi­gli dell'ira in figli di Dio (1 Co. 6:11; Tt. 3:5; Eb. 9:14; 1 Gv. 1:7; Ap. 1:6); non che l'acqua materiale faccia questo, ma l'asper­sione del sangue prezioso del Figlio di Dio (Gv. 19:34), che è il nostro Mar Rosso, attraverso il quale ci fa passare per sfuggire alla tirannia del Faraone, che è il diavolo, ed entrare nella terra spirituale di Canaan. Così, i ministri ci danno, da parte loro, il sacramento e ciò che è visibile (Mt. 3:11; 1 Co. 3:5.7; Ro. 6:3), ma nostro Signore da ciò che è significato dal sacramento, cioè i doni e le grazie invisibili, lavando, pulendo e purificando le nostre anime da ogni sporcizia e iniquità (Ef. 5:26; At. 22:16; 1 Pi. 3:21), rinnovando i nostri cuori e riempiendoli di ogni consola­zione, dandoci la vera assicurazione della sua bontà paterna, ri­vestendoci dell'uomo nuovo e spogliandoci dell'uomo vecchio con tutte le sue azioni (Ga. 3:27; 1 Co. 12:13; Ef. 4:22.23.24). Per questo crediamo che chiunque pretende di giungere alla vita eterna deve essere battezzato una volta con un solo battesimo, senza mai ripeterlo (Mt. 28:19; Me 16:16; Ef. 4:5; Eb. 6:2): infatti, non possiamo nascere due volte. Questo batte­simo non giova solo nel momento in cui l'acqua viene versata su di noi e viene da noi ricevuta, ma giova tutto il tempo della nostra vita (At. 2:38 e 8:16). Al riguardo, detestiamo l'errore degli anabattisti, che non si accontentano del solo battesimo che essi hanno ricevuto un giorno e condannano, inoltre, il bat­tesimo dei bambini dei fedeli, che non crediamo debbano es­sere battezzati e segnati con il segno dell'alleanza (Mt. 19:14; 1 Co. 7:14), come un tempo i bambini erano circoncisi in Israele (Ge. 17:11.12), in base alle stesse promesse che sono fatte ai nostri figli. E, in realtà, Cristo ha sparso il suo sangue non meno per la purificazione dei bambini dei fedeli che per le persone adulte (Cl. 2:11.12), ragion per cui anch'essi devono ricevere il segno e il sacramento di ciò che Cristo ha fatto per loro, come nella legge il Signore comandava che si comuni­casse loro il sacramento della morte e passione di Cristo, poco tempo dopo la loro nascita, offrendo per loro un agnello che era il sacramento di Gesù Cristo (Lv 12:6). Inoltre, ciò che la circoncisione faceva per il popolo ebraico, il battesimo lo fa nei riguardi dei nostri bambini. È la ragione per cui Paolo chiama il battesimo la circoncisione di Cristo (Cl. 2:11).

Articolo 35: Il sacramento della cena del Signore
Crediamo e confessiamo che il nostro Signore Gesù Cristo ha ordinato e istituito il sacramento della santa cena (Mt. 26:26; Me 14:22; Le 22:19; 1 Co. 11:23.24.25) per nutr1 Re e sostentare coloro che egli ha già rigenerato e incorporato nella sua famiglia, che è la sua chiesa. Ora, coloro che sono rigenerati hanno in se stessi due vite (Gv. 3:6): l'una carnale e temporale, che essi hanno dalla loro prima nascita e che è comune a tutti; l'al­tra spirituale e celeste, che è data loro nella seconda nascita (Gv. 3:5), operata dalla parola del Vangelo (Gv. 5:24.25), nella comunione del corpo di Cristo, e questa vita è comune soltanto agli eletti di Dio (Gv. 10:28; 1 Gv. 5:22). Così, Dio ci ha ordinato, per il sostentamento della vita carnale105 e terrena, un pane ter­reno e materiale, adatto a questo scopo e che è comune a tutti, come pure la vita; ma per sostentare la vita spirituale e celeste, che è propria dei fedeli, egli ha inviato loro un pane vivo, che è disceso dal ciclo, cioè Gesù Cristo (Gv. 6:32.33.51), il quale nutre e sostenta la vita spirituale dei fedeli, quando viene man­giato, cioè applicato e ricevuto con fede nello spirito (Gv. 6:63). Per rappresentarci questo pane spirituale e celeste, Cristo ha ordinato un pane terreno e visibile che è sacramento del suo corpo e il vino come sacramento del suo sangue (Me 6:26), per significarci che, con la stessa certezza con cui prendiamo e te­niamo il sacramento nelle nostre mani e lo mangiamo106 con le nostre bocche, dal quale la nostra vita è poco dopo alimentata, noi riceviamo per fede (che è la mano e la bocca della nostra anima) il vero corpo e sangue di Cristo nostro unico Salvatore nelle nostre anime, per la nostra vita spirituale (Ef. 3:17; Gv. 6:35; 1 Co. 10:16.17). Ora, è certo che Gesù Cristo non ci ha raccomandato i suoi sacramenti invano: quindi egli opera in noi tutto ciò che ci rap­presenta mediante questi sacri segni, sebbene il modo oltre­passi la nostra comprensione e ci sia incomprensibile, come se­greta e incomprensibile è l'operazione dello Spirito Santo. Quindi non sbagliamo quando diciamo che ciò che viene da noi mangiato è il corpo proprio e naturale di Cristo e ciò che è be­vuto è il suo proprio sangue (Gv. 6:55.56; 1 Co. 10:16), ma il modo attraverso il quale lo mangiamo non è la bocca ma lo spi­rito mediante la fede. Così, Gesù Cristo resta sempre seduto alla destra di Dio suo Padre nei cieli (At. 3:21; Me 16:19; Mt. 26:11), ma non per questo cessa dal comunicarsi a noi me­diante la fede. Questo banchetto è una tavola spirituale, alla quale Cristo si comunica a noi con tutti i suoi benefici e ci fa godere ad essa sia di lui stesso che del merito della sua morte e passione (Mt. 26:26 ecc.; Le 22:19.20; 1 Co. 10:2.3.4), nutrendo, fortificando e consolando la nostra povera anima desolata me­diante la manducazione della sua carne, e sollevandola e ri­creandola mediante la bevanda del suo sangue (Is. 55:2; Ro. 8:22,23). Inoltre, benché i sacramenti siano congiunti con la realtà significata, non sono tuttavia ricevuti da tutti insieme con queste due cose: il malvagio riceve sì il sacramento a sua condanna (1 Co. 2:14 e 11:29; 2 Co. 6:14.15), ma non riceve la verità del sacramento; come Giuda e Simon Mago ricevono sì entrambi il sacramento, ma non Cristo che è da esso signifi­cato, cosa questa che viene comunicata solo ai fedeli. Infine, noi riceviamo il santo sacramento nell'assemblea del popolo di Dio, con umiltà e rispetto (At. 2:42 e 20:7), facendo fra noi una santa memoria della morte di Cristo nostro salvatore con azione di grazie e facendovi confessione della nostra fede e re­ligione cristiana. Nessuno deve quindi presentarsi se non dopo aver ben esaminato se stesso, perché mangiando di questo pane e bevendo di questo calice non mangi e beva la sua con­danna (1 Co. 11:27.28). In breve, attraverso l'uso di questo santo sacramento noi siamo spinti a un ardente amore verso Dio e verso il nostro prossimo. Rigettiamo perciò tutte le zizzanie e le deprecabili inven­zioni che gli uomini hanno aggiunto e mescolato ai sacramenti, come loro profanazione, e diciamo che bisogna accontentarsi dell'ordinanza che Cristo e i suoi apostoli ci hanno insegnato e parlare come hanno parlato loro.

Articolo 36: Il governo civile
Crediamo che il nostro buon Dio, a causa della deprava­zione del genere umano, ha predisposto re, principi e magi­strati (Es. 18:20 ecc.; Ro. 13:1; Pr. 8:15; Gr. 21:12 e 22:2.3; Sl. 82:1.6; 101:2 ecc.; De. 1:15.16; 16.18; 17:15; Da. 2:21.37 e 5:18), volendo che il mondo fosse governato mediante le leggi e gli ordinamenti, acciocché siano repressi gli eccessi degli uomini e tutto si compia fra gli uomini in buon ordine. A tale scopo egli ha posto la spada nelle mani del magistrato per punire i mal­vagi e conservare coloro che fanno il bene; e il loro ufficio non è solo quello di fare attenzione e vigilare sugli ordinamenti, ma anche quello di conservare il sacro ministero, per togliere e re­primere ogni idolatria e ogni falso servizio di Dio (Is. 49:23.25; 1 Re 15:12; 2Re 23:2.3.4 ecc.), per distruggere il regno dell'anti­cristo e promuovere il regno di Gesù Cristo, far predicare ovunque la parola del Vangelo, in modo che Dio sia onorato e servito da ognuno, come egli richiede mediante la sua Parola. Inoltre, ognuno, a qualunque qualità, condizione o stato ap­partenga, deve essere sottomesso ai magistrati (Tt. 3:1; Ro. 3:1) e pagare i tributi (Mt. 17:24; Me 12:17), onorarli e rispettarli e obbedire loro in tutto ciò che non è contrario alla parola di Dio (At. 4:17.18.19 e 5:29; Os 5:11), pregando per loro nelle loro orazioni perché il Signore voglia dirigerli in tutte le loro vie e noi possiamo condurre una vita pacifica e tranquilla in tutta santità e onestà (Gr. 29:7; 1 Ti. 2:1.2). Detestiamo quindi tutti gli anabattisti e gli altri ribelli e in generale tutti coloro che vo­gliono rifiutare le autorità e i magistrati e sovvertire la giustizia (2 Pi. 2:10), mettendo la comunione dei beni e confondendo l'onestà che Dio ha stabilito fra gli uomini (Gd. 8 e 10).

Articolo 37: Il giudizio finale
Infine, crediamo, secondo la parola di Dio, che quando 1369 sarà venuto il tempo stabilito dal Signore (tempo che è scono­sciuto a tutte le creature) (Mt. 24:36 e 25:13; 1 Ts. 5:1.2; Ap. 6:11; At. 1:7; 2 Pi. 3:10) e il numero degli eletti sarà completo, nostro Signore Gesù Cristo verrà dal ciclo, corporalmente e visibil­mente, così come vi è asceso (At. 1:11), con grande gloria e maestà, per dichiararsi giudice dei vivi e dei morti (Mt. 24:30 e 5:31; Gd. 15; 1 Pi. 4:5; 2 Ti. 4:1; 2 Ts. 1:7.8; At. 17:31), mettendo a fuoco e fiamme questo vecchio mondo per purificarlo (2 Pi. 3:7.10; 2 Ts. 1:8). E allora compariranno personalmente davanti a questo grande giudice tutte le creature,108 sia uomini che donne che bambini, che saranno esistiti dall'inizio del mondo alla sua fine (Ap. 20:12.13; At. 17:31; Eb. 6:2 e 9:27; 2 Co. 5:10; Ro. 14:10), essendovi convocati dalla voce degli arcangeli e dal suono della tromba di Dio (1 Co. 15:52; Ap. 20:12.13; ITs 4:16); infatti, tutti coloro che saranno morti prima di quel mo­mento risorgeranno dalla terra e le loro anime saranno con­giunte ed unite con i corpi nei quali sono vissute (Gv. 5:28.29 e 6:54; Da. 12:2; Gb. 19:26.27). Quanto a coloro che allora sa­ranno ancora in vita, essi non moriranno come gli altri, ma sa­ranno cambiati e trasformati in un batter d'occhio dalla cor­ruzione all'incorruzione (1 Co. 15:51.52.53). Allora saranno aperti i libri (cioè le coscienze) e i morti verranno giudicati secondo quello che avranno fatto in questo mondo, sia che abbiano fatto il bene sia che abbiano fatto il male (Mt. 11:22 e 23:33; Gv. 5:29; Ro. 2:5.6; 2 Co. 5:10; Eb. 6:2; 9:27; 1 Co. 4:5; Ap. 20:12.13; Ro. 14:11.12; Gb. 34:11; Gv. 5:24; Da. 12:2; Sl. 62:13). Sì, gli uomini renderanno conto di tutte le parole vane che avranno pronunciato, che il mondo non consi­dera che giochi e passatempi (Ro. 11:5; Mt. 12:36; Gd. 15), e al­lora i nascondigli e le ipocrisie degli uomini saranno svelati apertamente davanti a tutti (1 Co. 4:5; Ro. 2:1.2.16; Mt. 7:1.2). E quindi a ragione il pensiero di questo giudizio è terribile e spa­ventoso per i cattivi e i malvagi (Ap. 6:15.16; Eb. 10:27) e molto desiderabile e di grande conforto per i giusti e gli eletti, poiché allora si compirà la loro totale redenzione e riceveranno i frutti delle fatiche e delle attività che avranno sostenuto (Le 21:28; 1 Gv. 3:2): la loro innocenza sarà apertamente conosciuta da tutti ed essi vedranno la terribile vendetta che Dio compirà sui malvagi (Da. 7:26) che li avranno tiranneggiati, afflitti e tor­mentati in questo mondo (Mt. 25:46; 2 Ts. 1:6.7.8; ML. 4:3), che saranno convinti dalla testimonianza delle loro stesse coscienze (Ro. 2:15) e saranno resi immortali in modo da poter essere tormentati nel fuoco eterno (Ap. 21:8; 2 Pi. 2:9) che è preparato per il diavolo e per i suoi angeli (Mt. 25:41;M1 4:1). Al contra­rio, i fedeli ed eletti saranno coronati di gloria e di onore (Mt. 25:34 e 13:43). Il Figlio di Dio confesserà il loro nome davanti a Dio suo Padre e ai suoi santi angeli eletti (Mt. 10:32); ogni la­crima sarà asciugata dai loro occhi (Is. 25:8; Ap. 21:4) e la loro causa, ora condannata dai giudici e magistrati come eretica ed empia, sarà riconosciuta come la causa del Figlio di Dio (Is. 66:5). E come ricompensa gratuita il Signore farà possedere loro una gloria quale nessun cuore umano potrebbe pensare (Is. 64:4; 1 Co. 2:9). Noi aspettiamo perciò questo grande giorno con un ardente desiderio per gioire pienamente delle pro­messe di Dio in Cristo Gesù nostro Signore (Eb. 10:36.37.38).

 

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