9. La sovranità di Dio e la preghiera
"Se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce" (1 Gv. 5:14).
Per tutto questo libro, il nostro obiettivo prioritario è stato quello d'esaltare il Creatore e di abbassare la creatura. Oggi, la tendenza prevalente del mondo intero, è, invece, quella di magnificare l'uomo e disonorare e degradare Dio. D'altro canto, quando si discute di cose spirituali, si trova come quello di cui s'intenda maggiormente parlare sia l'elemento umano, mentre quello divino, quando non è del tutto ignorato, è posto molto in secondo piano. Questo fenomeno è particolarmente vero oggi in ciò che si ode insegnare sulla preghiera: è l'elemento umano che occupa quasi l'intera scena. Si parla di condizioni che noi dobbiamo adempiere, di promesse che noi dobbiamo "fare nostre" e "pretendere", di cose che noi dobbiamo fare affinché le nostre richieste siano esaudite. Si trascura, però, ciò che Dio esige, i Suoi diritti, la Sua gloria.
Un esempio abbastanza illuminante di ciò che passa oggi, è un breve editoriale che desideriamo qui riportare, pubblicato su un diffuso settimanale religioso, ed intitolato: "Preghiera, o Fato?". "Dio, nella Sua sovranità, ha stabilito che i destini umani possano essere cambiati e modellati dalla volontà dell'uomo. Questo fatto sta al cuore stesso della verità sulla preghiera: la preghiera cambia le cose, intendendo con questo che Dio cambia le cose quando gli uomini pregano. La cosa è stata espressa in questo notevole modo: 'Vi sono certe cose che avvengono nella vita d'un uomo sia che egli preghi, oppure no, e altre che non avverranno, se egli non prega'. Un lavoratore cristiano era stato colpito da queste frasi entrando in un ufficio, ed egli aveva pregato che il Signore gli desse l'opportunità di parlare a qualcuno di Cristo, riflettendo sul fatto che le cose sarebbero cambiate, se egli avesse pregato. La sua mente, poi, si volse ad altre cose e si dimenticò di quella preghiera. Venne un giorno l'opportunità di parlare con un uomo d'affari che stava visitando, ma non la colse e, lasciandolo, si ricordò della preghiera fatta mezz'ora prima e della risposta di Dio. Subito ritornò da quell'uomo per parlargli, un uomo che, benché membro di una chiesa, non aveva mai incontrato prima qualcuno che gli chiedesse se fosse salvato. Impegniamoci, dunque, nella preghiera e fate in modo che Dio cambi le cose. Facciamo molta attenzione a non diventare virtualmente dei fatalisti, trascurando di esercitare, nella preghiera, la volontà che Dio ci ha dato".
Questa citazione illustra che cosa tipicamente oggi s'insegna sull'argomento della preghiera, e la cosa più deplorevole è che non si ode pressoché mai qualcuno che elevi una qualche protesta. Dire che "I destini umani possano essere cambiati e modellati dalla volontà dell'uomo" è un'eresia di prim'ordine che solo un incredulo potrebbe esprimere, come altrimenti la si potrebbe definire? Se qualcuno volesse obiettare contro questa nostra valutazione, noi gli chiederemmo di chiedere ad un qualsiasi incredulo se fosse d'accordo con tale affermazione, e certamente ne troverebbe molti. Dire che: "Dio, nella Sua sovranità, ha stabilito che i destini umani possano essere cambiati e modellati dalla volontà dell'uomo" è assolutamente falso. "I destini umani" non sono stabiliti "dalla volontà dell'uomo", ma dalla volontà di Dio. Ciò che determina il destino umano è se un uomo sia nato di nuovo, oppure no, perché è scritto: "Se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio" (Gv. 3:3) e se si vuole vedere quale volontà sia responsabile per questo, la cosa è stabilita inequivocabilmente da Giovanni 1:13 "…i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d'uomo, ma sono nati da Dio". Dire che "il destino umano" possa essere cambiato dalla volontà umana, significa rendere la volontà umana suprema, e questo significa virtualmente detronizzare Dio. Che cosa dicono, però, le Scritture? Lasciate che risponda il Libro: " Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire.Il SIGNORE fa impoverire e fa arricchire, egli abbassa e innalza. Alza il misero dalla polvere e innalza il povero dal letame, per farli sedere con i nobili, per farli eredi di un trono di gloria; poiché le colonne della terra sono del SIGNORE e su queste ha poggiato il mondo" (1 Sa. 2:6-8).
Ritornando, ora, all'editoriale in esame, troviamo scritto: "Questo fatto sta al cuore stesso della verità sulla preghiera: la preghiera cambia le cose, intendendo con questo che Dio cambia le cose quando gli uomini pregano". Oggi, dovunque si vada, troverete riportato in mille modi il motto: "La preghiera cambia le cose". Che cosa intendano significare queste parole, è evidente dalla letteratura che oggi va per la maggiore - dobbiamo persuadere Dio a cambiare i Suoi propositi. A questo riguardo diremo di più fra qualche pagina. Il direttore di questo settimanale dice ancora: " La cosa è stata espressa in questo notevole modo: 'Vi sono certe cose che avvengono nella vita d'un uomo sia che egli preghi, oppure no, e altre che non avverranno, se egli non prega'". Che accadono delle cose sia che si preghi oppure no, è esemplificato ogni giorno nella vita di coloro che non sono rigenerati, la maggior parte dei quali non prega mai. Che "altre cose non avverranno se non si prega" è una frase che bisogna chiarire meglio. Se un credente prega con fede e chiede al Signore cose che sono secondo la Sua volontà, egli certamente otterrà ciò che ha chiesto. Ancora, che altre cose accadano se prega, è pure vero al riguardo dei benefici soggettivi derivati dalla preghiera: Dio diventerà per lui più reale e le Sue promesse più preziose. Che "altre cose non avverranno se non prega" è vero per quanto riguarda la sua stessa vita - una vita priva di preghiera significa una vita vissuta fuori dalla comunione con Dio con tutto ciò che questo implica. Affermare, però, che Dio non voglia e non possa realizzare i Suoi propositi eterni se non preghiamo, è del tutto sbagliato, perché lo stesso Dio che ha decretato il fine, ha pure decretato che il Suo fine sarà raggiunto attraverso i mezzi a questo da Lui stabiliti, ed uno di questi è la preghiera. Il Dio che ha determinato di concedere una benedizione, è lo stesso che concede lo spirito di supplica che prima ricerca la benedizione. Per l'esempio citato nell'editoriale, quello del lavoratore cristiano e dell'uomo d'affari, il meno che si possa dire è che si tratti di un esempio infelice, perché, secondo i termini stessi dell'illustrazione, la preghiera di quel lavoratore cristiano non era stata affatto esaudita da Dio, perché, apparentemente, Egli non aveva dato l'opportunità di parlare a quell'uomo d'affari sulle condizioni della sua anima. Uscendo, però, dall'ufficio, e rammentandosi della sua preghiera, quel lavoratore cristiano aveva determinato (forse con la forza della sua carne) di rispondere lui stesso alla sua preghiera e, invece di lasciare che il Signore "gli aprisse la via", aveva deciso di prendere lui stesso le cose in mano.
Citiamo, poi, da uno degli ultimi libri che sono stati pubblicati sulla preghiera. L'autore, ad un certo punto, dice: "Le possibilità e la necessità della preghiera, la sua potenza e risultati, sono manifestate quando essa arresta e cambia i propositi di Dio, come pure quando trattiene la Sua mano affinché non colpisca". Un'affermazione del genere è spaventosa, perché non tiene in alcun conto ciò che Dio stesso afferma su Se stesso: "Tutti gli abitanti della terra sono un nulla davanti a lui; egli agisce come vuole con l'esercito del cielo e con gli abitanti della terra; e non c'è nessuno che possa fermare la sua mano o dirgli: «Che fai?»" (Da. 4:35). Non c'è bisogno alcuno che Dio cambi i Suoi disegni o alteri i Suoi propositi, per la ragione del tutto sufficiente che questi sono stati stabiliti sotto l'influenza della Sua perfetta bontà e inerrante sapienza. Sono gli uomini che possono avere occasione di alterare i loro propositi, perché nella loro miopia, essi sono frequentemente incapaci di prevedere ciò che può risultare dopo che i loro piani sono stati formati. Non è così, però, con Dio, perché Egli conosce la fine sin dall'inizio. Affermare che Dio cambi il Suo proposito equivale a mettere in questione la Sua bontà o negare la Sua eterna sapienza. Nello stesso libro si afferma: "Le preghiere dei santi di Dio sono il capitale celeste mediante dal quale Cristo attinge per portare avanti sulla terra la Sua grande opera. Grandi spasimi e potenti convulsioni sulla terra, sono risultato di queste preghiere. La terra è cambiata, rivoluzionata, gli angeli si muovono con maggiore energia, le loro ali battono più velocemente, e, quando le preghiere sono più numerose e più efficienti, allora noi possiamo dar forma alla stessa politica di Dio". Questo è persino peggio di prima, e non abbiamo esitazione alcuna ad affermare che si tratta di una bestemmia bella e buona. In primo luogo essa contraddice apertamente Efesini 3:11 che parla di Dio come di Colui che ha disposto un preciso "disegno eterno". Se il disegno, o proposito, di Dio è eterno, allora la Sua "politica" non può essere qualcosa a cui noi si possa "dar forma". In secondo luogo, esso contraddice Efesini 1:11, che espressamente dichiara: "In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà". Ne consegue, quindi , che "la politica di Dio" non possa essere alterata dalle molte preghiere dell'uomo. In terzo luogo, un'affermazione come quella che abbiamo citato, renderebbe suprema la volontà umana, perché, se le nostre preghiere potessero "dar forma" alla politica di Dio, allora l'Altissimo sarebbe subordinato ai vermi della terra. Ben potrebbe, allora, lo Spirito Santo chiederci, attraverso l'apostolo: "Chi ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi è stato suo consigliere?" (Ro. 11:34)
Pensieri sulla preghiera simili a quelli che abbiamo citato, sono dovuti a concezioni basse ed inadeguate di Dio stesso. Dovrebbe essere evidente che ci potrebbe essere ben poca o nessuna consolazione nel pregare un Dio che fosse come un camaleonte e che cambiasse colore ogni giorno. Che incoraggiamento avremmo dall'elevare i nostri cuori ad Uno che un giorno è d'un parere, e il giorno seguente d'un altro? Che utilità vi sarebbe a fare petizioni ad un monarca terreno, se sapessimo che è così mutevole dall'acconsentire alla richiesta di uno oggi, e magari negarla ad un altro domani? Non è forse la stessa immutabilità di Dio ad essere il nostro più grande incoraggiamento a pregare? E' proprio perché presso di Lui non c'è variazione né ombra di mutamento (Gm. 1:17), che possiamo avere la certezza che se chiediamo qualcosa secondo la Sua volontà, noi saremo esauditi. Bene aveva fatto Lutero ad osservare: "La preghiera non è vincere la riluttanza di Dio, ma farci forti della Sua volontà".
Questo ci conduce a fare alcune osservazioni a proposito dello scopo della preghiera. Perché Dio vuole che noi preghiamo? La stragrande maggioranza della gente risponderebbe: "Perché noi si possa ottenere da Dio le cose di cui abbiamo bisogno". Certo questo è uno degli scopi della preghiera, ma non n'è il principale. Inoltre, esso considera la preghiera solo dalla prospettiva umana, e noi abbiamo disperatamente bisogno di vederla dalla prospettiva divina. Consideriamo, allora, alcune fra le ragioni per cui Dio ci comanda di pregare.
1. In primo luogo, e sopra ogni altra cosa, la preghiera è stata stabilita affinché attraverso di essa noi si onori lo stesso Signore Iddio. Iddio esige che noi si riconosca che, senz'ombra di dubbio, Egli è "L'Alto, l'eccelso, che abita l'eternità, e che si chiama il Santo" (Is. 57:15). Dio esige che noi si riconosca il Suo dominio universale: nel chiedere a Dio che piovesse, Elia confessa il controllo che Dio esercita sugli elementi; nel pregare a che Dio liberi un povero peccatore dall'ira a venire, noi riconosciamo che "La salvezza viene dal Signore" (Giona 2:10); nel supplicare che Egli benedica con l'Evangelo gli estremi confini della terra, noi dichiariamo che Egli è Signore sul mondo intero. Dio esige che noi gli si renda culto, e la preghiera, la vera preghiera, è un atto di culto. La preghiera è un atto di culto perché in essa l'anima si prostra di fronte a Lui; perché essa vuol dire invocare il Suo grande e glorioso Nome; perché essa proclama la Sua bontà, la Sua potenza, la Sua immutabilità, la Sua grazia; perché essa è il riconoscimento della Sua sovranità; perché in essa ci si sottomette alla Sua volontà. E' molto importante notare come il Tempio non era stato chiamato da Gesù "casa dei sacrifici", ma "casa di preghiera". La preghiera ridonda alla gloria di Dio, perché nella preghiera noi non facciamo altro che riconoscere la nostra dipendenza da Lui. Quando umilmente noi supplichiamo l'Essere divino, noi ci affidiamo alla Sua potenza ed alla Sua misericordia. Nel cercare benedizione da Dio, noi riconosciamo che Egli è l'Autore e la Sorgente d'ogni dono buono e perfetto. Che la preghiera debba soprattutto dare gloria a Dio si vede, inoltre, dal fatto che essa suscita l'esercizio della fede, e non c'è nulla di meglio che noi si possa fare che onorarlo e compiacerlo manifestandogli di tutto cuore che noi abbiamo fiducia in Lui.
2. In secondo luogo, la preghiera è stata stabilita da Dio affinché, tramite essa, noi si riceva benedizioni spirituali, come mezzo, cioè della nostra crescita nella grazia. Quando cerchiamo di comprendere quale sia lo scopo della preghiera, prima ancora di considerarla un mezzo per ottenere la soddisfazione dei nostri bisogni, dovremmo vedere proprio questo. La preghiera è finalizzata al renderci umili. La preghiera, la vera preghiera, significa venire alla presenza di Dio, e avere sempre meglio il senso della Sua immensa grandezza, e questo produce in noi, a sua volta, il senso della nostra nullità ed indegnità. La preghiera, ancora una volta, è finalizzata all'esercizio della nostra fede. La fede è generata dalla Parola (Ro. 10:17), ma essa si esercitata nella preghiera. E' per questo che, nella Scrittura, si parla di "preghiera della fede". La preghiera, inoltre, innesca l'amore. Al riguardo dell'ipocrita, ci si può chiedere, infatti: "Potrà egli trovare piacere nell'Onnipotente? Invocare Dio in ogni tempo?" (Gb. 27:10). Coloro che amano il Signore non desiderano stargli lontano, perché essi si rallegrano nel deporre i propri fardelli di fronte a Lui. La preghiera, inoltre, non solo innesca l'amore, ma, attraverso le risposte dirette assicurate alle nostre preghiere, il nostro amore per Dio ne risulta aumentato: " Io amo il SIGNORE perché ha udito la mia voce e le mie suppliche" (Sl. 116:1). Scopo della preghiera è insegnarci il valore delle benedizioni che abbiamo cercato presso di Lui, ed essa fa sì che ancor di più noi ci rallegriamo quando Egli ci ha provveduto ciò per cui l'abbiamo supplicato.
3. In terzo luogo, la preghiera è stata stabilita da Dio affinché noi cercassimo presso di Lui le cose di cui abbiamo bisogno. Qui, però, si presenta una difficoltà a coloro che hanno letto attentamente i capitoli precedenti di questo libro. Se Dio ha prestabilito, già da prima della fondazione del mondo, tutte le cose che avvengono nel tempo, a che servirebbe pregare? Se è vero, com'è vero che: "Da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose" (Ro. 11:36), a che serve pregare? Prima di rispondere direttamente a queste domande, osserviamo come vi sia altrettanta ragione per chiederci: A che cosa serve che io vada a dire a Dio in preghiera, ciò che già Egli conosce benissimo? A che serve che io gli metta davanti i miei bisogni, visto che già Egli ne è perfettamente a conoscenza? Per quanto, poi, riguarda l'oggetto: A che serve pregare quando ogni cosa già è stata in precedenza disposta in quel modo da Dio? La preghiera non ha lo scopo di informare Dio, come se Egli non fosse a conoscenza di ciò che Gli vogliamo dire (il Salvatore dichiara, infatti, espressamente: "Il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate", Mt. 6:8), ma significa riconoscere che di fatto Egli conosca ciò di cui noi abbiamo bisogno. La preghiera non è finalizzata a far conoscere a Dio ciò di cui abbiamo bisogno, ma affinché essa diventi il confessargli il nostro senso di bisogno. In questo, come in tutto il resto, i pensieri di Dio non sono i nostri pensieri. Dio esige che noi si cerchi i Suoi doni. Egli desidera essere onorato attraverso le nostre richieste, proprio come Egli deve essere ringraziato dopo che Egli ci ha impartito le Sue benedizioni.
La questione, però, ritorna su di noi: Se Dio è il Predestinatore di ogni cosa che accade, ed il Regolatore di ogni avvenimento, forse che la preghiera non diventa un esercizio inutile? A queste domande basterebbe una sola risposta: E' Dio che ci comanda di pregare: "Non cessate mai di pregare" (1 Ts. 5:17), e ancora: " Propose loro ancora questa parabola per mostrare che dovevano pregare sempre e non stancarsi" (Lu. 18:1). Non solo, ma: "… la preghiera della fede salverà il malato e il Signore lo ristabilirà; …pregate gli uni per gli altri affinché siate guariti; la preghiera del giusto ha una grande efficacia" (Gm. 5:15,16). Inoltre, il Signore Gesù, nostro esempio perfetto in ogni cosa, era sopra ogni altra cosa un Uomo di preghiera. E' quindi evidente come la preghiera non sia né priva di significato, né priva di valore.
Questo, però, ancora non elimina la difficoltà, né risponde alla domanda che ci eravamo posti. Qual è il rapporto che intercorre fra sovranità di Dio e preghiera cristiana?
In primo luogo che sia assolutamente chiaro che la scopo della preghiera non è quello di cambiare o alterare i propositi di Dio, né a spingerlo a formulare nuovi propositi. Dio ha decretato che certi avvenimenti avessero luogo, ma Egli pure ha decretato che questi avvenimenti si realizzino attraverso i mezzi che Egli ha stabilito al riguardo. Dio ha eletto certuni a salvezza, ma Egli ha pure decretato che questi avvenimenti abbiano luogo attraverso i mezzi che Egli ha stabilito perché fossero realizzati. Egli ha decretato che questi siano salvati attraverso la predicazione dell'Evangelo. L'Evangelo, quindi, è uno dei mezzi attraverso i quali si realizza l'eterno consiglio del Signorone, e la preghiera è un altro. Dio ha decretato sia i mezzi che i fini, e, fra i mezzi, si trova la preghiera. Anche le preghiere del Suo popolo sono incluse nei Suoi eterni decreti. "Se tutte le cose avvenissero per puro e cieco caso, o per fatale necessità, in quel caso le preghiere non avrebbero efficacia morale, e non sarebbero d'uso alcuno. Dato, però, che essere sono regolate dalla direzione della divina sapienza, le preghiere trovano il loro posto nell'ordine degli eventi" (Haldane).
Che le preghiere per l'esecuzione delle cose stesse che Dio ha decretato non siano prive di significato, è un fatto ampiamente attestato nelle Scritture. Elia sapeva che Dio stava per far piovere, ma questo non gli impedì di impegnarsi nella preghiera (cfr. Gm. 5:17,18). Daniele "comprendeva" dagli scritti profetici, che l'esilio sarebbe durato 70 anni, eppure, quando questi 70 anni erano quasi terminati, troviamo scritto: "Io, Daniele, meditando sui libri, vidi che il numero degli anni di cui il SIGNORE aveva parlato al profeta Geremia e durante i quali Gerusalemme doveva essere in rovina, era di settant'anni. Volsi perciò la mia faccia verso Dio, il Signore, per dispormi alla preghiera e alle suppliche, con digiuno, con sacco e cenere" (Da, 9:2,3). Dio disse al profeta Geremia: " Voi m'invocherete, verrete a pregarmi e io vi esaudirò" (Gr. 29:12). Ancora, in Ezechiele 36 troviamo le promesse esplicite, positive ed incondizionate, che Dio aveva fatto a proposito del futuro ristabilimento di Israele, eppure, nel versetto 37 dello stesso capitolo, ci è detto: "Così parla DIO, il Signore: Anche in questo mi lascerò supplicare dalla casa d'Israele, e glielo concederò: io moltiplicherò loro gli uomini come un gregge"! Ecco, dunque, lo scopo, la finalità della preghiera, non che la volontà di Dio sia alterata, ma che possa essere compiuta a Suo modo ed a Suo tempo. E' proprio perché Dio ha promesso certe cose, che possiamo chiedergliele con certezza di fede. E' nei proposito di Dio che la Sua volontà si realizzi attraverso i mezzi che Egli ha stabilito, e affinché Egli possa fare il Suo bene al Suo popolo nei Sui termini, e quello con "mezzi" e "termini" di preghiera e di supplica. Forse che il Figlio di Dio non sapeva con certezza che, dopo la Sua morte e la Sua risurrezione, Egli sarebbe stato esaltato dal Padre? Certamente, eppure Lo troviamo in preghiera che fa questa richiesta: "Ora, o Padre, glorificami tu presso di te della gloria che avevo presso di te prima che il mondo esistesse" (Gv. 17:5). Forse che non sapeva che nessuno dei Suoi sarebbe andato perduto? Eppure Egli implorava il Padre affinché essi fossero "conservati" (Gv. 17:11)!
Infine, è necessario dire che la volontà di Dio è immutabile e che non possa essere alterata da nessuna delle nostre suppliche. Quando il volto di Dio non è rivolto verso il Suo popolo per fargli del bene, esso non potrà in alcun modo essere fatto girare nemmeno dalle preghiere più ferventi ed importune di coloro che in Lui hanno il più grande interesse. "Il SIGNORE mi disse: «Anche se Mosè e Samuele si presentassero davanti a me, io non mi piegherei verso questo popolo; caccialo via dalla mia presenza, e che egli se ne vada!" (Gr. 15:1). La preghiera di Mosè di poter entrare nella terra promessa, è un caso parallelo. Le nostre concezioni al riguardo della preghiera devono essere rivedute e portate in armonia con l'insegnamento della Scrittura sull'argomento. L'idea prevalente sembra essere: Io vengo a Dio e Gli chiedo qualcosa che voglio, e mi aspetto che Egli mi dia ciò che Gli ho chiesto. Questa, però, è una concezione disonorevole e degradante. Le credenze popolari riducono Dio ad un servo, il nostro servo: che Egli faccia ciò che Gli chiediamo, che esegua i nostri piaceri, che ci conceda ciò che desideriamo. No, la preghiera è un venire a Dio, dirgli i miei bisogni, affidare la mia vita al Signore, e poi lasciare che Egli agisca come Egli ritenga meglio. E' questo che fa in modo che la mia volontà sia soggetta alla Sua, e non, come nel caso citato, portare la Sua volontà in soggezione alla mia. No, la preghiera che a Dio piace è quella che Gli dice: "Non la mia volontà, ma la Tua volontà si compia". "Quando Dio elargisce le Sue benedizioni ad un popolo che prega, non è per le loro preghiere che Egli lo fa, come se fossero esse ad averlo spinto ad accondiscendere; ma è per amor Suo, e per la Sua volontà sovrana e piacere. Se ci si chiedesse qual è lo scopo della preghiera, si potrebbe rispondere: Questo è il modo ed il mezzo che Dio ha stabilito, per la comunicazione delle benedizioni della Sua bontà verso il Suo popolo. Perché, sebbene Egli si sia proposto di farlo, lo abbia provveduto e promesso, Egli la farà quando noi glielo chiediamo, ed è nostro dovere e privilegio, quello di chiedere. Quando il Suo popolo è benedetto dallo spirito della preghiera, questo promette bene ed è segnale che Dio intende elargire le buone cose richieste. Esse dovranno, così, essere richieste in sottomissione sempre alla volontà di Dio, dicendo: non la mia volontà, ma la Tua" (John Gill).
Le distinzioni che abbiamo or ora fatto, sono della più grande importanza pratica per la pace del nostro cuore. Forse non c'è null'altro che possa meglio esercitare i cristiani alla preghiera il fatto che le preghiere non siano esaudite. Essi hanno chiesto a Dio qualcosa e, per quanto siano in grado di giudicare, lo hanno chiesto con fede, credendo che riceveranno ciò per cui Lo hanno supplicato. Hanno chiesto con sincerità, intensamente e ripetutamente, ma nessuna risposta è giunta. Il risultato è che, in molti casi, la fede nell'efficacia della preghiera s'indebolisce, fintanto che la speranza lascia posto alla disperazione, e si comincia a trascurare la preghiera stessa. Non è forse così? Ora, potrebbe sorprendere i nostri lettori dire che ogni preghiera autentica fatta con fede, tutte quelle che mai siano state offerte a Dio, sono state, di fatto, esaudite? Questo noi affermiamo senza esitazione alcuna. Nel dire questo, però, dobbiamo ritornare alla nostra definizione di preghiera. Ripetiamola. La preghiera è andare a Dio, dirgli dei miei bisogni (e quelli degli altri), affidare a Lui la mia vita, e poi lasciare a Lui di trattare questo caso nel modo che Egli riterrà più opportuno. Questo lascia Dio a rispondere alla preghiera in qualunque modo Egli ritenga più appropriato, e spesso, la Sua preghiera può essere l'opposto stesso a ciò che la carne ritiene accettabile. Eppure, se davvero abbiamo LASCIATO il nostro bisogno nelle Sue mani, esso sarà, ciononostante, la Sua risposta.
Facciamo due esempi. In Giovanni 11 leggiamo della malattia di Lazzaro. Il Signore "lo amava", ma era assente da Betania. Le sorelle mandano al Signore un messaggero per fargli conoscere della condizione di Lazzaro. Notate, in particolare, in che modo formulano la loro richiesta: "Signore, ecco, colui che tu ami è malato" (Gv. 11:6). E' tutto. Esse non gli avevano chiesto di guarire Lazzaro. Non gli chiedono di affrettarsi a giungere a Betania. Esse semplicemente Gli mettono davanti il loro bisogno, affidano il caso alle Sue mani, e lasciano che Lui agisca come riterrà meglio! E qual è la risposta di Gesù? Forse che Egli risponde al loro appello e esaudiscono la loro muta richiesta? Certo, Egli lo fa, ma non nel modo in cui avrebbero sperato. Egli risponde: "trattenendosi due giorni ancora nel luogo dove si trovava" (Gv. 11:6) e lasciando che Lazzaro morisse! Questo, però, non è tutto. Più tardi si reca a Betania e fa risorgere Lazzaro dai morti! Il motivo per il quale citiamo quest'episodio,ora, è per illustrare l'atteggiamento più appropriato che un credente deve prendere davanti a Dio nell'ora del bisogno. L'esempio seguente renderà evidente quale sia, di fatto, il metodo che Dio usa nel rispondere al Suo figlio bisognoso. Andiamo a 2 Corinzi 12. All'apostolo Paolo era stato accordato un privilegio inaudito, quello di essere trasportato in Paradiso. Le sue orecchie odono ciò che nessun mortale, da questa parte della morte, mai ha udito. Questa rivelazione meravigliosa è molto più che l'apostolo possa sopportare. Era in pericolo di "gonfiarsi d'orgoglio" per questa Sua straordinaria esperienza. Quindi, egli riceve una spina nella carne, un "messaggero di Satana", affinché Egli non si esalti oltre misura. L'apostolo prega per ben "tre volte" che questa spina nella carne gli sia rimossa. La sua richiesta viene forse esaudita? Certo, ma non nel modo che aveva sperato. La "spina" non gli viene tolta, ma gli viene data la grazia si sopportarla. Non viene sgravato da questo fardello, ma gli viene assicurata forza sufficiente per portarlo. Obietterebbe, forse, qualcuno che è nostro privilegio di far più che effondere il nostro bisogno davanti a Dio? Forse che qualcuno ci vorrebbe rammentare, a questo punto, che Dio ci dà un assegno in bianco e che, da parte nostra, basti solo compilarlo? Non è forse vero che le promesse di Dio includono tutto, e che possiamo chiedere a Dio tutto ciò che vogliamo? Se è così, dobbiamo richiamare l'attenzione sul fatto che è necessario confrontare la Scrittura con altri testi della Scrittura, se vogliamo davvero apprendere, su un qualsiasi argomento, il pensiero di Dio, e che quando avremo fatto questo, scopriremo come Dio abbia qualificato le promesse legate alla preghiera, dicendo: "Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce" (1 Gv. 5:14). Vera preghiera è comunione con Dio, tanto che vi siano pensieri comuni fra la Sua mente e la nostra. Ciò di cui abbiamo bisogno è che Lui riempia il nostro cuore con i Suoi pensieri, ed allora i Suoi desideri diventeranno i nostri desideri che gli tornano indietro come un onda. E' proprio qui che sta il punto d'incontro fra la sovranità di Dio e la preghiera cristiana: Se noi gli chiediamo qualche cosa secondo la Sua volontà, Egli ci esaudisce, e che se noi non preghiamo in questa prospettiva Egli non ci esaudirà, come dice l'apostolo Giacomo: "Domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri" (4:3). Ma non è forse vero che il Signore Gesù disse ai Suoi discepoli: "In verità, in verità vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà" (Gv. 16:23)? Certo, ma questa promessa non dà carta bianca all'anima che prega. Queste parole del Signore Gesù sono in perfetta armonia con quelle dell'apostolo Giovanni: "Se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce". Che cosa vuol dire pregare "nel nome di Cristo"? Certamente questa è molto più che una formula di preghiera, la semplice conclusione delle nostre suppliche con le parole: "Nel nome di Cristo". Chiedere a Dio qualcosa "nel nome di Cristo" vuol dire chiedergli qualcosa in armonia con ciò che è Cristo! Prefare Iddio nel nome di Cristo, significa come se Cristo stesso fosse Colui che prega. Noi possiamo chiedere a Dio solo ciò per cui Cristo avrebbe chiesto! Domandare nel nome di Cristo, quindi, significa accantonare il nostro proprio volere, per accettare quello di Dio!
Allarghiamo ora un poco la nostra definizione di preghiera. Che cos'è la preghiera? La preghiera non è tanto un atto, quanto un atteggiamento - un atteggiamento di dipendenza da Dio. La preghiera è la confessione della nostra debolezza di creature, si, d'impotenza. La preghiera il riconoscimento del nostro bisogno e dell'effonderlo di fronte a Dio. Non vogliamo dire che questo sia il tutto della preghiera, no, ma è l'essenziale, l'elemento primario della preghiera. Certamente siamo pronti ad ammettere di non essere in grado di fornire una definizione completa di preghiera nello spazio di poche frasi. La preghiera è sia un atteggiamento che un atto, un atto umano, eppure esso presenta pure un elemento divino. Tentare, quindi, di farne un'analisi completa sarebbe empio. Ammesso questo, però, ancora insistiamo che la preghiera è fondamentalmente un atteggiamento di dipendenza da Dio. La preghiera, quindi, è l'opposto stesso di dettare qualcosa a Dio. Proprio perché la preghiera è un atto di dipendenza, colui che prega è una persona sottomessa, sottomessa alla volontà di Dio; e sottomissione alla volontà di Dio significa che rimarremo contenti di tutto ciò che Egli, nel Suo beneplacito farà per sovvenire al nostro bisogno. E' proprio per questo che diciamo che ogni preghiera, che sia offerta a Dio in questo spirito è certo che sarà da Lui esaudita.
Ecco dunque la risposta alla domanda che ci eravamo posti all'inizio, e la risposta scritturale a questa apparente difficoltà. Pregare non è chiedere a Dio di alterare i Suoi propositi o chiedergli di formularne di nuovi. Pregare è assumere un atteggiamento di dipendenza da Dio, l'effondere davanti a Lui i nostri bisogni, chiedergli quelle cose che sono in sintonia con la Sua volontà, e quindi, non c'è nulla d'incoerente fra la sovranità di Dio e la preghiera cristiana.
Nel chiudere questo capitolo vorremmo esprimere una parola d'avvertimento per salvaguardare il lettore dal trarre false conclusioni da quanto abbiamo detto. Non abbiamo cercato qui di riassumere l'intero insegnamento della Scrittura sull'argomento della preghiera, né abbiamo cercato di discutere in generale il problema della preghiera; al contrario, ci siamo limitati, più o meno, a considerare il rapporto esistente fra la sovranità di Dio e la preghiera cristiana. Ciò che abbiamo scritto è inteso soprattutto ad essere una protesta contro gran parte dell'insegnamento moderno sulla preghiera, insegnamento che così tanto accentua l'aspetto umano della preghiera, perdendo quasi del tutto la prospettiva divina.
In Geremia 10:23 troviamo: "SIGNORE, io so che la via dell'uomo non è in suo potere, e che non è in potere dell'uomo che cammina il dirigere i suoi passi" (cfr. Pr. 16:9), eppure, in molte delle sue preghiere, l'uomo presume, in modo empio, di dirigere lui il Signore secondo le sue, dire lui al Signore come Egli debba comportarsi, presupponendo, di fatto, che se solo lui avesse la direzione degli affari del mondo e della Chiesa, le cose sarebbero molto diverse da come sono oggi. Certamente questo è vero: difatti, chiunque abbia discernimento spirituale non può mancare di vedere questo stesso spirito in molti dei moderni incontri di preghiera, dove prevale lo spirito della carne. Quanto siamo lenti ad imparare la lezione che noi, come le creature arroganti che siamo, devono essere costrette a mettersi in ginocchio ed umiliate nella polvere. Questo, di fatto, è esattamente dove lo stesso atto della preghiera intende metterci! L'uomo, però, nella solita sua perversione, trasforma il suo sgabello in un trono, dal quale poi emette i suoi decreti per dire a Dio quello che Lui dovrebbe fare, dando all'osservatore l'impressione che se Dio avesse anche solo la metà della compassione che hanno coloro che pregano (?), tutti sarebbero ben presto messi a posto! Questa è l'arroganza della vecchia natura, quand'è presente pure nel figlio di Dio.
Nostro scopo principale in questo capitolo, quindi, è stato quello di evidenziare la necessità che abbiamo di sottomettere, in preghiera, la nostra volontà a quella di Dio. Bisogna pure aggiungere, però, che la preghiera è molto di più che un pio esercizio, e certamente non è mai un adempimento meccanico e formale. La preghiera è il mezzo, divinamente stabilito, per cui possiamo ottenere da Dio le cose che Gli chiediamo, premesso che Gli chiediamo quelle cose che siano in armonia con la Sua volontà. Avremmo scritto queste pagine invano se esse non conducessero il lettore a gridare a Dio molto più intensamente di prima: "Signore, insegnaci a pregare" (Lu. 11:1).